E’ arrivato, quel momento di cui ho sempre sentito parlare e che varie parti in me hanno silenziosamente temuto.

Ne vorrei parlare in un modo forse poco lineare, per niente razionale, in termini di primordio. Una shakti (energia vitale) così potente che manda in tilt il sistema mente*corpo che ti ha contraddistinto fino ad ora. Un tornado chiamato vita, ti prende, t’ingoia e ti mastica senza fare domande. Da che avevi dei progetti, dei concetti e delle direzioni, che per il tuo cuore e per la tua mente avevano un senso definito ben percepito nel corpo… BAM!

Tutto viene spazzato via, niente ha più importanza, o almeno, tutto passa in secondo piano e ti ritrovi a nuotare in un mare in tempesta che s’infrange sugli scogli al tramonto. Tu sei lì, che non sai se tentare la sorte, calcolare il ritmo delle onde che ciclicamente ti danno uno “spazio salva vita” in cui sono lievemente meno alte, per provar a metterti in salvo atterrando più o meno malamente su uno scoglio con qualche ferita sanguinante. Oppure potresti nuotare controcorrente al largo, verso l’ignoto e sconosciuto grande mare. O ancora, potresti perderti nella meraviglia dei colori che si sprigionano dalle miriadi di goccioline d’acqua che riflettono il sole caldo del tramonto mentre le onde s’infrangono sugli scogli.

 

Qualsiasi scelta farai, sarà un passo incerto, senza sicurezza e soprattutto ti donerà zero controllo.

Sono una donna di 37 anni e da mesi, ogni volta che ho l’ovulazione, tutto mi parla di gravidanze, bambini, progetti familiari. A volte si limita a presentarsi in questa fase del ciclo mestruale. A volte capita che la tematica si spinga ben oltre l’ovulazione e m’invade tutto il mese. Ho provato a tenere traccia delle “coincidenze”, che preferisco chiamare “sincronicità”, per provare a vedere se ne può emergere una mappa su cui noi donne potremmo orientarci “al bisogno”.

Si sa, durante l’ovulazione, la biologia del nostro corpo ci potrebbe spingere inconsapevolmente ad aver più voglia di fare l’amore, a essere più magnetiche ed abbondanti e questo accade per tanti anni, nella naturalezza del nostro essere donne. Poi arriva un momento in cui, a quanto pare, oltre al magnetismo e alla voglia di far l’amore, subentra una pressione, una sensazione che ti toglie il fiato e che ti fa perdere la bussola. Se fino a quel giorno la tua vita era una ricca gamma di sfumature di colori, d’un tratto, per qualche momento, per qualche ora o per qualche giorno, tutto diventa bianco o nero.

“Procrei o non procrei?”

Ma che caxxxo!

Come può tutta la vita ridursi, comprimersi ed esprimersi con questa fatidica domanda? Cos’è questa potenza, questo primordio, se mi porta via così intensamente? Il mio libero arbitrio dove si è nascosto?

Ovviamente non so dare nessuna risposta a queste domande e allo stesso tempo sento che è necessario parlarne, abbattere muri invisibili, i cliché ed essere sincere riguardo a quello che si sente.

Quello che ho notato è che, poco prima e durante l’ovulazione, ho bisogno di parlare di questo argomento, ho bisogno di sviscerare, capire, essere ascoltata e soprattutto sentire calore ed amore espandersi nel corpo fisico, emotivo e spirituale. Se non faccio questo, puntualmente accade che nella fase premestruale emerge un momento in cui, la frustrazione del mio ovulo non fecondato, mi attraversa con gli artigli e… Dò di matto.

E’ come se in ovulazione sentissi che non posso non dedicarmi alla mia abbondanza interiore. Capita che in questo frangente noto la coerenza fra il desiderio di espandermi in amore e l’intuizione che l’inutilizzo di energia di questa fase mestruale sia un tale spreco, che fa incazzare la Grande Madre.

