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by Jerry Diamanti

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La psicologia transpersonale viene spesso considerata “non scientifica” dal mondo accademico. La sintesi delle obiezioni potrebbe tradursi nella seguente convinzione:

La psicologia transpersonale si muove su basi metafisiche non verificabili o falsificabili tramite un procedimento misurabile, oggettivamente osservabile e ripetibile, pertanto si pone fuori dall’ambito della scienza psicologica.

Un confronto

Confrontiamo le “basi metafisiche” dalle quali muoverebbe la psicologia transpersonale con le “basi scientifiche “sulle quali si baserebbe la psicologia classica.

Pierre Weil (Weil P. 1992 p.21) uno dei padri della psicologia transpersonale suggerisce quattro presupposti che caratterizzano l’ontologia transpersonale:

  • La coscienza è un flusso senza fine e senza limiti. I limiti esistono solo nella mente umana.
  • La memoria va oltre la filogenesi e può essere rintracciata attraverso l’evoluzione dell’essere vivente fino alla fonte stessa dell’energia vitale.
  • L’evoluzione umana non finisce nell’intelletto, ma si muove verso qualità superiori come saggezza, amore, umiltà, simpatia, consapevolezza, ecc.
  • La morte è solo un passaggio, un’opportunità per raggiungere nuove dimensioni dell’essere.

Le basi “scientifiche” della psicologia classica si fondano invece sui presupposti del riduzionismo materialista, vediamone i principali:

  • La creazione della vita inizia da un punto zero e la morte segna un punto finale in cui tutto è finito: inizio e fine. (Schulthess P. 2017, pagina 14)
  • Per quanto riguarda lo studio scientifico della mente, la coscienza e le sue caratteristiche speciali hanno un’importanza piuttosto secondaria. È del tutto possibile, anzi auspicabile, fornire un resoconto del linguaggio, della cognizione e degli stati mentali in generale senza tenere conto della coscienza e della soggettività.
  • La scienza è obiettiva perché la realtà stessa è oggettiva.
  • L’oggettività della scienza richiede che i fenomeni studiati siano completamente oggettivi e, nel caso delle scienze cognitive, ciò significa che deve studiare il comportamento oggettivamente osservabile.
  • Dal fatto che la realtà è in definitiva fisica, e dal fatto che è completamente oggettiva, è naturale presumere che tutto in realtà sia conoscibile da noi. Non c’è posto o almeno molto poco posto per la coscienza in questo quadro generale. (Searle John R. (1994 p 28)

Entrare nel merito delle succitate visioni esula dall’intento di questo lavoro mi limiterò a sottolineare l’evidenza che affermare che tutto sia materia e che la mente possa essere studiata in modo oggettivo tramite il comportamento e che la coscienza non esista o sia un’emergenza dell’attività cerebrale non ha nulla di scientifico.

Il materialismo riduzionista è altrettanto metafisico, se di metafisica si vuole parlare, delle premesse sulle quali si basa la visione transpersonale.

Non è né osservabile, né misurabile, né ripetibile l’affermazione che la realtà ultima sia materica, che nella materia non ci sia coscienza o che la psiche coincida con la mente.

Il problema delle premesse potrebbe facilmente risolversi accogliendo l’invito all’epoché di Husserl (Husserl E, 2006), di fondarsi cioè su un approccio fenomenologico che mette tra parentesi le proprie credenze e giudizi.

La linea di demarcazione per considerare valido un approccio si dovrebbe pertanto spostare dall’entrare nel merito del suo sistema di credenze al “modo” col quale le tratta. Una disciplina dovrebbe esporre in evidenza i suoi presupposti ontologici e fornire garanzie epistemologiche su come ha raggiunto tale conoscenza e su come la impiega.

Così facendo si sposterebbe la linea del fronte dalla disciplina alle persone, dalle credenze al metodo.

Si dissolverebbe il confine fittizio tra psicologia scientifica e psicologia transpersonale e lo si sposterebbe sulle persone e le loro affermazioni. I limiti, i compiti e le giurisdizioni sarebbero chiari e fondati sul reciproco riconoscimento delle differenze di intenti, di oggetto d’indagine, di basi ontologiche ed epistemologiche.

