“La mia droga è sentirmi utile al mondo, e quando non lo sono, quando sono utile solo a me, non sono abbastanza, dimenticando che per poter dare devo nutrire me stessa.”

La terra non si muove, sta.

Per rigenerarsi ha bisogno di smettere di dare per un po’ ma solo se ha dato troppo. I campi a maggese sono il risultato della compensazione di un eccessivo sfruttamento del terreno, che poi ha bisogno di pause.

In natura, in realtà, la fertilità del suolo è mantenuta e rigenerata attraverso una serie di processi ecologici che non richiedono intervento umano e la naturale ciclicità delle stagioni, tempi di produzione e tempi di riposo.

Ed è questo che sarebbe utile ricreare per il bene delle madri e della terra. Ciò che naturalmente accade senza forzare. Gli scarti degli uni sono nutrimento per gli altri. Sono le relazioni a nutrirci, il mettere insieme diversità, che si completino tra loro. E’ anche delle piccole morti/ rinnovamenti di chi è accanto a noi che ci nutriamo, degli scarti, di quello che lasciano andare, e dei nuovi semi e frutti che ci cadono accanto, anche per questo dobbiamo imparare a gioire dei successi di chi ci sta intorno, smettere di competere e conoscere come la natura funziona. Le foglie secche sono nutrimento per la terra, i frutti sono nutrimento per la terra. Anche quelli che cadono dall’albero e marciscono permettono a nuove cose di nascere.

La terra si nutre e si rigenera attraverso un complesso equilibrio tra decomposizione della materia organica, cicli di nutrienti, simbiosi biologiche, diversità vegetale e interazioni tra suolo e acqua. Questi processi naturali creano un ambiente autosufficiente che mantiene la salute e la fertilità del suolo nel tempo.

Se nella nostra esperienza attuale quello che vediamo è che la terra è spremuta per trarne di più, è spostata dalla sua naturale ed equilibrata ciclicità, così accade a noi, ma la differenza è sostanziale, ed è che siamo noi stessi a spremerci o addirittura voler essere spremuti. Perché non abbiamo ancora imparato a riconoscere il valore delle piccole cose. Non tutti certo, ma molti, per lo meno a tratti, cadono in questa modalità eccessivamente performante e autodistruttiva.

Io stessa a tratti mi sento l’emblema della terra, anche se oggi è molto chiaro che sono solo io a non essere abbastanza grata a me stessa di ciò che sono e vorrei da me di più.

Mi sorprendo a guardare la meraviglia della terra e dico “grazie”, questo non mi è difficile.

Perché non sono altrettanto gentile e riconoscente agli uomini e alle donne? D’altra parte siamo parte della natura anche noi.

Forse possiamo iniziare a ringraziare per quello che ci viene offerto invece che volere altro, l’altro lo troveremo altrove. Così diamo valore alla terra che ci ha sostenuto con le sue risorse e le permettiamo di godere della vita.

Siamo stati capaci di ringraziare la madre, nostra madre, per le cure ricevute? E nostro padre?

Le nostre madri hanno curato meno noi per farci spazio nel mondo perché potessimo essere viste e riconosciute nel nostro essere oltre alla cura.

Ed è forse per questo che oggi tutti si occupano di cura? In molti modi diversi ognuno porta guarigione scopre e trova il suo modo unico di prendersi cura della vita.

E nostro padre?

Tutti e due impegnati a portare nutrimento, soldi materia per sopravvivere ed espandere le possibilità di esplorare il mondo e fare esperienze. Prima ancora, le risorse per la sopravvivenza mancavano e si è fatto di tutto per soddisfare quel bisogno, poi è mancato altro e ora facciamo di tutto per colmare la mancanza di connessione spirituale, di accudimento, di presenza.

Il corpo è diventato oggetto di ogni attenzione quando ha solo bisogno di carezze e sguardi gentili per guarire. Ma attenzione ora ha bisogno di questo perché il resto c’è già. Non perché quello che è stato conquistato prima non sia di valore. Come al solito quello che sembra più importante è quello che non c’è, ma non è così. Tutto è necessario, solo in nuove misure.

