Lo scorso anno abbiamo partecipato ad un incontro pubblico con delle donne di origine kurda e siamo rimasti molto colpiti dal coraggio e dalla spinta evolutiva che arriva dalle  scelte che hanno intrapreso. Abbiamo chiesto a Nicola e Francesca, tornati di recente dalle zone di guerra in Rojava, di raccontarci le loro impressioni in merito.

Già prima della creazione del PKK, il movimento di liberazione curdo, alcune hanno iniziato a prendere coscienza dell’oppressione che la donna vive in Medio Oriente e nella stessa cultura curda.
Abdullah Ocalan, fondatore del partito dei lavoratori del Kurdistan e attualmente prigioniero dello stato turco, ha avuto il merito di sostenere e approfondire questa ricerca che e’ andata alle radici dell’oppressione, che si origina piu’ di 5000 anni fa, quando popoli autoritari, pastori e violenti hanno spazzato via una civilta’ evoluta dove le donne e gli uomini erano in armonia e la fertilita’ e l’abbondanza erano le vere divinita’ dell’umanita’.
Ocalan ha sostenuto con sempre maggior coscienza la necessita’ che le donne prendano parte attiva e centrale nella rivoluzione sociale e che siano loro ad iniziare la demolizione del patriarcato.
All’inizio si pensava che fosse possibile lavorare su questo insieme, uomini e donne,  ma presto ci si e’ resi conto che l’uomo tendeva a riprodurre meccanismi di dominazione e si e’ deciso che fosse più proficuo lavorare separatamente.

kurdistanLa situazione che abbiamo trovato in Rojava ci mostra già nelle strade una presenza forte e cosciente delle donne che, sempre di più, si riuniscono, discutono e mostrano la loro unità e un senso di forza nei confronti di una società fortemente islamica e patriarcale.

In solo quattro anni si sono creati sempre più spazi di solo donne, autogestiti e intraprendenti nello svolgere differenti ruoli nella società. Per esempio: l’autodifesa, le Ypj , una vera e propria milizia popolare che e’ capace di difendere tutta la comunita’ da attacchi armati.

Soprattutto per le piu’ giovani questo permette di liberarsi dall’oppressione familiare e ritornare a casa con una nuova coscienza e rispetto.
A livello di intervento sociale, la creazione di spazi culturali ,politici e sociali solo per donne, rafforza un sentimento di solidarieta’ e di autodifesa all’interno della vita quotidiana in famiglia, nel quartiere e nel villaggio.
I corsi di Jinologia (jin sta per donna) sono dei veri e propri strumenti di liberazione che mettono in luce la falsita’ di tutti i costrutti patriarcali , dalla famiglia, alla coppia, allo stato, alla prigione e alla religione.
Questo permette di imparare come gestire i conflitti e come essere parte creativa e produttiva nella societa’.
Ogni assemblea locale prevede a tutti i livelli, dal basso verso l’alto, la partecipazione al 50 per cento delle donne e di tutte le etnie della zona.
Un altra organizzazione molto importante si chiama Y-Star ed e’ incaricata di lavorare principalmente sulla violenza di genere.
In una societa’ in cui e’ ancora presente il delitto d’onore da parte della famiglia nei confronti della donna, l’Y-Star lavora sulla giustizia restauratrice , cercando rimedi creativi al danno inflitto e cercando di fatto di trovare soluzioni condivise e non imposte, con la famiglia, la comunità , la donna e l’uomo….e sperimentando di fatto un tentativo di eliminare la prigione.

Un caso riportato da una volontaria argentina ci narra di una ragazza che era scappata dalla famiglia perche’ non sopportava quell’ ambiente, il padre la voleva uccidere per questo disonore.

Donne Kurdistan

Donne Kurdistan

La comunità ,con le donne in prima fila e’ stata l’intermediaria che e’ andata a contattare il padre prima  che lui la trovasse  e che lo ha riportato a un atteggiamento totalmente opposto… Due donne anziane sono state quelle che hanno gestito maggiormente la situazione e il dialogo con il padre. La figlia e’ stata riaccolta e le assemblee e gli incontri allargati sono proseguiti.

Una sfida ancora aperta e’ quella del ritorno della donna dagli spazi autogestiti e potenti che la sostengono, alla societa’ oppressiva piena di uominacci chiusi e autoritari.
Si sta iniziando a fare ma e’ ancora embrionale…..pian piano che le migliaia di donne formatesi nelle Ypj , nelle assembleee, associazioni, consigli di donne etc torneranno a mischiarsi nella vita quotidiana si vedra’ l’impatto di questo lavoro.
Di fatto la famiglia comune presenta una forma tradizionale patriarcale con le donne a servizio , cucinando, pulendo e occupandosi dei bimbi e spesso in disparte nel momento del mangiare o in presenza di ospiti.
Gli spazi sociali come la radio di Qamislo, i centri giovanili e culturali sono invece pieni di questa uguaglianza e complicità tra donne e uomini….sono la base per la nuova società.

kurdistan

Kurdistan

Il rapporto con la natura e’ stato ribaltato da un economia di sfruttamento legata alla pastorizia a un ritorno alla terra come madre , una terra da coltivare, fertilizzare con materie naturali e buona semenza. E’ ripreso l’uso e la produzione di creme con le erbe che riportano a quella alchimia sapiente delle donne di un tempo.
Riportiamo anche qui l’esempio di una comandante Ypj che nel mezzo della guerra di Kobane si permetteva il lusso di spalmarsi creme autoprodotte e di offrirle.

Una delle motivazioni che sostengono le donne e non solo, in questa battaglia contro l’Isis, contro lo sfruttamento,la repressione e oppressione dello stato turco, iraniano, siriano e del sistema patriarcale, nonche ‘ dell’iraq di prima ma anche di quello attuale, e’ la coscienza che questa crescita e questa rivoluzione e’ in nome di tutte le donne e dei popoli oppressi della terra, con il desiderio di liberare concretamente sempre più persone dall’orrore della guerra e della dominazione.

Jin, jîyan, azadî! – Donne, vita, libertà!

di Nicola Arboscelli

 

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