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by Jerry Diamanti

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Secondo la maggior parte dei fisici, l’universo ha avuto inizio con il Big Bang. Il termine fu coniato da Sir Fred Hoyle, un astrofisico che ha usato questo termine con derisione in uno dei suoi discorsi quando si riferì a una teoria in cui non credeva [1]. Nel 1931, il sacerdote cattolico Lemaître propose nella sua “hypothèse de l’atome primitif” (ipotesi dell’atomo primordiale) che l’universo abbia avuto inizio con l’ “esplosione dell “atomo primordiale” che in seguito divenne noto come la teoria del Big Bang [2, p. 19]. Mentre Aristotele sosteneva che l’universo aveva un passato infinito, filosofi ebrei e islamici medievali preferivano un modello creazionista coerente con le proprie tradizioni religiose che coinvolgono la creazione [3]. Per me il Big Bang sembra un modo rozzo per riferirsi al rapporto sessuale in cui non ci sono preliminari. E questo è davvero il modo in cui gli scienziati sembrano concepire l’universo, nessuno sembra chiedersi cosa sia avvenuto prima del Big Bang.

Di solito ci sono due modi accettati per saperne di più sul cosmo e sulla natura. Uno usa l’approccio  scientifico che cerca di capire l’universo e i suoi segreti dall’esterno usando il metodo scientifico. L’altro modo è quello che le persone hanno fatto per migliaia di anni, che è quello di prendere le loro domande sulla natura della natura nel profondo di sé stessi, sedersi e aspettare che Madre Natura dia loro un risposta. In India, queste persone erano conosciute come yogi, rishi o filosofi [4].

In questo articolo, suggerisco che vi è un altro modo; lo studio dell’embrione umano durante i primi 49 giorni della sua vita terrena. In passato questo era impossibile, almeno scientificamente, ma la tecnologia moderna e la collezione di embrioni come quelli delle Carnegie Stages [5], hanno reso un processo invisibile precedente , ora osservato scientificamente. Per avere un quadro più ampio, mi riferisco anche all’approccio morfologico comparativo usato da Van Der Wal [6]. Questo modo di fare scienza s‘ispira al metodo fenomenologico di Goethe, che ha sviluppato un modo per andare oltre il metodo newtoniano riduzionista [7] [8]. Guardando la giustapposizione di due oggetti isolati ma polari, si può iniziare a vedere “più dell’essenza delle parti separate”. Allo stesso tempo, si iniziano a scoprire “i fenomeni, che rimangono nascosti mentre ci si concentra su parti isolate … In altre parole si sviluppa un occhio per l’immagine totale “[6, 2]. Questo modo di vedere è noto come “percezione dinamica” [6, p. 3].

Nel processo di scoperta del Sé, sono discussi anche metodi di meditazione basati sul cuore. come maniera complementare per scoprire la nostra vera natura e la natura del Cosmo.

 

Embriogenesi

Nelle sezioni seguenti viene presentato brevemente lo sviluppo embrionale, compreso il processo di fertilizzazione, usando la prospettiva morfologica comparativa usata da van der Wal [6].

 

Ovulo e sperma

Quando si contemplano l’ovulo e lo sperma, la grandezza dell’ovulo diventa evidente solo quando la confrontiamo con le piccole dimensioni dello sperma. Allo stesso modo, l’ovulo è pieno di citoplasma, mentre lo sperma non ha praticamente alcun citoplasma. L’ovulo è quasi immobile, ma lo sperma è altamente attivo. Queste differenze sono intimamente collegate e attraverso questo modo di osservare, ci si rende conto che ogni elemento aggiunge una caratteristica unica che all’altro manca, e quindi insieme formano un’unità più completa. Questo approccio comparativo ci apre a una realtà più ampia e ci fa comprendere che al processo di fertilizzazione è inerente un gioco di opposti, un principio maschile e femminile, di natura polare ma complementare [6].

Fecondazione

Sappiamo dalla fecondazione in vitro, che la concezione di uno sperma che vince una gara non è corretta e che il processo richiede svariate centinaia di spermatozoi, che si formano in un cerchio intorno all’ovulo. Gli spermatozoi pongono le loro teste verso lo strato esterno protettivo dell’ovulo, che è noto come la corona, e questa nuova unità forma un complesso di attrazione che inizia a muoversi. Questo può essere paragonato a una danza d’amore cosmica tra opposti intrinseci. Alla fine uno spermatozoo viene lasciato entrare e l’ovulo ora sarà conosciuto come uno zigote, un organismo unicellulare. Qui un organismo è visto come un essere vivente, che poi inizia a differenziarsi e si organizza quindi in modi diversi. Questo è contrario al modo prevalente di pensare, che vede l’organismo come un essere costituito da parti separate il cui il tutto è la somma delle parti.