Basi che non sarebbero da considerare né esclusive né tanto meno vere in assoluto, ma viste come presupposti di partenza da verificare, visioni del mondo relative, da sostenere secondo un atteggiamento “come se”.

Come conoscere?

Vedremmo allora che l’approccio epistemologico proposto dalla psicologia transpersonale fornisce strumenti e metodi che non invadono il campo delle scienze del comportamento ma che potrebbero ampliare le garanzie di validità offerte dalla scienza psicologica.

Semplificando la prassi transpersonale, basandosi sull’approccio fenomenologico che invita a mettere tra parentesi le proprie credenze o giudizi introduce tre elementi nel metodo scientifico: l’esposizione, la consapevolezza e la dis-identificazione.

L’esposizione invita a dichiarare le proprie premesse ontologiche o credenze, lasciandole tra parentesi, comportandosi “come se,” ovviando così al noto problema della riflessività [1] (Thomas, W. I. 1923, Anderson R. 2017), la tendenza cioè del ricercatore a influenzare più o meno consciamente l’indagine per confermare le proprie premesse.

La consapevolezza nasce dalla considerazione che sia possibile osservare il pensiero, offrendo quindi uno strumento ulteriore che aggiunge alle garanzie razionali del pensiero critico fondato sulla meta-cognizione, le garanzie sovra-razionali offerte dal pensiero consapevole.

La dis-identificazione consente il distacco dall’obbiettivo e quindi dai risultati della ricerca, il non attaccamento dalle proprie credenze e rinforza la comprensione che sia possibile agire “come se”.

Come se io non fossi i contenuti della mia percezione, le mie sensazioni, emozioni, bisogni, e desideri, i miei pensieri, giudizi, credenze, etc.

L’epistemologia classica si fonda sulla ragione e il pensiero critico, l’epistemologia transpersonale trascende e include senza negare la meta-cognizione fondandosi, potremmo dire, su esposizione, consapevolezza e disidentificazione.

Grazie ai tre pilastri citati il ricercatore o il professionista in genere, è in grado di fornire garanzie che sappia quello che sta facendo e che una volta dichiarati i suoi contenuti, concept e percept (Steiner, R.,) sia in grado di lasciarli in secondo piano e di non farsi guidare da questi.

La psicologia transpersonale offre una mappa epistemologica che definisce un Io, luogo di concept e percept e un Sé luogo dell’osservazione consapevole disidentificata, in grado di operare come se e di trascendere, pertanto, la dimensione cognitiva della ragione nella dimensione consapevole dell’insight, quella comprensione di nuovo ordine di cui parla Bohm. (Krishnamurti J., Bohm D.1986).

Oppure Steiner[2]

“Solo quando abbiamo reso il contenuto del mondo contenuto nel nostro contenuto pensiamo di riscoprire la connessione da cui ci siamo separati. Questo obiettivo è raggiunto solo quando i compiti della ricerca scientifica sono compresi molto più profondamente di quanto spesso avvenga “. (Steiner, R., 1995 p. 33).

Il quale prosegue:

“Ma per tutti coloro che hanno la capacità di osservare il pensiero – e, con buona volontà ogni essere umano normalmente costituito ha questa capacità – l’osservazione del pensiero è l’osservazione più importante che può essere fatta.” (Steiner, R., 1995 p. 20).

Così facendo chiunque può accorgersi che il pensiero:” è un tipo di attività che non è né soggettiva né oggettiva; va oltre entrambi questi concetti. ” (Steiner, R., 1995 p. 37).

E che le apparenze del materialismo riduzionista che lui chiama “naïve realism” sono superati attraverso la conoscenza della vera essenza del pensiero. “[3] (Steiner, R., 1995 p. 53).

 

Quali Mappe Cognitive?

La mappa cognitiva della scienza materialista è duale, lineare e esclusiva, comprende il piano razionale o il piano irrazionale. Cioè che può essere conosciuto e indagato secondo un metodo razionale è scientifico, ciò che esula è irrazionale e quindi anti-scientifico.

