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by Jerry Diamanti

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Regolazione cardiaca , respiratoria e viscerale secondo il modello della teoria polivagale.

 

Cosa hanno a che fare gli sguardi, la mimica facciale, l’intensità con cui ci sentiamo visti, il tono della voce con cui ci parlano… Con la percezione personale di sicurezza e la salute del nostro organismo? Il “lato umano” delle neuroscienze, quello rivolto all’intelligenza naturale, organica, può emergere anche da questa semplice domanda…

Dalla banalità di un’evidenza di cui tutti, fin da bambini, abbiamo fatto esperienza.  O dai più recenti approdi della psicobilogia e della neurobiologia interpersonale, domini all’avanguardia nell’ambito delle scienze contemporanee,  che  radicano le loro proposte al mondo clinico della terapia e all’area sociale dell’educazione, nelle preziose scoperte in ambito neurofisiologico avvenute sul finire del secolo scorso.

Le ultime ore del ‘900 come una finestra sul futuro,  come lampi di luce convergenti a tracciare possibili nuovi orizzonti per il genere umano. La mattina del 21 maggio del 1999 a Boston nell’ambito dell’annuale conferenza internazionale sul trauma infatti, Bruce McEwen introdusse il concetto di neuroplasticità, la facoltà naturale, spontanea e continua di rimodellamento delle connessioni neurali; Jaak Panksepp delineò i fondamenti delle neuroscienze affettive presentando i suoi studi sui circuiti neurali correlati all’accudimento, la paura, la rabbia, il gioco di lotta tra fratelli e Stephen Porges, di cui ci occuperemo in questo articolo, propose i fondamenti delle sue dirompenti scoperte sul sistema nervoso autonomo: la teoria polivagale, un modello rivoluzionario per comprendere il comportamento umano.

La storia e l’epistemologia

Porges già dagli anni ‘60 aveva iniziato ad essere affascinato dall’allora, ancora poco conosciuta, area interdisciplinare denominata psicofisiologia. Le sue ricerche sulla variabilità della frequenza cardiaca correlata alla capacità di mantenere il focus dell’attenzione e di regolare gli stati comportamentali, lo avevano portato ad investigare su quali vie nervose fossero le principali responsabili della variabilità della frequenza dei battiti del nostro cuore: le fibre del nervo vago, una famiglia di vie neurali che si originano in diverse zone dell’area cerebrale denominata tronco encefalico.

Dagli anni ’80 lo sviluppo di un rilevatore per il monitoraggio dell’attività vagale orientò la sua ricerca allo studio di popolazioni cliniche che avevano sofferto di disturbi della regolazione dello stato comportamentale, i neonati pretermine. L’osservazione delle diverse modalità di azione e di effetto fisiologico dei fenomeni di riduzione della frequenza cardiaca nei nascituri, lo portò a confutare l’assunto circa l’esistenza di un’unica fonte vagale centrale antagonista del Sistema Nervoso Simpatico.

La Teoria Polivagale

Gli attuali studi di neuroanatomia comparata e di neurofisiologia hanno identificato due branche principali del Nervo Vago, ognuna delle quali rappresenta una specifica funzione adattativa e precise strategie comportamentali.

Una, il Vago Dorsale, è la branca non mielinizzata, potremmo dire più lenta e a livello evolutivo arcaica, condivisa a livello filogenetico con altri vertebrati tra cui i rettili, gli anfibi ed alcune specie di pesci.

L’altra denominata Vago Ventrale è presente nell’uomo e negli altri mammiferi, filogeneticamente più recente, è mielinizzata e trasmette l’informazione in modo più rapido.

La teoria di Porges  ampia la nostra comprensione di come la fisiologia influenzi gli stati della mente: afferma che lo stato generale del Sistema Nervoso Autonomo  oltre alle principali funzioni involontarie del metabolismo correlate alla salute, influenza anche la nostra capacità di essere presenti, relazionarci agli altri, co-regolare le emozioni e attenuare i riflessi involontari di attacco o fuga.

