coideatrice di Science And Non Duality (SAND)
Abbiamo avuto il grande piacere di incontrare Zaya in una giornata soleggiata di Luglio, nelle stanze fresche e ombrose del Castello di Titignano in Umbria, sul parco fluviale del Tevere. Questa donna, insieme al suo anfitrionico compagno Maurizio, ha realizzato in pochi anni qualcosa di simile a un sogno: permettere un’esperienza di dialogo aperto e d’incontro umano e conviviale, tra esponenti internazionali del mondo delle scienze e della spiritualità.
Quella che voleva essere un’intervista, si trasforma immediatamente in uno scambio, una conversazione; le voci assumono come la forma di vibrazioni liquide in vasi comunicanti, l’ascolto diviene risonanza di un’interezza.
J – In questo gioco di specchi che chiamiamo vita, in cui spesso la comunicazione mediatica ci separa dall’essenza della realtà, come potremmo tradurre in parole l’esperienza indicibile della non-dualità?
Z – La non-dualità ha tante sfaccettature quante sono le prospettive umane. I mistici descrivono l’esperienza non duale in molti modi: amore, espansione, beatitudine e interezza privi di ogni senso di separazione. Più che una semplice sensazione, l’esperienza trasmette intuizioni approfondite e liberatorie sulla verità della vita e della morte, su se stessi e sul mondo. Eppure la vita continua ad accadere, le cose cambiano e si trasformano, e ogni svolta è unica. Osservare la vita attraverso le lenti di queste intuizioni crea una vita più piena, più libera, più felice – l’inizio del risveglio.
J – In quali ambiti dell’esperienza umana contemporanea stanno emergendo, le ancestrali intuizioni e realizzazioni sulla natura non separata della realtà, di cui SAND si occupa?
Z – Mistici e saggi non sono gli unici a riconoscere e descrivere la non dualità. I filosofi parlano della realtà come non ostacolata dalle opposizioni dualistiche in cui spesso ci perdiamo; una realtà priva di distinzioni come mente / materia, soggetto / oggetto, realtà / apparenza, sé / altro, sostanza / attributo, essenzialismo / nichilismo, passato / futuro, qui / là, vero / falso, buono / cattivo – tutte le coppie binarie che causano frattura e sofferenza.
Gli scienziati, dopo aver usato con successo il riduzionismo analitico come uno strumento potente per secoli, ora stanno convergendo alla visione non duale, vedendo il tutto come qualcosa di più della semplice somma delle sue parti.
I cosmologi cercano una prima causa per l’universo. I matematici descrivono la loro ricerca della verità e della bellezza come pratica per la comunione con il Divino. I fisici cercano i costituenti ultimi della materia. I neuroscienziati tentano di correlare osservabili fisiologici con le esperienze mistiche riportate e i fenomeni psichici. Gli psicologi transpersonali studiano questi effetti sulla salute mentale. Gli esponenti dell’ecologia profonda esplorano i potenziali benefici delle prospettive non duali fondate sulla sostenibilità e sulla salute globale.
J – L’eco della coscienza non duale si è risvegliato in voi grazie ad un uomo in particolare… Un maestro vedanta vissuto nello scorso secolo. Eppure Nisargadatta, pur essendo persona di straordinaria saggezza, vendeva bidi a Mumbai. Ad uno sguardo superficiale questa potrebbe sembrare proprio una forte contraddizione, la rappresentazione della dualità.
Negli anni in cui è stato in vita, avremmo potuto perderci nelle periferie di una delle più caotiche metropoli dell’India e incontrarlo dietro il bancone del suo negozio.
L’esistenza in questo modo è fonte di meraviglia, ci insegna ad andare in profondità, superando le apparenze. In quale modo siete stati ispirati da quest’uomo?
Z – Lui è la mia ispirazione e il mio insegnante, se posso chiamare qualcuno in tale modo, questo è Nisargadatta. Ha decondizionato la mia mente. Prima di apprendere i suoi insegnamenti avevo così tanti strati, concetti che sono caduti grazie alla chiarezza della sua trasmissione che è avvenuta dopo che questi aveva già lasciato il corpo, attraverso suoi discepoli e persone che gli sono state accanto mentre era in vita.
E’stato bello andare a visitare la casa dove viveva a Mumbai, l’appartamento dove offriva i satsang.
Avevo ancora delle idee di come sarebbe stato essere in questo spazio sacro, entrare in questa specie di tempio, invece ho trovato un posto semplice come puoi incontrarne tantissimi in India.
