manobuddhyahaṅkāra cittāni nāhaṃ
na ca śrotrajihve na ca ghrāṇanetre
na ca vyoma bhūmir na tejo na vāyuḥ
cidānandarūpaḥ śivo’ham śivo’ham
(atmashatkam 1)
non sono mente, ne l’intelletto
non sono ego, ne il riflesso del subconscio
non sono i cinque sensi, sono al di sopra di essi
non sono i sette elementi o le cinque guaine
io sono infatti l’eterna conoscenza e beatitudine
sono amore e pura conoscenza
Atmashatkam è uno scritto di 6 paragrafi in rima (slokas) del filosofo induista Adi Shankara che ci porta a riflettere su Dio e sul divino in noi. La nostra quotidianità ci porta a vivere le nostre esistenze nel superfluo e sempre meno nell’essenziale.
Siamo ancora in grado di vedere chi siamo? O capire il percorso della nostra vita? Le nostre scelte? Le nostre azioni?
Per cominciare a comprendere il perché di alcune delle nostre azioni, dobbiamo riflettere su chi siamo, sul come siamo fatti. Nel paragrafo sopra riportato del Atmasharkam, vengono citate “le cinque guaine”, esse non sono altresì che le dimensioni del nostro essere o meglio descritte come “Kosha” ( Paingala Upanishad II.2). Una di esse, è il corpo biologico: annamaya kosha. Fatto di materia, che si forma dalle sostanze liquide e solide che assumiamo. E successivamente deperisce in materia alla fine del ciclo. La pranamaya kosha è l’insieme del flusso respiratorio e circolatorio che agisce in noi. La percezione, l’intuizione e l’elaborazione sono il flusso elettromagnetico e
costituiscono la manomaya kosha. La percezione, l’intelletto, la volontà e il desiderio formano il flusso informativo e sono contemplati come la vijnanamaya kosha. Ed infine il subconscio, l’etica e la ragione formano la anandamaya kosha, la dimensione spirituale del nostro essere.
Siamo esseri multidimensionali e le varie dimensioni interagiscono tra di essi in flussi di continui cambiamenti. Noi siamo essere dinamici, quindi la staticità non è nella nostra natura e non dovrebbe essere neanche un nostro obiettivo.
Quindi a cosa dovremmo ambire? All’equilibrio.
Ma cos’è l’equilibrio? Per capire questo, dobbiamo capire come funzioniamo.
Parecchi di noi sono a conoscenza delle tre gunas: sattva, rajas, tamas. Essi sono citati più volte nell’ayurveda e molti di noi li conoscono come le descrizioni bio-energetiche dell’essere umano che vengono utilizzate per un adeguato nutrimento nel rispetto del nostro corpo. Oltre a questo, le gunas possono aiutarci a capire il nostro comportamento.
Una persona sattvica non ha attaccamento verso il mondo materiale, la luce della saggezza risplende attraverso tutte le porte dei sensi e del corpo. Si dice che il frutto delle azioni satviche è armonia e purezza.
Un individuo rajasico è guidato dalle azioni e dalle abitudini. Per questa tipologia di persona viene consigliata la devozione come mezzo di ricerca dell’equilibrio, il karma yoga (pratica dell’azione) come per esempio il volontariato.
Ed infine per la tipologia di persona con indole tamasica è attaccata al piacere personale e alla superficialità, in questo caso viene consigliato un approccio verso la conoscenza e la ricerca spirituale.
na me dveşarāgau na me lobhamohau
mado naiva me naiva mātsaryabhāvaḥ
na dharmo na cārtho na kāmo na mokşaḥ
cidānandarūpaḥ śivo’ham śivo’ham
(atmashatkam 3)
non provo disprezzo o repulsione
non provo piacere o attaccamento
non provo delusione o orgoglio
non provo invidia o gelosia
non ho doveri, ne denari
non ho desideri, ne liberazione
io sono infatti l’eterna conoscenza e beatitudine
sono amore e pura conoscenza
Kabil Nageswarakurukkal
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