Questa complessa rete neurale  si basa su tre circuiti principali:

1)Il Vago Dorsale, che risale a circa cinquecento milioni di anni fa, è una diramazione del Parasimpatico,  strumento di sopravvivenza e difesa più primitivo: permette lo stato di immobilizzazione, la conservazione dell’energia del metabolismo e una desensibilizzazione generale del corpo con minore percezione del dolore sia a livello emozionale che a livello fisico. Il suo raggio d’azione è focalizzato sugli organi interni. Possiamo rilevarne l’attività cronicizzata in una persona quando questa presenta poca espressione nei muscoli facciali, ha mancanza di vitalità e forza fisica, bassa pressione sanguigna, tono muscolare lasso, mente confusa o parzialmente dissociata a causa di elevati livelli di endorfine.

2) Il Sistema Nervoso Simpatico, ramificazione globale di attivazione fisiologica evolutasi circa trecento milioni di anni fa. La sua funzione consiste nella mobilizzazione e nell’espressione di energia per l’azione, la lotta o la fuga ed è veicolata in maggior misura dall’attività degli arti. Riconosciamo l’incremento di tono simpatico quando il battito cardiaco aumenta insieme alla pressione sanguigna, i muscoli si contraggono, la respirazione diviene più superficiale e veloce,  l’addome ed il torace si irrigidiscono, aumenta la sudorazione e le pupille si dilatano. Tali attività possono essere associate all’innesco dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene con emissione nel torrente circolatorio di adrenalina, noradrenalina e se protratte nel tempo anche di cortisolo. Come parte della cascata complessiva di ormoni messi in circolo possiamo avere anche il rilascio di endorfine che aumentano la soglia del dolore e possono dare un certo senso di euforia.

3) Il Vago Ventrale, presente solo nei mammiferi e risalente a circa ottanta milioni di anni fa, presenta la sua straordinaria raffinatezza nei primati, nei quali media complessi comportamenti sociali e di attacamento. Si tratta di un’altra diramazione del Parasimpatico neuroanatomicamente collegata ai nervi cranici che mediano la regolazione del battito cardiaco e l’omeostasi viscerale,  inibiscono i meccanismi di attacco-fuga del Simpatico, bloccano il sistema di risposta allo stress dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, riducono le infiammazioni attraverso una regolazione delle risposte immunitarie e modulano le espressioni facciali e la vocalizzazione. Tale sistema infatti orchestra l’attività dei muscoli striati della faringe, del volto, dell’orecchio medio, del cuore e dei polmoni che nell’insieme comunicano le nostre emozioni agli altri e allo stesso tempo permettono a noi stessi di percepirle con consapevolezza. (Porges S. 2014)

Transizioni filogenetiche e biologia dello stato di sicurezza

Come funzione dell’evoluzione, la transizione dai rettili ai mammiferi è caratterizzata dallo sviluppo di un sistema nervoso più articolato, specializzato nell’identificare i segnali della comunicazione non verbale che esprimono l’assenza di pericolo nelle relazioni sociali, nei termini di quale individuo possa essere sicuro da avvicinare e frequentare. Questa necessità di percepire la sicurezza è correlata alle modalità con cui i cuccioli nascono e alla loro vulnerabilità, alla necessità di cure parentali e interdipendenze sociali prolungate per anni, in modo da permetterne la sopravvivenza e lo sviluppo.

Man mano che i mammiferi si sono evoluti, le modificazioni a livello della neurofisiologia li hanno resi capaci di segnalare e rilevare gli stati affettivi propri e degli altri individui della loro specie. Radicati nella complessità con cui l’anatomia che incarniamo si è differenziata e manifestata attraverso lo sviluppo delle vie ventrali  sociali del Nervo Vago, vi sono la ricerca biologica di sicurezza e il bisogno implicito di sintonizzare e co-regolare il nostro stato fisiologico e le emozioni che ci attraversano grazie alle relazioni interpersonali.

Il modo in cui ci guardiamo gli uni con gli altri rappresenta una caratteristica critica di queste potenziali facoltà umane.

Il sistema di ingaggio sociale: l’integrazione neurale frutto di milioni di anni di evoluzione sulla Terra

La dolcezza di uno sguardo, il tono caldo e pacato di una voce o un semplice sorriso sincero, hanno il potere di coinvolgere contemporaneamente vari individui presenti in uno stesso ambiente,  in uno stato condiviso  di inibizione delle risposte di difesa del sistema nervoso autonomo ed in una percezione di sicurezza e assenza di pericolo sentite al livello profondo, viscerale.