La mappa cognitiva dell’approccio transpersonale è ternaria, circolare e inclusiva. La conoscenza può essere ottenuta mediante modalità pre-razionali, pre-personali, istintive, mediante modalità razionali, personali oppure mediante modalità trans-personali, sovrarazionali, intuitive.

Potremmo aggiungere che l’Es sia il luogo dell’istinto, l’Io il luogo della ragione e il Sé il luogo dell’intuizione; esposizione, consapevolezza e dis-identificazione rappresentano gli strumenti cognitivi principali per il viaggio evolutivo – che si snoda sempre mediante trascendimento e inclusione, differenziazione e integrazione – della coscienza dall’istinto all’intuizione attraverso la ragione.

L’accesso alla dimensione della consapevolezza, della coscienza intuitiva e alle istanze sovrarazionali e transpersonali del Sé, che trascende e include senza negare ma “purificando” la dimensione istintiva e razionale tramite esposizione, consapevolezza e disidentificazione, forniscono garanzie di validità sperimentabili e verificabili da chiunque sappia e voglia seguire l’adeguato set di istruzioni.

 

In sintesi:

Per risolvere il problema della fallacia della soggettività, dell’ineffabilità della coscienza e dell’evanescenza dello spirito, la scienza psicologica ha delimitato il suo campo di indagine al comportamento e ha scelto l’approccio materialistico riduzionista delle scienze naturali:

  • Tutto è materia,
  • la coscienza è un fantasma da lasciare fuori dall’ambito di indagine scientifica,
  • la psiche è mente e risiede nel cervello,
  • la ragione è lo strumento,
  • la misurazione e la ripetibilità è il metodo.

 

Così facendo ha potuto sviluppare metodi efficaci per lo studio e il trattamento della psico-patologia e del comportamento.

L’approccio transpersonale ha come oggetto d’indagine il dialogo partecipativo, unitario e interconnesso tra soggetto e oggetto e suggerisce:

  • L’esperienza umana è un dialogo partecipativo tra oggettività e soggettività, esistono diversi stati di coscienza con i quali può essere indagato.
  • La coscienza ha una sua esistenza indipendente che può essere studiata ampliando i metodi di indagine.
  • La psiche non coincide con la mente e non risiede nel cervello
  • La consapevolezza e l’insight sono strumenti cognitivi che trascendono e includono la ragione e offrono garanzie nello studio della vera natura della psiche.
  • L’unità della scienza non è garantita: ” da un’utopica riduzione di tutte le scienze alla fisica e alla chimica ma da un’uniformità strutturale (regolarità di modelli dinamici) dei diversi livelli di realtà.”[4]

 

Strumenti

Così facendo propone strumenti e metodi per lo studio e la padronanza dell’esperienza interiore, degli stadi di coscienza, dello sviluppo delle potenzialità e delle qualità più elevate di ordine spirituale.

Considerando lavori come Emergenze spirituali (Grof S. e Grof C. 1993), o le opere di Walsh e Vaughan (Vaughan F. 1989, Walsh R., Vaughan F., Walsh R. 1999), tra gli altri, basterebbe per comprendere che l’approccio transpersonale è in grado di operare con competenza e affrontare problemi psicologici creati dal vasto mondo della ricerca spirituale, fornendo garanzie di validità. La psicologia transpersonale rappresenta una risposta efficace all’eccesso di pratiche pseudo-spirituali, poiché offre orientamenti psicologici, mappe e metodi che consentono di studiare e padroneggiare le dimensioni ineffabili della coscienza con la dovuta attenzione.

Ancora una volta, il problema non risiede nelle credenze metafisiche, ma in ciò che una persona fa di esse, vale a dire il sistema cognitivo usato per gestirle ed elaborarle. È possibile affrontare un’esperienza spirituale con un atteggiamento dogmatico, confessionale e fondamentalista o con un atteggiamento laico, disidentificato e consapevole. La psicologia transpersonale fornisce strumenti per il secondo tipo di approccio.

Un approccio che offre un ascolto non giudicante, mappe e strumenti, nomi da dare alle cose, per affrontare l’arduo viaggio psicologico in territori alle soglie del mistero e soprattutto competenze per un salto di coscienza che consenta di affrontare le esperienze ineffabili della Psyché che vada oltre una lettura letterale, verso un modo ulteriore, simbolico, dinamico, interconnesso, sinergico, archetipico.