I suoi nipoti, che ne tenevano le chiavi, sono stati molto ospitali, ci hanno invitato ad entrare. L’unica cosa che c’era dentro era un televisore a schermo piatto. In un certo senso questo è stato un altro insegnamento da Nisargadatta, l’evidenza che non c’è nulla da tenere, niente a cui aggrapparsi o rimanere attaccati. Questo è un aspetto della purezza della sua trasmissione.
L’inizio del mio percorso è stato un po’ uscire dall’idea di cosa è buono e cosa no, cosa è vero e cosa è falso, se vendere tabacco potesse essere qualcosa di adatto allo “spirituale” oppure no, poi tutti questi concetti si sono dissolti.
Ricordo, mentre ero seduta in questo appartamento, le lacrime, la mia commozione a contatto con così tanta libertà, anche il televisore a schermo piatto in questo senso non era affatto un ostacolo a tale libertà.
N – Questo mi fa ricordare l’intensità dei giorni trascorsi ad Arunachala, luogo dove è vissuto un altro saggio della tradizione indiana moderna.
Andavamo a sederci in ascolto davanti la casa dove risiede ancora oggi un discepolo diretto di Ramana Maharshi, nessuno entrava, era sufficiente rimanere di fronte a un grande cancello nero che dava sulla strada per sentire “qualcosa” senza attaccarsi ad una figura umana.
Z – Sì, io sono rimasta veramente stupita dal comportamento di un pavone nei giardini dell’Ashram di Ramana a Tiruvannamalai. L’animale continuava a colpire con il becco la porta e il vetro della finestra dove nel secolo scorso il maestro era solito ricevere i devoti, sembrava veramente determinato a voler entrare. E io mi chiedevo cosa mai fosse quel pavone, una danza, un riflesso…
J – Vediamo un po’ come tutto ciò riverbera oggi. Nel modo in cui avete dato forma a Science And Non Duality possiamo intuire il passaggio di consapevolezza epocale che sta avvenendo nella nostra specie. Siete riusciti a creare uno spazio di ascolto aperto al pubblico in cui la componente cognitiva che è stimolata dalle conferenze nella vecchia modalità frontale è arricchita dalle esperienze di trasmissione in cui l’attenzione è anche alle sensazioni, le emozioni, gli insight più profondi e viscerali dell’essere umano.
E’ un po’ “l’inizio della fine” del sapere recluso e diviso in compartimenti. L’intelligenza si apre in questo modo alla saggezza organica che incarniamo, alla vastità dell’universo che siamo.
Z – Siamo indubbiamente di fronte a un passaggio, visibile a volte perfino nella didattica delle scuole, anche se a livello accademico sembra ancora tutto piuttosto orientato allo sviluppo negli ambiti delle singole materie distinte. Indubbiamente è in corso un cambiamento, una transizione, poiché è ormai chiaro che la conoscenza è tale solo quando è integrata ad ogni livello.
SAND nei primi anni della sua esistenza era abbastanza concettuale, intellettuale e piuttosto astratto poi c’è stata un’apertura molto valida per l’apprendimento e la crescita, l’indagine attraverso la mente. Abbiamo questo bellissimo strumento che è la mente che non è affatto un nemico, può essere usata in modo elegante e può anche portarci in luoghi assai lontani, oltre la mente stessa.
In tal modo possiamo vedere la disperazione della mente quando giunge ai suoi confini.
Quello che amo qui è che ci son occasioni come quella di ieri in cui c’è stato il dialogo tra gli scienziati da cui sono sorte più domande aperte che conclusioni definitive. La mente a volte deve arrendersi, non può portarci alla realtà, è limitata e allo stesso tempo è uno strumento stupendo.
In SAND gradualmente sta emergendo una conoscenza che viene dal cuore, dal grembo, dalla pancia, da spazi che sono nel corpo e allo stesso tempo nella collettività. Le differenti qualità di sapere e saggezza arrivano dal cuore, poi il corpo ci permette di entrare in contatto con i condizionamenti legati ai traumi e questa è un’altra grande possibilità di esplorazione al quale il SAND si è aperto negli ultimi anni. Tensioni nel corpo dell’individuo corrispondono a contrazioni che possiamo percepire nell’espandersi della percezione della collettività, differenti dimensioni che comunque fanno parte del nostro viaggio e possono essere modalità per comprendere chi siamo.
Anche attraverso il corpo, il grembo, la contrazione, per poi integrare il tutto nel cuore. Darci la possibilità di essere, muoverci attraverso lo spazio del cuore.
In questo momento SAND è in una sorta di storia d’amore con la conoscenza. E’ meraviglioso quando la mente si sposta nella dimensione in cui può essere esplorato lo spazio, il cosmo, l’universo. E’ una sorta di meditazione alla quale sempre più persone si lasciano andare, si abbandonano all’evidenza che non potremo mai conoscere con la ragione questo mistero. Noi possiamo amarlo, avvicinarci ad esso ma poi allo stesso tempo, paradossalmente, siamo noi stessi questo universo, siamo il mistero stesso.
