“Il dolore, la volatilità, l’alienazione e la stanchezza sono tutti tratti distintivi ben documentati del nostro collettivo globale, locale, trans-locale e interpersonale nel momento presente. Come potrebbero essere i futuri climatici se onorassimo le nostre profonde interconnessioni reciproche, la Terra e tutti gli esseri viventi del mondo? Come potremmo iniziare a mettere le basi per questo, qui e ora oggi?”
Studenti e artistx
Appassionato tentativo di trasformazione delle istituzioni accademiche “da dentro” o ennesimo greenwashing teso al recupero di temi e pratiche altrimenti ad alto rischio per la proliferazione del vecchio sistema al quale dobbiamo le attuali catastrofi ecologiche?
“Moving With Storms” è un rapporto che presenta i punti salienti e le lezioni apprese dal Climate and Nature Emergency Catalyst Program del Peter Wall Institute for Advanced Studies presso l’Università della British Columbia nel 2022/2023.
Il programma ha riunito ricercatori, studenti, artisti, discipline, settori e comunità con l’intento di reinventare spazi accademici moderni/coloniali per affrontare le sfaccettate sfide dei nostri tempi. È stato un esperimento di trasformazione delle istituzioni basato in parte sul lavoro del collettivo Gesturing Towards Decolonial Futures (GTDF).
In questo testo, le progettiste del programma, le partecipanti e le ospiti invitate parleranno del processo di accompagnare alla morte la modernità all’interno delle università moderne, con particolare attenzione alla complicità delle università nel danno sistemico sociale ed ecologico.
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Alcuni dei principi guida:
COLLABORAZIONI ETICHE – Transdisciplinari, intergenerazionali e volte alla costruzione di relazioni comunitarie basate su fiducia, rispetto, reciprocità, consenso e responsabilità
PROFONDITA’ INTELLETTUALE: (Auto) critica e rigore relazionale nel muoversi oltre i modelli comuni di soluzioni semplicistiche, forme paternalistiche di impegno e ideali etnocentrici di sostenibilità, giustizia e cambiamento
RIDISTRIBUZIONE RIPARATIVA: Prioritizzazione dell’assegnazione delle risorse alle popolazioni più colpite dall’emergenza climatica, naturale e dalla precarietà, e aree di ricerca di massima urgenza e impatto, guidate da principi di riparazione.
IMPEGNO SUL PIANO STRATEGICO INDIGENO DI UBC: Approfondire la comprensione delle responsabilità dei colonizzatori e sostenere le aspirazioni degli studiosi e delle comunità indigene.
Gesturing Towards Decolonial Futures (GTDF) è un collettivo artistico/di ricerca volto a diversi tipi di esperimenti artistici, pedagogici, cartografici e relazionali che mirano a identificare e disattivare le abitudini coloniali dell’essere e ad agire verso la possibilità di futuri decoloniali.
GTDF è un collettivo transdisciplinare di ricercatori, artisti, educatori, studenti e custodi della conoscenza indigena. Le loro pratiche collaborative riuniscono preoccupazioni relative a razzismo, colonialismo, insostenibilità, cambiamento climatico, perdita di biodiversità, instabilità economica, crisi di salute mentale e intensificazione della violenza sociale ed ecologica. Il focus del lavoro è sulla costruzione di resistenza, capacità e disposizioni per elaborare processi trasformativi anche dolorosi (auto-e disfacimento del mondo) attraverso esperimenti artistici ed educativi che possono aiutarci a mantenere lo spazio per conversazioni difficili.
GTDF è anche una pratica a più livelli e piuttosto difficile da spiegare, ma ci proveremo.
Si tratta di ospitare mondi che stanno morendo dentro e intorno a noi con cura e integrità, nonché attenzione alle lezioni che queste morti offrono, assistendo anche alla nascita di nuove possibilità potenzialmente più sagge, senza soffocarle con proiezioni;
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Si tratta di affrontare la nostra complicità nella violenza, nell’insostenibilità e le sue implicazioni con il coraggio di cercare davvero di connetterci con il dolore collettivo, passato, presente e futuro;
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Si tratta di compostare la nostra merda individuale e collettiva con umiltà, gioia, generosità e compassione, cercando di “scavare più a fondo e relazionarsi più ampiamente”;
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Si tratta di sostenere lo spazio per conversazioni difficili e silenzi senza che le relazioni si rompano;
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Si tratta di riconoscere e assumersi la responsabilità delle dannose abitudini dell’essere moderno-coloniali (in noi stessi e intorno a noi) che non possono essere fermate dall’intelletto, dalle buone intenzioni e dalle sole pratiche spirituali, artistiche o incarnate;
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Si tratta di interrompere le dipendenze moderno-coloniali, in particolare le dipendenze al consumo di conoscenza, di autorealizzazione, di esperienze, di critica, di alternative, di relazioni e di comunità;
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Si tratta di riconoscere che siamo un’estensione del metabolismo terrestre che è il pianeta, non il contrario, preparandoci per la fine del mondo come lo conosciamo e presentandoci in modo diverso in modo che “un’altra fine del mondo” diventa possibile;
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Si tratta di disinvestire nei desideri di autonomia illimitata, autorità, certezza, controllo, protagonismo, purezza, popolarità, superiorità e convalida per creare spazio per responsabilità, per capacità di risposta, per capacità esiliate e per intimità più profonde;
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Implica l’apprendimento e il disapprendimento, il disarmo e il decentramento, la detronizzazione e la dearrogantizzazione, la disintossicazione e il decluttering, il lutto e la guarigione, la digestione e il metabolismo, vedendo noi stessi come carini e patetici, in modo che il metabolismo più ampio possa respirare e muoversi più facilmente dentro e intorno a noi;
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Implica l’allentamento dei nostri attaccamenti alle nostre immagini di noi stessx e a ciò che pensiamo di volere, in modo che possiamo invece intensificare, ammettere, ripulire, crescere, svegliarci e presentarci per fare ciò che è veramente necessario, che si adatti o meno alle nostre agende personali.