(ovvero del disordine in cielo e dell’ordine in terra…così come a noi appare!)
Tutto comincia, pare, una volta arrivati a destinazione.
Quando, per intendersi, si emette fuori quel primo grido, pianto, che ci obbliga a respirare entrando per diritto nella vita.
Da quel momento in poi continueremo a cercare, cercare, cercare.
Si cerca quando già sappiamo cosa cercare, e una volta che abbiamo trovato siamo ormai già lontani, nel passato che ci lasciamo dietro, appena uno sguardo e via.
Di nuovo alla ricerca affannosa di un senso, significato, motivazione, scopo.
Quando si trova, invece, senza cercare, ci si accorge di che cosa cerca in noi ciò che è più grande.
Subito ci appare così come è e subito lo nominiamo, lo fermiamo nel tempo e lo possediamo.
O almeno ci si prova sempre.
E così lo abbiamo già perso!
Ne abbiamo perso la scoperta.
Questo nostro bisogno di riempire la realtà sempre, senza lasciare nulla mai al caso, così chiamiamo l’abbondanza.
Vogliamo evitare di sentirci diversi, scomodi, fuori posto nel nuovo che ci sorprende sempre troppo!
Evitando di dover spiegare o condividere la novità con altri rischiando di essere fraintesi, umiliati, incontrando ostilità e giudizi.
E questo solo perchè non conosciamo ancora ciò che ci e’ davanti.
Ci si muove cercando di riconoscere e riconoscersi in altro, altri, nel bisogno, nella sicurezza di assomigliarsi, restando spesso intrappolati in abitudini di pensiero e atteggiamenti che ci obbligano in forme chiuse e senza via di scampo.
Chiuso conforta, apporta una qualche sicurezza.
Uguali, omologati, al sicuro.
E cosi’ l’osservazione ci regalerà sempre zone altrui molto simili alle nostre, dove sentirsi al riparo, capiti e non fraintesi.
I così detti “altri” hanno sempre qualcosa di nostro, diversi si, unici si eppur così tanto simili.
Che sollievo!
Ma il nostro corpo, la nostra psiche diventa un campo di esplorazione davvero straordinario se ci permettiamo di portare in luce quelle parti di noi sepolte e archiviate, quei non detti o non agiti che comunque continuano a rincorrerci per farci vedere qualcosa che sfugge al nostro controllo.
Quei simulacri inventati e fermati nello spazio-tempo lineare, raccolti in storie, epifanie, dodecafonie, eroi, miti, personaggi e figurazioni così incredibili e così straordinariamente autentici e credibili.
E la sapienza?
La Saggezza?
La Conoscenza?
Dove trovarle in questo castello di carte sempre più verticale e in pericolosa ascesa verso un’unica direzione.
Riconquistare la Sapienza, la Saggezza, la Conoscenza che e’ nostra, da sempre, pare un’impresa a dir poco faraonica.
Le abbiamo insabbiate bene bene ma riemergono sempre, per nostra fortuna.
Perchè non sono fuori da noi, da qualche parte dell’Universo e non sono nemmeno dentro, sono dappertutto, sempre, a nostra disposizione.
Il corpo, la psiche, l’anima, Dio….come amiamo chiamarle in mille modi diversi.
La Sapienza di ancora non aver scoperto ci rende liberi rispetto alla mente che sempre pretende di immaginare e possedere, catalogare, elaborare, fermare nel tempo oggetti e desideri, intenzioni e scoperte lasciandole galleggiare…fantasmi, reliquie che non hanno più forza vitale ma restano qua e là aggrappati alla superficie dell’ego.
Senza più passione, vitalità, azione.
Forme oramai senza vitalità.
Per assurdo ciò che non si conosce davvero è ciò che in noi è più grande.
Proprio quella Saggezza che opera attraverso l’intuizione e si rivela grazie al dubbio.
Quale regalo non essere soddisfatti di se! Comandanti intrepidi e coraggiosi verso l’alba di nuove scoperte, al largo degli Oceani seguendo mille direzioni e coordinate estranee al finitissimo disegno razionale e caparbio della mente.
Cosi’ navigando, seguendo le correnti ora docili ora impervie, vedremo affiorare quelle parti di noi chiuse ben bene a chiavistello, doppia mandata, giù in pozzi molto profondi, per evitare di vederle riaffiorare quando meno ce lo aspettiamo.
Restare al sicuro in porti ben ancorati, in definizioni piccole ma argute, brillanti e controllabili, magari qua e la voli pindarici studiati ad hoc, ma mai troppo aerei, tornando presto al consueto, a quel noto e conosciuto.
Permettendosi cosi’ di essere un po gelosi, un po invidiosi, un po calunniatori, un po’ buoni, generosi, comprensivi, ma sempre scagionandosi dando la colpa a chi che sia…fuori che me!