Le vie anatomiche dei nervi cranici che controllano la muscolatura cranio facciale responsabile dell’ascolto delle parole e dei suoni attraverso i muscoli dell’orecchio medio, dell’espressione emotiva attraverso la mimica facciale, dell’intonazione della voce attraverso la laringe e la faringe, della masticazione e dell’ingestione, interagiscono a livello del tronco encefalico con il nucleo originario del Vago Ventrale.  La Teoria Polivagale evidenzia l’estrema importanza di comprendere il profondo senso evolutivo così  espresso dalla natura: che vie neurali condivise siano alla base della comunicazione sociale e di funzioni viscerali, quali la regolazione del sistema cardiovascolare, digestivo e immunitario, implica la necessità di riconsiderare interamente il senso delle relazioni e delle strutture sociali che la società occidentale ha generato.

Un tono di voce aggressivo o uno sguardo freddo e giudicante possono scatenare immediatamente  in noi una cascata di ormoni e reazioni autonomiche adattative inconsce, portandoci ad uno stato di chiusura e confusione (Vago Dorsale) o ad impulsi altrettanto forti di lotta o fuga (Sistema  Nervoso Simpatico). Queste due risposte involontarie se stimolate con frequenza durante la maturità o vissute con regolarità nelle relazioni di attaccamento dell’età dello sviluppo, possono generare stati cronici di ipervigilanza e frammentazione della personalità con gravi conseguenze a livello psicologico e della salute sia nell’individuo e che nella comunità.

Nervo vago e dinamiche dello sviluppo

Originato dal tronco encefalico, il nervo vago innerva la muscolatura liscia, di fondamentale importanza questa, poichè si trova nelle singole cellule ed è coinvolta nella regolazione dell’omeostasi, oltre ad essere una della componenti delle pareti di molti vasi sanguigni e della maggior parte dei visceri del corpo, come il tratto gastrointestinale, i dotti biliari, i bronchi, gli ureteri e l’utero.

Questo importante nervo cranico regola inoltre le cellule miocardiche del cuore e i muscoli striati del volto e della testa.

Vediamo ora quando e come si differenzia a livello ontogenetico e neonatale.

Nei primi mesi di sviluppo dell’embrione, il vago ha origine nella sua porzione dorsale così da permettere, in casi di eventuale difficoltà, l’economizzazione dell’energia, strategia filogeneticamente più antica. Solo dopo il sesto mese di gravidanza può iniziare a prendere forma ed essere disponibile la porzione ventrale mielinizzata che da qui in avanti, soprattutto dopo il parto, inizierà nel neonato a coordianarsi e sintonizzarsi con quella della madre o degli adulti che se ne prenderanno cura. (Porges & Furman, 2011; Fukushima et al., 2011).

A questo riguardo abbiamo già scritto dell’importanza per l’innesco dell’attività del vago ventrale di alcune componenti legate alla relazione interpersonale: la capacità di chi e’ stato con noi nell’età dello sviluppo, di essere presente e sintonizzato, avere una mimica facciale espressiva, un tono di voce modulato e rassicurante oltre che una possibilità di connessione dalla ritmica prevedibile e costante ed una capacità di riconoscere e riparare le esperienze di rottura della sintonizzazione. (Gold C.,Tronick E. 2020)

Ma cosa succede se queste possibilità sono negate? Che cosa avviene se i genitori del piccolo per via di traumi personali che bloccano cronicamente il loro sistema nervoso sull’attività del vago dorsale sono rigidi e inespressivi? E se gli adulti sono incapaci di affetto o inconsciamente aggressivi nei modi e nei toni?

Esperimento “Still face”

https://www.youtube.com/watch?v=apzXGEbZht0

Lo psicologo dello sviluppo ed esperto di regolazione emotiva ed “Infant research”, Edward Tronick, propone un semplice esempio, l’esperimento denominato “Still Face” nel quale all’inizio la diade, madre e figlia di circa un anno, siede una di fronte all’altra, interagisce in modo sintonizzato, gioca e si orienta in modo espressivo e coordinato. Successivamente la donna interrompe improvvisamente la connessione, assumendo volontariamente una mimica bloccata, inespressiva.

