Intervista ad Amrit Sorli

 

Abbiamo incontrato  Amrit,  scienziato “cutting edge” che lavora insieme al fisico  Davide Fiscaletti allo sviluppo di un modello di Relativita’ Avanzata che unisce la materia, lo spazio, la mente e la coscienza. A Titignano, in una bella piazzetta scaldata dal sole di agosto, gli abbiamo rivolto alcune domande durante il SAND (Science And Non Duality), incontro internazionale su scienza e non dualita’.

Un tema molto sentito e discusso durante questi giorni è proprio il rapporto tra esperienza spirituale e scienza. Qual è il tuo pensiero a riguardo?

Oggi la scienza sta facendo ricerca su ciò che si può misurare. La scienza dice “quello che non si può misurare non può essere oggetto di ricerca”. Secondo me questo approccio è riduttivo, ci sono tante cose che non si riescono a misurare, per esempio non si riesce a misurare direttamente la capacità di osservare la propria mente. Certo, se cambiano l’intensità e/o le frequenze delle onde elettromagnetiche del cervello durante gli stati di meditazione, quei cambiamenti si possono misurare, ma questa misurazione non costituisce una testimonianza diretta dell’esperienza, piuttosto si tratta di una correlazione tra l’esperienza e il cambiamento dell’attività elettrica del cervello registrata durante l’esperienza. Secondo me è necessario allargare il paradigma scientifico fino ad abbracciare l’esperienza diretta. La scienza dovrebbe ammettere che anche l’esperienza diretta è un dato valido, non solo la misurazione di un fenomeno correlato ad essa. Se una persona fa un’esperienza profonda sente la presenza di una consapevolezza interiore che sta osservando la mente. Negare questa presenza non ha senso. Non importa che la scienza oggi dica che è soggettiva. Grazie a questo approccio riduzionista la scienza moderna ha eliminato gran parte della vita, e il risultato è che siamo sempre più in crisi. La società d’oggi non può sopravvivere senza introdurre l’aspetto spirituale dell’uomo. L’entropia della società diventerà sempre maggiore. Si possono fare convegni, si possono incontrare tutti i politici del mondo, ma se non vogliamo capire che l’evoluzione della vita su questa pianeta ha una tendenza verso la consapevolezza sarà tutto inutile. Non abbiamo scelta, dobbiamo andare oltre alla mente. Non c’è nulla di male nella mente ma dobbiamo andare oltre per poter sopravvivere. La pazzia è il pericolo più grande che esista sul pianeta.

Amrit Sorli

La scienza è intrinsecamente oggettiva. Come può fare a passare dalla terza persona (assoluta) alla prima persona (relativa)? Non è una contraddizione?

Io credo che si possa fare questo passaggio allargando il paradigma scientifico. Quando una persona cresce e studia capisce che l’uomo ha tre componenti: il corpo, la mente e la consapevolezza. La consapevolezza non è qualcosa che appartiene alla mente, ma è qualcosa che esiste oltre la mente. La consapevolezza è l’entità dentro di noi che testimonia la mente. È la cosa più sana. Ogni essere umano condivide la stessa entità. La consapevolezza non è individuale, la consapevolezza è cosmica e ogni essere umano si esprime come osservatore e testimone. Questo è il background per risolvere le tensioni che oggi esistono nel mondo, tensioni tra varie religioni, varie razze, varie nazioni. Io ho il passaporto sloveno, ma non sono sloveno in questo senso. La coscienza nazionale di cui si parla non esiste, noi dovremmo parlare piuttosto di identificazione con una nazione, che è una realtà mentale. Questo non vuol dire negare la propria nazionailità, ma noi su questo pianeta dobbiamo trovare un background comune, qualcosa che è accomuna tutti gli esseri umani, e questa è la consapevolezza. Quando questo verrà scoperto, quando questo verrà insegnato a scuola, allora le persone seguiranno meno gli psicopatici che vogliono fare le guerre. Ci sono tante persone al mondo che hanno tanto potere ma sono malati di testa. Sono vittime della loro mente. La loro malattia consiste nel non riuscire a vedere oltre.

Il metodo scientifico si basa su una serie di passi ben precisi: partire da un’ipotesi, raccogliere i dati attraverso un esperimento, analizzarli, scrivere i risultati, discuterli e giungere ad una conclusione. Per allargare il paradigma scientifico, questo metodo è adatto oppure va rivisto?