La mappa cognitiva ternaria citata, unitamente all’epistemologia “come se”, agli strumenti della consapevolezza e della dis-identificazione, all’ampliamento della cartografia della psiche, alle esperienze pre-natali e transpersonali, consente di operare con la vasta fenomenologia citata integrandola nell’ambito della psicologia; l’accesso a stati di coscienza super-consci, transpersonali, transculturali consente l’accesso a strutture profonde, archetipiche della coscienza.

Le competenze così ottenute preservano, di conseguenza, i soggetti dell’esperienza dai rischi di un loro uso acritico, manipolatorio e dogmatico, arricchendo la psicologia di strumenti, ambiti di intervento e ricerca.

L’ontologia del come se, le mappe epistemologiche e la metodologia della consapevolezza consentono di affiancare strumenti tradizionali con modalità sovra-razionali, purificando la cosa attraverso un modo che fornisca garanzie di validità etica e metodologica.

Le mappe della psicologia transpersonale che considerano diversi stati di coscienza e diversi stadi evolutivi di pensiero forniscono alla psicologia strumenti per distinguere e tutelare da un uso improprio delle potenti tecnologie tradizionali di cura.

Così come un coltello può essere usato per ferire o per tagliare allo stesso modo l’eredità sciamanica o della filosofia perenne può venire impiegata secondo un pensiero magico-superstizioso per manipolare o danneggiare oppure, secondo un pensiero sovrarazionale e un’etica transpersonale, per favorire profondi e autentici processi di trasformazione interiore.

La dimestichezza dello psicologo transpersonale con stati e stadi della coscienza può costituire la risorsa necessaria per affrontare proprio quei rischi che la comunità psicologica teme come una minaccia alla propria identità.

Espandendo la propria giurisdizione e i propri metodi grazie agli apporti dell’epistemologia e della metodologia transpersonale la scienza psicologica del futuro potrebbe così porsi come punto di riferimento in grado di presidiare quelle aree dell’esperienza umana più autentiche di ordine spirituale.

Aree che esercitano e eserciteranno un potere di attrazione crescente e che sarebbe deleterio lasciare all’approssimazione new Age, al dogmatismo confessionale della religione o peggio agli oscuri intenti del fondamentalismo e dell’esoterismo.

 

Due parole sul metodo

L’invito che l’approccio transpersonale rivolge alla comunità scientifica si fonda su alcune attente riflessioni come la considerazione che i metodi evidence based siano nati in ambito medico per lo studio dell’efficacia della cura delle malattie in un contesto dove è chiaro che esiste una malattia oggettivabile e un metodo protocollabile di intervento dall’esterno.

Come già accadde per il metodo scientifico riduzionista –  che, visto il grande successo riscosso nello studio della materia venne riportato allo studio del vivente e per estensione a quello della psiche nel frattempo ridotta a mente e collocata nel cervello – anche il metodo evidence based data la sua estrema utilità nella valutazione dei trattamenti medici efficaci venne applicato, con la stessa indiscussa utilità, allo studio del comportamento.

L’ontologia e l’epistemologia transpersonale suggeriscono invece uno scenario più ampio non riconducibile al solo dato oggettivo, alla cura di sintomi e allo studio del comportamento; l’approccio transpersonale ha come oggetto d’indagine il dialogo partecipativo soggetto/oggetto, dove l’oggetto sintomo o comportamento non sono separabili dal soggetto vissuto interiore, dove l’oggetto corpo e l’oggetto mente non sono separabili dal soggetto coscienza, esperienza unitaria della psiche, dinamica e interconnessa.

Regolarità che non potranno coincidere tout court con le evidenze misurabili pretese dalla scienza del comportamento, ma con le quali potranno essere confrontate in un’ottica di rispetto reciproco e collaborazione sinergica.

In definitiva l’approccio transpersonale riconosce la necessità delle garanzie sperimentali, richieste dal metodo scientifico riduzionista, quando ci si limita allo studio del comportamento.