E’ una fase, probabilmente un grande ciclo, ben più ampio delle stagioni. Ogni generazione si occupa di ciò che gli è mancato. C’è qualcosa che é necessario non dimenticare perché realmente il mondo possa essere più armonioso, ciclo dopo ciclo.

Prima di fare la nostra cosa, prima di dare valore e importanza a ciò di cui abbiamo sentito mancanza, ricordiamoci di ringraziare per tutto quello che abbiamo ricevuto, solo così potremo trovare la misura invece che muoverci ossessivamente da un estremo all’altro.

Sento che la gratitudine e il riconoscimento per ciò che è arrivato é così importante e che valga la pena di prendersi un tempo per onorare i passi dietro di noi.

Non è più il tempo dell’analisi, abbiamo analizzato abbastanza.

Per guarire abbiamo bisogno di sentire tutto l’amore che è arrivato, é normale che non sia stato capito in passato, ma ora possiamo comprenderlo e accoglierlo.

Ognuno di noi ha una madre e lei ha fatto tutto quello che poteva per colmare le mancanze o proteggerci dai suoi dolori e noi abbiamo visto solo quello che non ha fatto e i dolori che ci ha provocato.

E’ tanto più facile giudicare che comprendere.

Ma guardarci negli occhi o chiuderli e dire dentro di noi o ad alta voce: “Grazie per ciò che sei stata per me, per ciò che mi hai donato, per come hai provato a proteggermi dal dolore” e poi prenderci la responsabilità di accogliere le sue e le nostre fragilità ci libera dal dover essere perfette, dal dover essere in ogni luogo, dal dover essere performanti, sempre sul pezzo e ci restituisce alla nostra natura.

Abbiamo tirato troppo la corda per essere quello che non siamo, la terra non è il cielo ma la terra non è meno importante del cielo.

La natura dell’umano é guardare a quello che manca, è desiderare, ed è in quel desiderio che si permette di evolvere.

Fermiamoci un attimo a sentire anche quello che c’è e riconoscerne il valore.

Quando infatti siamo ben consci del valore di ciò che abbiamo ricevuto possiamo creare il nuovo e prenderci la responsabilità di colmare le mancanze con nuova bellezza, in armonia della bellezza già presente invece di distruggere tutto quello che c’è.

Anche in natura succede così.

L’ecosistema si trasforma lentamente, ci vuole pazienza, il nuovo richiede tempo per crescere in armonia con quello che già esiste.

Quando un ecosistema viene disturbato, come in caso di incendi, frane o deforestazione, la natura avvia un processo di rigenerazione in cui piante pioniere colonizzano l’area e iniziano a ripristinare la struttura del suolo, fissando nutrienti e prevenendo l’erosione. Questo processo può richiedere decenni o secoli, ma è parte del ciclo naturale che ripristina la fertilità della terra.

Forse qualcuno di noi è pianta pioniera e qualcun altro fissa l’azoto dall’atmosfera grazie a batteri nelle sue radici, arricchendo così il suolo e c’è chi contribuisce alla struttura del suolo con radici profonde che aiutano a prevenire l’erosione e a trasportare nutrienti dalle profondità e così via, piano piano si costruisce la comunità complementare che, con risorse diverse, ricrea un nuovo equilibrio. Per questo è importante che ognuno si prenda cura di sé in modo diverso, perché ognuno è diverso e ha bisogno di cure diverse.

A volte non si può fare altro che ripartire da zero ma in tutti i luoghi, metaforici o meno, che esistono oggi e non sono ancora distrutti potremmo provare vedere tutta la bellezza che già c’è, anche fosse un frammento piccolissimo, perché magari decenni o secoli sono serviti per crearla e su quella base, piano piano trasformare il resto con presenza, pazienza, gratitudine e gentilezza per ogni nuovo germoglio 🌱

Sara Massone

www.saramassone.it

sara.massone@gmail.com

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