Figure dell’etica

Se non c’è un’Apertura, se non c’è una Figura che si staglia all’orizzonte dell’esperienza, non nasce nessun sapere. Figura è una soglia, un muro di fango che si conforma al sigillo, all’impronta, luogo nel quale si coagulano emozioni, esperienze, sensazioni, parole esplicite ed implicite.

Carlo Sini 

 

 

  • Mappa come figura della Soglia, cornice al territorio
  • Mappa come soglia che mette in luce una Prospettiva nel territorio
  • Prospettiva come luogo transitorio di una azione riconoscibile
  • Nell’azione riconoscibile la prospettiva percepita dai sensi diviene corpo collettivo della memoria di sé
  • Corpo come soglia vivente, ricettacolo del divenire

 

 

 

  • In un primo passaggio il corpo proprio viene usato come archetipo di ogni supporto su cui scrivere. Corpo come luogo della metafora, come foglio “bianco” su cui scrivere e segnare il tempo. 
  • In un secondo momento il vivente che diciamo umano estroflette su un supporto esterno il proprio farsi corpo, o fare (cosciente di) mondo: è “tecnologico” (così come utilizza il proprio corpo, utilizza una parte del mondo per disegnare il suo punto di vista sul mondo, rappresentazione di sé, espandendo così fuori dal corpo la memoria di ciò che gli accade che ritorna poi indietro modificandolo). 
  • Se dunque il corpo vissuto è la prima mappa (senza che ci sia mai una “prima” mappa), la domanda: “viene prima la mappa o il territorio?” sarebbe problematica per almeno due motivi. Ha già in sé un pregiudizio temporale, esprimendo così già molto di chi se la pone: la sua civiltà cronologica che è figlia dell’età della ragione; e poi in questa domanda avviene una traslazione, cioè un differimento del problema: si mette in prospettiva sia la mappa che il territorio (disegniamo una mappa della mappa e del territorio che la mappa rappresenta), ricreando la stessa situazione, evidenziando ulteriormente l’insensatezza della questione.
  • Né il territorio (luogo che si apre al riconoscimento di sé) né la mappa (rappresentazione di ciò che si apre al riconoscimento) esistono in sé→ sono in una relazione  interdipendente incarnata: mi riconosco in ciò che vedo e non vedo ciò che non posso riconoscere. Ci sono tanti territori quante mappe possibili e viceversa, senza scansione temporale.
  • La mappa è incorporata in ogni divenire che diciamo umano, crea cioè una figura di ciò che riconosco in quanto “me stesso come territorio in relazione al territorio come me stesso”, introiettando la sua retroflessione. 
  • Il territorio di cui sono composto dunque entra nella storia di un corpo sociale (più persone che si riconoscono nella mappa che diviene simbolo e nel simbolo si genera un’idea collettiva di territorio e quindi un’identità storica) generativo di senso (cioè di un fare comune riconoscibile): da qui la necessità di un passaggio all’etica
  • Etica: cosa siamo pronti a fare? Quali pratiche si assumono il destino della “nostra” condizione paradossale di viventi?

 

  • Creare pratiche altre che esprimano il desiderio di una contromappatura a venire?
  • Possibilità di sospendere ogni fare e contemplare il farsi della mappa, cioè osservarci osservare?
  • Seminare tracce interstiziali. Né futuro né passato in una linea, ma un’andatura sbilenca, in obliquo? O un salto.

 

 

 

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