Allo stesso tempo, rivendica per lo studio dell’esperienza interiore, delle qualità più elevate dell’essere umano, della realizzazione del Sé e degli stati di coscienza, altri metodi e altre forme di garanzia come, ad esempio quelle epistemologiche ed esperienziali in prima persona.

 

Una Garanzia esperienziale

L’indagine esperienziale si avvale delle tecnologie millenarie sperimentate nei secoli dei ricercatori spirituali di tutte le latitudini e procede come segue:

 

  • Attraverso il laboratorio dell’esperienza personale, interiore di ordine integrale, secondo metodi dichiarati e validati vengono raggiunte comprensioni (insight) esposti in evidenza a chiunque voglia verificarle attraverso lo stesso procedimento esperienziale e quindi riconoscerne la verità o falsità delle sue conclusioni.
  • Generalmente, per continuare con Wilber (Wilber 2011 p. 369) tali conclusioni: “affermano che esistono più elevati domini della consapevolezza che abbracciano, amore, identità, realtà, Sé e verità.
  • Ma queste affermazioni non sono dogmatiche, non sono credute perché proclamate da un’autorità, sono conclusioni basate su centinaia di anni di introspezioni sperimentali e verifiche condivise.
  • False affermazioni sono rigettate sulla base di evidenze consensuali, e le evidenze successive sono usate per correggere e sintonizzare le conclusioni sperimentali.
  • Queste dimensioni spirituali, in altre parole, sono puramente scientifiche nel vero senso della parola, e le sistematiche presentazioni di tali dimensioni seguono precisamente quelle di qualsiasi scienza ricostruttiva.”

 

Ancora due parole sul metodo, cioè il tipo di pensiero con il quale tali verità vengono raggiunte.

 

Gli stati più elevati della coscienza che operano secondo modalità di pensiero sovra-razionale come il causale e il non duale possono essere spiegati in modo razionale da chi li ha vissuti in prima persona ma non possono essere esperimentati attraverso il pensiero razionale (prima attenzione).

Essi vengono raggiunti solo secondo una modalità trans-razionale, contemplativa (seconda attenzione) (Lattuada 2010, 2011, 2012).

Se ripensiamo alle accuse di elitarismo o di non scientificità, posiamo comprenderle, ma non per questo avvallarle. La comunità scientifica dovrebbe semplicemente accettare che esistano stati della coscienza e stadi di pensiero il cui accesso richiede precise procedure e le cui acquisizioni possono essere esposte e comprese da un linguaggio sovra e trans-razionale.

Vediamo come Wiber descrive le fasi di un processo di accesso ai regni psichico, sottile, causale e non duale che fornisca garanzie di validità. (Wilber 2011 p. 381)

 

  • Ingiunzione: “Se vuoi conoscere questo, fai questo”
  • Illuminazione (o insight): L’insight come abbiamo visto, dovrebbe essere considerato lo strumento adeguato al raggiungimento della vera natura della conoscenza, quella visione diretta delle cose come sono, quel lampo, che tutti noi abbiamo sperimentato, che ci svela il velo e rivela, appunto i dati nascosti oltre le apparenze.
  • Conferma o smentita condivisa: la condivisione in una comunità di pari delle proprie conclusioni

 

Conclusioni

Abbiamo cercato di risaltare la specificità dell’approccio transpersonale, caratterizzata dall’oggetto della sua indagine, il dialogo partecipativo tra l’individuo e il mondo scandito da un percorso evolutivo di graduale realizzazione del Sé fino a comprendere le dimensioni dell’esperienza interiore di ordine spirituale.  Abbiamo  esplorato le garanzie dell’approccio transpersonale, offrendo un quadro sintetico delle premesse ontologiche di riferimento, di alcune mappe e modelli  epistemologici centrati sull’osservazione consapevole, delle radici storiche che lo sostengono  e tracciato i contorni di una  metodologia esperienziale di validazione in grado di dialogare e integrarsi con i metodi della scienza del comportamento.

P.L. Lattuada MD., Psy. D., Ph. D

djirendra@gmail.com

www.integraltranspersonallife.com 

 www.pierluigilattuada.com

 

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[3] P.53

[4]  P.19Wilber SES

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

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    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

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    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Salva

  • Sorry, this entry is only available in Italiano.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

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