Proprio per questo motivo ho chiamato questo articolo “demone biologico”. Perché se in questo nuovo momento della mia vita non mi prendo cura di questo aspetto con amore e creatività, emergono in me una miriade di demoni muniti di denti affilati, tridenti e accette che hanno tutti il mio viso irato per maschera. Tutto ciò che dicono, urlano e pretendono, sono verità inespresse in anni e anni di patriarcato interiorizzato. Sono verità che celano paure e alcune di queste paure sono ataviche e ci parlano di solitudine, abbandono e invisibilità.

Con una buona dose di coraggio e incoscienza, sono entrata proprio lì, dove i miei demoni mi hanno portata e ho trovato un’agghiacciante paura di solitudine, abbandono e invisibilità interiore.

Ci ricordo che la parola “demone” ci arriva dal greco antico δαίμων, dáimōn, «essere divino»: un essere che si pone a metà strada fra ciò che è Divino e ciò che è umano, con la funzione di intermediare tra queste due dimensioni.

Questi miei bizzarri alleati, i miei demoni, mi hanno portato a riconoscere in me muri di protezione che nel tempo hanno inaridito, ghiacciato e indurito parti del mio cuore dando invece nutrimento non necessario all’ego. Una forma di ego maldestramente non proprio integra e utile al mio essere umana.

Con tutto ciò, posso dire di aver toccato un interessante stato di depressione a cui il mio cuore e la mia tiroide anelavano da tempo. Depressione, come dice Jeff Foster “Deep Rest”. Un profondo riposo necessario per il sistema mente*corpo, in cui, inevitabilmente, è venuto a galla tutto ciò che era indispensabile affinché ascoltassi il mio corpo di donna quasi quarantenne, in un modo diverso. Un corpo che genera in me un desiderio di figliare che ciclicamente mi appartiene e ciclicamente no.

Quello che ho compreso in questi mesi è che questo bianco o nero non sono il punto della situazione. Non è il “cosa” fare di questo ticchettio biologico, ma il “come”. Come decido di vivere questi messaggi disorientanti della mia fisiologia? In relazione con me e chi mi sta vicino? O nella frammentazione interiore e relazionale?

Ciclicamente ho perso il controllo, ho incontrato l’ignoto e l’insicurezza che delicatamente hanno scalfito orgoglio e rigidità. Questo è avvenuto, ahimè attraverso il corpo fisico. Ho avuto bisogno di stare male, di essere debole, di non fidarmi del mio corpo per poi cominciare timidamente ad ascoltarlo per davvero, nella sua totale resa. Per necessità questa debolezza mi ha portato forzatamente a togliere, ad andare un po’ più lenta, a far emergere semplicità, a trovare strategie e mappe che puntualmente si sgretolano con un nuovo ciclo mestruale.

Il ticchettio biologico ricorda alle mie cellule che un “tempo” sta per scadere. Il tempo per figliare, per espandere amore a prescindere, per diventare madri della Terra… Non mi è dato sapere, non mi è dato generalizzare. E’ tutto così incredibilmente soggettivo. Ciò che sento è che nel momento in cui il biologico – bio (vita) logos (studio) – salta, lo studio della vita s’interrompe, la frammentazione data dal voler capire e controllare cessa. La verità del bios non può essere imbrigliata in un logos. E se lo studio passa in secondo piano, la vita potrebbe divenire una meravigliosa danza fluida fra libero arbitrio e destino. Dove uno non esiste senza l’altro, dove ciò che nutre è l’esperienza emotivo*corporeo*spirituale soggettiva.

Procreare o no, l’essere umana è in divenire, tu sei il suo divenire e lo puoi scoprire solo vivendo. Al di là delle mappe e dei progetti.

In questo momento mi attraversa la scelta di affidarmi al processo, non sempre facile, ma incredibilmente vero, come non mai.

Vita, un incredibile processo creativo.

Nadeshwari Joythimayananda

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