N – Come sentite che i partecipanti al SAND possano beneficiare dell’organizzazione e dello spazio che state mettendo a disposizione con questo tipo di progetto?
Z – Credo sia qualcosa di unico e diverso per ognuno di noi che partecipa agli incontri, poi con Maurizio siamo nella disposizione che ogni anno possa essere l’ultimo in cui ci occupiamo di SAND, ogni evento può essere l’ultimo e non sappiamo se il tutto continuerà così, ne seguiamo l’energia e vediamo se il tutto realmente vuole ancora accadere.
Abbiamo imparato che se c’è resistenza, se non c’è fluidità, possiamo anche lasciare andare alcuni eventi che stiamo preparando. Questo è il modo in cui ci muoviamo, ascoltiamo, se c’è luce, se c’è gioia la seguiamo e tutto accade… La gente arriva, si incontra e ci dà tantissimi feedback rispetto alla libertà che incontra e al modo in cui cambia la loro vita, alcuni si sono conosciuti al SAND e poi si sono sposati e hanno avuto bimbi. Ciò che avviene è qualcosa di impossibile da controllare o predirre. Sento comunque che il campo si sta evolvendo ed è molto più grande di noi o di quanto possiamo immaginare.
Potrebbe anche finire tutto oggi e comunque sarei in pace. A volte addirittura lo spero… Perché vorrei starmene nell’orto ad ascoltare il cinguettio degli uccelli e coltivare piante. In questi momenti mi chiedo veramente come posso riuscire a continuare, ma poi devo anche abbandonarmi a tutto questo, lasciarmi andare a ciò che avviene.
N – L’incontro tra così tante persone provenienti da tutto il mondo è una grande occasione di scambio, crescita personale e comunitaria. Poi c’è anche il fatto che numerosi tra i partecipanti usano voli aerei per convenire al gathering, contribuendo al processo di surriscaldamento globale del pianeta…
Z – Ci sono così tanti modi in cui contaminiamo l’ambiente, indubbiamente gli aerei sono una delle vie più dirette attraverso le quali bruciamo e produciamo biossido di carbonio.
Il SAND è anche uno spazio rispetto all’indagine dei motivi per i quali abbiamo creato questi strumenti, perché come umani abbiamo dimenticato i modi naturali per coesistere. La disposizione è quella di andare direttamente alla radice, all’inizio di questa disconnessione.
Credo che prendere un minor numero di aerei possa essere utile, ma non basta, qualcosa deve accadere anche ad altri livelli, in un’altra dimensione. Probabilmente anche se tutti smettessimo di prendere aerei avremmo comunque oltrepassato il limite, se vediamo il tutto in una prospettiva lineare, di causa ed effetto.
E se ci muovessimo ad un altro livello di coscienza tutto potrebbe partire da una realizzazione differente.
Ho vissuto più dieci anni della mia vita nell’attivismo, vedendo però anche quanto limitato può essere quel percorso.
J – Le tradizioni sapienziali un tempo custodite dai popoli nativi in tutto il pianeta, negli ultimi anni si sono gradualmente aperte al dialogo con le scienze occidentali.
Già dagli anni ’60, grazie agli incontri tra David Bohm e Krishnamurti o ancora più recentemente, attraverso la collaborazione e la fondazione del Mind and Life Institute da parte, fra gli altri, del Dalai Lama e Francisco Varela, l’umanità può accedere ad ulteriori comprensioni sulla relazione indissolubile tra fisiologia, fenomenologia ed ontologia.
In questo senso negli ultimi anni sono emerse nuove evidenze sul ruolo del sistema nervoso autonomo nell’esperienza umana che incarniamo. Qualcosa di molto forte in noi ha ancora potentemente a che fare con schemi impliciti di sopravvivenza e questo, forse, può aiutarci a comprendere meglio quello che sta succedendo sul piano più manifesto, ciò che chiamiamo dualità o separazione.
Z – Le preziose ricerche di Peter Levine, che sarà ospite quest’anno al SAND in California o dei numerosi scienziati che si sono rivolti alla ricerca del funzionamento del sistema nervoso autonomo, negli ultimi anni, hanno permesso di fare luce sulle dinamiche e gli effetti del trauma.
E’ importante onorare l’intelligenza dell’organismo che ci permette di sopravvivere all’intensità di eventi sopraffacenti che possono occorrere nella nostra vita e la scienza ha permesso di conoscere i meccanismi attraverso cui tutto questo avviene.