La bimba coglie immediatamente questo cambiamento e tenta di riconnettersi usando modalità e strategie diverse. Dapprima prova a rimanere connessa, osserva (Vago Ventrale), poi inizia ad alzare la voce emettendo suoni acuti per attrarre l’attenzione (Sistema Nervoso Simpatico), poi smette di provare a trovare il contatto e inizia a distogliere lo sguardo, perde il controllo della postura tentando di chiudersi, proteggersi dall’inespressività della madre.

Dopo pochi istanti quest’ultima riprende il gioco e la bimba torna a coregolarsi con l’adulta. Questo è naturale, in altre modalità può avvenire spesso nella diade ed è sano perchè nella riconnessione avviene una sorta di “riparazione” che genera qualcosa di importante nei piccoli. Ma se i genitori o i caregivers non sono capaci o non possono risintonizzarsi coi bimbi questi possono bloccare lo sviluppo delle vie vagali ventrali responsabili della capacità di relazione, recupero delle energie, salute.

Poichè anche in questo caso il trauma interessa i circuiti neurali subcorticali legati alla paura e alla vigilanza, la disregolazione del Nervo Vago Ventrale correlato alle funzioni sociali (Porges 2016) può generare dinamiche interpersonali distruttive e cambiamenti diffusi nella percezione dello stato reale di pericolo. (Levine 2019)

Oggi possiamo capire facilmente l’importanza di tale fenomeno, se ci orientiamo al terrore e la disconnessione generati nell’umanità dall’oppressione sistemica e le ingiustizie sociali degli ultimi secoli che chiamiamo “Storia”. Dagli occhi inespressivi e dalle voci gridate o spente e prive di emozioni dei nostri avi, l’eredità traumatica generata dalle guerre, il razzismo, lo schiavismo, gli abusi del patriarcato e i sistemi economici fondati sul dominio e lo sfruttamento, hanno inscritto nei nostri sistemi nervosi a livello epigenetico e transgenerazionale impulsi involontari più correlati all’innesco delle reazioni di lotta e fuga o di blocco e congelamento, che di fiducia e connessione vagale ventrale.

Neurocezione: una sensazione di sicurezza più profonda, viscerale 

La possibilità di entrare in relazione empatica, condividere le esperienze e le emozioni, apprendere, percepire soddisfazione, sentire il nostro reale valore ed amare, non hanno a che fare solo con la nostra volontà: l’inibizione dei circuiti di difesa limbici che altrimenti ci trascinano di default in stati di chiusura spesso alimentati da paura o rabbia, ha a che vedere con il modo in cui le espressioni facciali, l’intonazione della voce, i movimenti corporei, la distanza fisica tra noi e gli altri sono sentiti a livello corporeo, viscerale, neurocettivo. (Levine P. 2014)

Porges scrive in un articolo pubblicato di recente in Italia: “Come esseri umani responsabili, genitori sensibili, buoni amici, mentori e clinici, abbiamo bisogno di ascoltare le risposte del nostro corpo e di rispettare le risposte degli altri, poiché aiutiamo noi stessi e gli altri ad orientarsi in un mondo intrinsecamente pericoloso al fine di trovare ambienti sicuri e relazioni piene di fiducia.” E continua portando le evidenze emerse dalla ricerca scientifica fuori dai circuiti accademici della “ricerca pura” per sostenere un passaggio sociale potenzialmente storico per la nostra specie: “La Teoria Polivagale sfida i parametri che le nostre istituzioni educative, legali, politiche, religiose e mediche utilizzano per definire la sensazione di sicurezza. Spostando le caratteristiche che definiscono la “sicurezza” da un modello strutturale dell’ambiente con recinzioni, metal detector e telecamere di sorveglianza, a un modello di sensibilità viscerale che valuta i cambiamenti della regolazione neurale dello stato autonomico, la Teoria sfida i nostri valori sociali che riguardano il modo in cui le persone vengono trattate.