Questo metodo va bene e deve rimanere ovviamente, ma non è sufficiente. L’importante è capire: chi fa tutto questo? Chi fa esperienza della realtà? Chi usa la mente per fare un modello scientifico? Chi fa le misurazioni in un esperimento per capire se la teoria è vera o falsa? E’ l’osservatore a fare tutto questo , e quando anche l’osservatore diventerà parte della ricerca, allora la scienza diventerà consapevole. Oggi l’osservatore non viene preso in considerazione dalla scienza. Oggi sappiamo che in fisica l’atto di osservazione può influenzare i risultati dell’esperimento, ma le nostre conoscenze finiscono qui, non sappiamo altro. Invece la domanda giusta, la domanda scientifica è “Chi è il testimone?”. Quando capiremo chi è il testimone saremo arrivati a casa. Gesù, Maometto, Buddha hanno scoperto la stessa suprema consapevolezza. Tutti questi santi hanno scoperto qualcosa. Poi certamente nelle varie religioni, nelle varie culture, la mente umana ha descritto quest’esperienza in vari modi e noi ancora oggi siamo fissati su queste esperienze, ma non centrano nulla. Portare l’esperienza di chi è l’osservatore nelle scuole è fondamentale.

 

L’osservatore è quindi qualcosa di diverso da tutto il resto? Oppure anche questa è un’illusione e in realtà l’osservatore e il mondo che lo circonda sono la stessa cosa?

E’ vero anche che l’osservatore è identico a ciò che lo circonda, ma questo per il momento è qualcosa di cui è meglio non parlare perché è molto difficile da capire. Io dico “Meglio non parlare delle cose che la mente non può capire”. Quando si fa esperienza di chi è l’osservatore, si viene a conoscenza di questa reciprocità. Ma se non si fa esperienza di queste cose, quendo ne parli le persone dicono “ma questo è matto”. Io penso che sia meglio spronare le persone a fare ricerca su chi sia l’osservatore, chi sia il testimone, poi se questo avviene il resto si viene a sapere.

Nei tuoi articoli parli di sei elementi che costituiscono il mondo che ci circonda: la materia, lo spazio, l’energia, il cambiamento, il tempo, l’osservatore. Cosa ci dici invece dell’amore? E’ presente in qualche modo nel tuo modello?

L’amore è la consapevolezza, è la capacità di testimoniare. L’amore e la capacità di testimoniare di fatto hanno la stessa origine.

Nel tuo modello uno dei sei elementi è l’energia. Si può dire che l’amore sia anche una forma di energia?

Si, magari l’amore è anche un tipo di energia, sicuramente non energia elettromagnetica, ma non è così importante… l’importante è fare esperienza. E’ molto più importante fare esperienza dell’amore che capire cosa sia. Non è valida solo la misurazione, è valida anche l’esperienza. Quando fai esperienza su chi sia l’osservatore, su dove sia, l’esperienza è valida, e tu puoi anche presentarla, puoi parlarne, ma in fondo non ha senso, perché l’esperienza non è identica alla sua descrizione, è oltre. L’esperienza non può essere fatta attraverso le parole. Quello che possiamo fare è portare le persone nella giusta direzione. Bisogna scoprire chi fa esperienza del mondo. Quando si scopre si fa un salto oltre la mente. Certo, se si vuole, si può descrivere l’esperienza, ma la descrizione non ha nulla a che vedere con l’esperienza diretta, perché la sacralità dell’essere umano, della natura, dell’universo va molto oltre alla mente, ci vuole esperienza.

Cosa suggeriresti a chi si vuole incamminare su questa strada?

Il mio consiglio è “Rilassati e sii sveglio, sempre”. Io la mattina mi sveglio, faccio dieci minuti di meditazione in cui osservo come mi sento, cosa fa la mia mente e quindi mi distacco da essa. La mente fa sempre qualcosa, è la sua natura, sempre deve girare qualcosa nella mente. E poi durante la giornata sono sempre nel presente. Io non sono la mia mente. La mente è sempre in movimento, fa le sue cose, ma non centra nulla, io non mi identifico con lei. La mia mente in un giorno produce 10000 pensieri, ma quelli utili a quello che sto facendo magari sono 100, il resto è inutile. Allora è importante non entrare in questo gioco, eliminare le cose che non centrano nulla. Questa è la strada. La mente è come un asino, quando è giovane vuole sempre giocare, fare qualcosa. Poi quando matura, come un asino di 10 anni che è seduto lì tranquillo, non ha più questa voglia di fare qualcosa, si calma. Quando diventa così la mente è molto utile e non è mai stanca. L’uomo moderno è stanco soprattutto perché pensa troppo e non è più così radicato nel corpo. Cento anni fa per produrre cibo la gente doveva lavorare, c’erano i trattori, la vita era fisicamente molto dura. Allora le persone erano più radicate nel corpo. Oggi invece non è più così, anche a causa di internet, di tutti questi telefoni intelligenti..siamo molto presi da questa realtà virtuale, i telefoni sono sempre accesi e si ha meno voglia di stare a diretto contatto con le persone e questo ci porta a sradicarci sempre di più.

Intervista a cura di Irene Tamagnone

 

 

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