Senza nuovi strumenti, come quelli sviluppati nell’incontro tra le pratiche di consapevolezza corporea e le conoscenze neuroscientifiche attuali, sarebbe più facile identificarci con il trauma, sarebbe arduo non perderci nel dolore.
A volte rifletto su come in India, nell’ambito dell’Advaita Vedanta, non ci sia stato il concetto di emozione per centinaia di anni. Questo è qualcosa che mi ha toccato in particolar modo, il sentiero dell’osservazione, l’Advaita, in cui tu osservi il dolore.
E poi attualmente mi sto muovendo anche nel sentiero Tantra, che porta ad andare nel dolore.
Tutto questo è molto interessante, vedere i vari modelli che abbiamo ereditato, il modo in cui si stanno fondendo nell’era contemporanea: c’è uno spazio in cui possiamo ancora osservare e nello stesso tempo immergerci nel dolore. Pur essendo ancora difficile da spiegare, c’è qualcosa di profondo che lì accade.
N – Zaya, sei una donna intelligente, saggia, bella e davvero così dolce che mi commuovo a sentire tutto questo. A mio avviso incarni perfettamente l’archetipo del Femminile. Come senti che questo principio innato della vita stia emergendo in SAND e nei tempi moderni?
Z – E’ stato un viaggio per me poiché ho fatto un percorso di studi che mi ha portato a divenire ingegnere. Ho una mente molto forte…
Ma il Femminile che vedo in SAND è qualcosa in rapido cambiamento. I primi anni il 90% delle persone che presentavano le ricerche e le esperienze al pubblico erano uomini. Sono gli ultimi anni che hanno portato qualcosa di nuovo, il Femminile sta venendo fuori ed è compreso.
I primi tempi le donne che portavano il loro contributo erano molto veementi, quasi incontenibili e per qualcuno, questo, era troppo forte. Oggi c’è maggiore armonia ed integrazione.
Questo ci porta ad onorare maggiormente il Femminile e permette alla collettività di entrare più a contatto con il corpo, il grembo, il cuore. Non si tratta più di una visione separata fra i generi, gli uomini e le donne, ma di riconoscere in noi stessi la qualità femminile e quella maschile. In questo modo gli uomini possono recuperare una loro parte importantissima. Le donne oggi, soprattutto in occidente, hanno voce su ogni aspetto della vita, molto più di quanto sia mai accaduto prima.
N – Sento quanto la repressione che abbiamo subito ha compresso il potenziale naturale della donna, privandoci della possibilità di attingere alla saggezza della ciclicità che incarniamo. C’è la necessità forte di riconnetterci alle radici dell’archetipo femminile, la trasmissione transgenerazionale che sembra essersi interrotta rappresenta una ricchezza ineludibile per la nostra specie. Comprendere la molteplicità di archetipi che la donna vive nel suo ciclo, permette di rispettare le varie parti di noi, accoglierle senza ridurle forzatamente in un’unica rigida personalità lineare devota alla produzione.
Z – Oggi c’è più spazio per le varie parti dell’individuo, se le vogliamo vedere nella tonalità del maschile e del femminile, di essere espresse ed accolte. Penso alla stessa presentazione che hai offerto sulla Tripurasundari qui al SAND in questi giorni. Fino a qualche anno fa molti sarebbero rimasti spiazzati, essendo abituati alle conferenze classiche nelle quali la trasmissione dell’informazione è rivolta esclusivamente al piano cognitivo e piuttosto lineare, non avrebbero potuto aggrapparsi alla logica.
Quella che hai portato non è stata una talk in vecchio stile, potevi percepire nella stanza quello che stava accadendo, i presenti erano partecipi della multidimensionalità di ciò che stavi offrendo e questo è quello che siamo pronti a vivere oggi, l’apertura al Femminile.
Possiamo assolutamente confermare la bellezza che abbiamo vissuto al SAND, tipica di questo nuovo tipo di incontri, in cui i relatori sono una parte del tutto e s’incontrano tra loro e con il pubblico in modo conviviale e spontaneo al termine delle rispettive presentazioni. In effetti si ha realmente il senso che le comprensioni emergano in modo organico e si integrino grazie agli sguardi, gli abbracci e le attenzioni reciproche.
Concludiamo con una citazione da Pierre Teilhard de Chardin, utilizzata da Zaya e Maurizio per presentare l’edizione del SAND 2018 in Europa.
“C’è quasi un desiderio sensuale per la comunione con gli altri che hanno una visione ampia. L’immensa realizzazione dell’amicizia tra coloro che sono impegnati a promuovere l’evoluzione della coscienza ha una qualità impossibile da descrivere“.
Nadeshwari Joythimayananda e Jerry Diamanti