La Teoria invita a domandarci se la nostra società sia in grado di fornire opportunità appropriate e sufficienti di fare esperienza di ambienti sicuri e di relazioni piene di fiducia. Una volta che ci siamo resi conto che le esperienze all’interno delle nostre istituzioni sociali come le scuole, gli ospedali e le chiese sono caratterizzate da continue valutazioni che innescano sensazioni di pericolo e minaccia, possiamo comprendere come queste istituzioni possano essere tanto disturbanti per la salute quanto l’instabilità politica, la crisi economica o la guerra.” (Porges S. 2019)

Là dove nelle strutture sociali siano coltivati rapporti umani basati sulle dinamiche del Sistema Nervoso Simpatico o del Vago Dorsale attraverso il giudizio e la ricerca di prestazione, competizione e produzione,  saremo costretti a vivere superando sistematicamente i nostri limiti, negando il nostro sentire più autentico.

Le esperienze generate da uno stato Vagale Ventrale invece hanno a che vedere con il sentirci parte del mondo, connessi a noi stessi, capaci di sentire le altre persone, le altre forme di vita, la Terra… Aperti al cambiamento e liberi di scegliere. “Qui, solitudine e connessione sociale, eccitazione e riposo, gioia e tristezza, e frustrazione e flusso sono possibili”. (Dana D. 2020)

In relazione

Nell’ascolto.

Dal modo in cui le nostre cellule risuonano tra loro, dai visceri alle ghiandole surrenali, dai neuroni a specchio del cervello ai coni della retina che ci permettono di percepire le forme ed i colori nella relazione con gli altri e con l’ambiente, emerge oggi  anche in Occidente una visione sistemica semplice ed appassionante. La sicurezza ha più a che fare con un “senso di Noi” condiviso,  una sensazione viva di fiducia istillata in ogni incontro avvenuto della nostra vita, che con le leggi, le multe o le celle dei penitenziari…  Il calore umano con il quale sentiamo di essere incontrati influenza la trascrizione genica, le connessioni sinaptiche, i flussi cefalorachidiani, il ritmo cardiaco, respiratorio,  la nostra salute, il modo in cui ci percepiamo e stiamo al mondo.

La specie umana ha appena formulato anche a livello scientifico le basi necessarie per un meraviglioso viaggio a ritroso verso il primigenio senso evolutivo della neurofisiologia che incarna.

Sguardo chiaro e cuore aperto, lungo il cammino, insieme.

 

Jerry Diamanti

leviedolci@gmail.com

www.equilibrinaturali.net

Dana D., Polyvagal exercises for safety and connection, Norton (2020)

Fukushima A., Nakai K. et al., Assessment of fetal autonomic nervous system activity by fetal magneto cardiography: comparison of normal pregnancy and intrauterine growth restriction. Pregnancy, 218162, (2011)

Gold C., Tronick E., The power of discord: why the ups and downs of relationships are the secret to building intimacy, resilience, and trust, Little, Brown and company (2020)

Levine P., Somatic Experiencing. Esperienze somatiche nella risoluzione del trauma. Astrolabio (2014)

Levine P., Riordan J.,Blakeslee A., Attachment focused Somatic Experiencing. Secure  phylogenetic attachment, dyadic trauma and completion across the life cycle. International journal of neuropsychoterapy vol7 issue3 (2019)

Porges S.W., & Furman S., The early development of the autonomic nervous system provides a neural platform for social behaviour: a polyvagal perspective. Infant and Child Development, 20 (I), 106-118. doi:IO.IOO2/icd.68 (2011)

Porges S., La teoria polivagale. Fondamenti neurofisiologici delle emozioni, dell’attaccamento, della comunicazione e dell’autoregolazione, Fioriti Ed. (2014)

Porges S., The neurobiology of trauma attachment, self- regulation and emotion (DVD). Avaible from https://www.pesi.com/store/detail/15576/the-neurophysiology-of-trauma-attachment-self-regulation

Porges S., La guida alla teoria polivagale. Il potere trasformativo della sensazione di sicurezza., Fioriti Ed. (2019)

 

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    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

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    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

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    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

    Salva

    Salva

  • Sorry, this entry is only available in Italiano.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Sorry, this entry is only available in Italiano.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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