Mirabile trama che ci tiene al sicuro dai “predatori.”
Ma quali?
E’ così che continuiamo ad alimentare e costruire disordine nel nostro cielo interno sin da quel primo vagito.
E sguazziamo nel Caos progettando storie su storie, complotti, avversità, sempre ben attenti a non lasciare la via vecchia per la nuova (che si sa quel che si perde ma non quel che si trova).
Fedeli ai soggetti inventati ci si modella, a modino, con molta accortezza e attenzione, scegliendo i nostri teatrini di ombra e di luce.
Modelli su misura usciti freschi di lino dall’Atelier personale con pinces e risvolti, asole e ricami perfetti!
Ma capita che in una pausa imprevista, un caffè, una sigaretta, uno starnuto…si sollevi lo sguardo e per la prima volta la scena ci appare diversa.
La mente si distrae per una manciata di secondi ed…è fatta!
Scivoliamo in uno spazio nuovo, non riconosciuto, copione alla mano, il solito ben studiato, questa volta però fuori dal tempo da noi scritto, fuori da ogni tempo.
E li restiamo a bocca aperta, davanti ad uno scenario mai visto prima.
E finalmente vediamo.
Vediamo.
E Saggezza si rivela a noi in ampiezza e libertà, Conoscenza sorride in apertura, infinita, a-temporale.
Neutra, diremmo, dovendo sempre dire qualcosa per definire il nuovo che ci spaventa ma, per fortuna lei non si fa scrupoli a manifestarsi pur di creare il giusto Caos perchè risveglio sia.
E Sapienza sta, semplicemente è, come le altre in nessun spazio, in nessun tempo, nessun personaggio, nessun teatro, nessuna parola.
E’ qui che ritroviamo la sostenibile leggerezza dell’essere.
Qui ogni cosa si sospende per non essere e nel non essere è.
Liberi da ogni logica, confine, condizionamenti, prigioni create ad arte.
Una voce risuona lontana…
“Come e’ possibile persino lontanamente immaginare che noi stessi, cocreatori, si possa aver partecipato alla creazione di tanta separazione, violenza, razzismo, sopraffazione, nichilismo, dolore etc, etc. etc.”
Chi parla? Ah, la paura.
Saggia e oculata domanda.
Come siamo riusciti a modellare, a modellarci in spazi tempo finitissimi e strettamente conoscibili, scambiandoli per l’infinito?!
Come definiamo i nostri passaggi nelle epoche “passate” senza averne fatto tesoro ed esperienza, continuando a ripetere gli stessi schemi ed errori?
Il tempo lineare non riesce ad evitarli e ci fa credere di venire dopo scagionandosi….non siamo stati noi.
Non c’è alibi che tenga.
Come siamo riusciti ad archiviare l’infinito nel finito senza possibilità di volo!
Paura ha un sussulto, la terra le trema sotto i piedi.
Cosa è che ci spaventa così tanto da non voler vedere, cosa non vogliamo perdere a nessun costo?
Fermiamoci.
Fermiamoci…
Non continuiamo ad agire se agire significa restare dove si è, cercando di salire verso l’alto, lungo”la scala di Giacobbe”senza guardare sotto, sopra, ai lati, dentro, fuori e altrove la vita stessa che cerca di fermarci e mostrarsi.
“Smera smera stimita”
Continuiamo sempre a meravigliarci, a sostenere l’invisibile leggerezza del nostro essere.
Abbiamo costruito un cubo di Kubrik, un mandala squisitamente “ordinato”cosi’ da poter controllare tutto, persino la Conoscenza.
Se riusciamo a sospendere per un attimo, in quella “pausa caffè” il nostro giudizio e il nostro buon senso, coglieremo l’immensità che siamo, la bellezza e l’ordine naturale che e’ in noi.
Ma ogni parola e’ già una piccola gabbia che ripete schemi e ripetizioni.
Mi viene alla mente l’immagine delle tre scimmiette.
Non vedo, non sento, non parlo… forse non vuole indicare l’incapacità di vedere, sentire, parlare.
Al contrario e’ un invito a ritirare i sensi per meglio vedere, per meglio scegliere le parole, per meglio imparare ad ascoltare.
Abbiamo bisogno di una magia, quella magia che sa attraversare il sogno.
Un nuovo sogno, una nuova visione.
La nostra nuova Visione.
Con oculatezza, con garbo, con armonia, con discriminazione, con verità, con maestria, con compassione, con amore e luce.
Insieme verso il Nuovo.
“Smera smera stimita”
Quello che conta è non finire mai di stupirsi.
Sabina Cesaroni
sabina_cesaroni@yahoo.it