“Dopo, il verde era diventato più verde e sono scoppiata a piangere col cuore pieno di gratitudine per quante sfumature di verde esistano in questa dimensione… O, per lo meno, le tante (forse ancora poche) sfumature di verde che sono concesse ai miei occhi. La valle era sempre più grande e avvolgente; io sempre più piccola.”

Ad ogni nuovo incontro tendiamo a ridefinire cosa di noi dev’essere celato e cosa mostrato, il senso di vergogna come sentimento sociale trova nuovi confini, ogni volta reimpariamo a stare al mondo.

A volte chi percepiamo come altro ci spaventa, piccoli paguri divelti dal proprio centimetro di scoglio così familiare, vulnerabili ci proteggiamo, limitando in noi e negli altri le qualità che ci permetterebbero di sentire dove siamo, chi siamo.

Ciò che abbiamo assorbito e che ci definisce – non ci ricordiamo bene da chi e come – lo ripetiamo nel pensiero che diventa azione, più o meno consciamente. Per non esporci al pericolo del diverso, ci allontaniamo da ogni cosa che non riusciamo ad abbracciare, o ad incontrare.

Ri-conoscere l’altro in noi e noi nell’altro. cogliere ciò che non sappiamo. in Matrika
Gathering diviene un’esplorazione dei panorami che si aprono nella condivisione e nella vulnerabilità, come fosse un esercizio spirituale.

Ri-conoscere l’altra significa vedersi visti, e quindi scorgere le nostre maschere relazionali.

Nel cerchio iniziale del Gathering ognuno sceglie il nome con cui farsi chiamare, insieme ad un elemento naturale che ci ricordi come ci sentiamo o come vogliamo essere sentiti e conosciute.

Ci sono fuochi e api e cascate fra le partecipanti, soprattutto c’è l’ampiezza del silenzio quando si permette che non sia d’intralcio, ma arricchisca l’ampiezza che risuona fra una parola ed un’altra.

“Ho avuto la sensazione che in alcuni momenti l’aria fosse più soffice, di sentire grazie alle parole e ai silenzi di ognuna che tutto fosse diventato un po’ più accogliente e abitabile per me. Mi sono sentito bene e mi sono sentito strano, mi nutrirà a lungo.”

Prima di pranzo un gruppo perlustra il bosco, individua un luogo per sedersi e scambiarsi racconti, conoscenze: quello scelto per lo scorso raduno è cambiato e invita chi è altrettanto mutato in questi mesi a farsi ispirare da qualcosa di nuovo.

Scorre un fiume poco distante in una cavità a fianco del sentiero, ci sono posti a sedere offerti da una roccia, dal muschio, da un tronco d’albero: ci piace, chiediamo ospitalità!

Il gruppo in esplorazione raggiunge chi stava allestendo il pranzo, siamo un organismo che respira. Ogni parte rivela qualcosa, se è disponibile al cambiamento. Il pranzo è pronto, qualcuno aggiunge una sedia, sposta un tavolo, canta, ci troviamo tutti a tavola.

Piero Cipriano ci raggiunge nel pomeriggio con la famiglia per condividere la sua esperienza di psichiatra basagliano, pronto a distruggere quelle mura di manicomio che, anche se abolito a livello legale, ricostruiamo tramite le anguste categorie di “sano” in opposizione a “malato”, o tramite l’impiego massiccio di farmaci spinti da logiche commerciali più che di cura.

Ci sediamo nella conca del fiume per dipanare questo intreccio, qualcuno mette i piedi a bagno, qualcuna si adagia sul muschio.

Piero intanto spiega come sedare e nascondere siano diventati gli strumenti della psichiatria moderna: ci sono però altri mezzi possibili per mostrare alla mente e pubblicamente dichiarare che queste divisioni non sono poi così chiare e creano per lo più ulteriori rapporti di potere ad aggravare una divisione sociale già diffusa.

Le sostanze psichedeliche offrono spiragli di ridefinizione per “follia” e “normalità”, di empatia verso quell’altro che è anche dentro di noi, senza farne la panacea di una società intera, nè tantomeno dell’intera gamma dei cosiddetti disturbi mentali.

Piero ci invita a riflettere sulle possibilità che l’uso terapeutico degli psichedelici mette a disposizione e insieme discutiamo dell’uso e abuso di tali sostanze in contesti non medici, del turismo psichedelico e dell’idealizzazione delle culture che ci hanno fatto conoscere alcune di esse.

Il buio ed il fresco ci sorprendono ancora intenti a dibattere, la cena prolunga le chiacchiere ma il fuoco ci ricorda di lasciar stare la mente, quando non serve.

“La musica riempie l’aria e i nostri corpi spingono, vibrano, volteggiano e si lasciano andare… Tra le ombre non vediamo più chi siamo, braccia come rami, gambe fusti e piedi radici. Le forme si perdono, mescolano, confondono, dandosi ai vuoti.”

Quando torna il sole riscopriamo i nostri corpi seguendo Carola in movimenti yogici, per poi sperimentare come si risveglia l’intuito, disegnando ad occhi chiusi con Francesca.

Jerry ci dona l’opportunità di affidarci, ci accompagna in un’esplorazione sensoriale potente venuta da terre e cieli lontani sotto forma di piume colorate che ci accarezzano, cingono i nostri sguardi, ci invitano a rinascere in ogni sensazione e con ogni sconosciuto, mano nella mano.

“Sono lì in piedi al centro del cerchio. È come se una colonna di energia, avente come base quell’intreccio di piume, sgorgasse dalla terra e la collegasse al cielo, proprio lì, di fronte a me. Vorrei stare qui ferma in ascolto per ore. C’è un gruppo intorno a me e ognuno di loro ha diritto a non attendere troppo. Mi sdraio al bordo del cerchio con la terra lungo il mio corpo, fissando il cielo costellato di piante illuminate da raggi solari.”

Alla fine ci ritroviamo al mare, dopo due caldi giorni di fine luglio dipinti con istanti di eternità, a far sedimentare con gratitudine i momenti che ognuno porterà con sé nello scorrere dello spaziotempo che ci separa e ci unisce, ci separa e dunque ci unisce.

La luce fra le onde fa brillare il suo volto su di noi, sempre fatti di luce, che il tempo
scorgiamo come attraverso significati riflessi di volta in volta fuori e dentro di noi, fra i confini del dare e del ricevere, della fiducia e della paura, della vita e della morte.

Da tempo, la comunità Matrika compie una riflessione olistica, sperimentando e praticando modalità di cura e di rigenerazione relazionale che la pongono assai distante da tutta quella serie di modelli culturali autopoietici imposti da una società post-industriale serializzante, uniformante e digitalizzata.

Le giornate hanno consentito l’esercizio di una particolare soglia d’attenzione per il
circostante, lasciando intravedere piacevoli promesse per futuri incontri e discussioni.

“Oggi, una comunità come quella di Matrika riesce a donare una spinta propulsiva verso altre possibilità di abitare il presente in una contemporaneità fatta di transizioni e mutamenti, nella quale il cambiamento sembra sempre più vicino, sempre più necessario e sempre più incombente.”

 

19 – 20 Luglio Matrika Gathering Estate 2023

Scritto da Arianna e Benjamin con Carola, Gaia, Paolo, Glauco e Jerry 

 

 

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