Per van der Wal:  È l’aspetto che cambia non l’essenza… Nel deserto dei tempi moderni è l’embrione che grida che l’interezza arriva  prima nella natura vivente … [Nell’embrione] c’è un  serie infinita di differenziazioni, una dopo l’altra nel corso del tempo, creando gli organi e  le diverse parti del corpo, non succede mai in modo opposto! [6, p. 37].

L’embrione passa attraverso varie fasi e diventa sempre più complesso. Un aumento di complessità, tuttavia, non implica un aumento di ciò che siamo, un essere vivente. Guardando l’organismo nel suo insieme, si possono usare molte lenti diverse nel tentativo di capirlo e di vedere come si differenzia nel tempo; praticamente tutte le scienze della vita contemplano questo argomento. Qui seguo van der Wal [6] sul come guarda allo sviluppo embrionale.

 

NeI processo di somatogenesi (formazione di un corpo) van der Wal [6] vede l’embrione passare attraverso quattro fasi, che ricordano i principali regni della natura: minerale, vegetale, animale e lui include una quarta fase, quella umana. Durante queste fasi la morfologia dell’embrione dell’essere umano diventa sempre più complessa. Tuttavia, come già detto, un aumento della complessità non implica un aumento in quello che siamo, cioè un essere vivente. Durante la progressione di ciascuna
fase, possono anche esservi leggeri cambiamenti nell’espressione nella forma
osservata, ciò suggerisce che l’intero processo è essenzialmente

 

  • La fase minerale: dopo il concepimento, l’organismo, ora conosciuto come uno zigote, si chiude formando un guscio protettivo esterno. Dal suo centro inizia a dividersi in segmenti in modo matematico, prima due, poi quattro, poi otto ecc. a cui talvolta viene applicato il termine “cleavage”.
    Queste particelle sono microscopiche e questa non è una normale crescita, in quanto l’organismo non aumenta di dimensioni, van der Wal lo vede come una reminiscenza della fase minerale, dove c’è una riproduzione di particelle in un ambiente chiuso. Queste particelle non sono mattoni ma “rappresentano un principio organizzativo” [6, p. 36].

A questo punto l’organismo è libero e fluttuante “dà l’impressione di essere come un’astronave fluttuante nelle tube di Falloppio e nell’utero senza avere alcun particolare scambio metabolico con il suo ambiente … [e anche se noi] stiamo avendo a che fare con un’entità vivente … questo mostra più e più segni di morte “[6, pp.35-36].

Per van der Wal è come se “non fosse ancora il tempo”.

Quale tempo? La durata della vita è così variabile e specifica per ciascun organismo “[6, 36].

È interessante notare che questa fase dura una settimana in tutti i mammiferi, indipendentemente dalla durata della gravidanza, che è di 21 giorni per il topo, 21 mesi per un elefante e 9 mesi per l’essere umano. La settimana in cui sta avvenendo la scissione (cleavage) non è contata nel numero di giorni o mesi della durata di una gravidanza, e quindi sembra certamente che sia fuori dal tempo. Come questa fase  avanza, si va formando un centro o un polo. La cavità interna si riempie del liquido prodotto dalla morte delle scissioni. Alcune delle parti segmentate si raggruppano vicino all’estremità basale dello zigote e ciò diventa noto come embrioblasto. Le altre celle, che sono raccolte attorno al muro periferico interno, sono indicate come trofoblasto. Questa struttura ora è nota come blastula e può anche essere considerata una dualità, perché ha un interno e un fuori. Van der Wal si riferisce al rivestimento interno come il corpo centrale e al rivestimento della cellula esterna come corpo periferico. In questa fase, se non viene introdotto alcun nuovo principio, l’organismo morirà, un chiaro esempio che non è l’aggiunta dello stesso prodotto a produrre crescita.

Modo di essere: la caratteristica principale della fase minerale può essere vista come quella in cui l’organismo segue le leggi della materia, della fisica e della meccanica [6, p. 31].

 

  • Fase vegetale: perché l’organismo cresca, una nuova fase deve accadere. Ciò comporta l’impianto, noto anche come annidamento. Questo è un processo in cui un embrione in via di sviluppo si muove come una blastocisti attraverso l’utero e poi fa contatto con la parete uterina dove rimane attaccato fino alla nascita [9]. Se leggiamo “questo gesto correttamente … [questo] rappresenta un’interruzione, una rivoluzione ” [6, pagina 36]. Durante questa nuova fase l’organismo raggiunge ed estende i suoi confini in profondità del grembo materno. Inoltre, producendo l’ormone di gravidanza, raggiunge la ghiandola pituitaria della madre, che facilita l’accettazione del suo nuovo organismo. Partendo dall’essere una “nave spaziale” tagliata fuori [6, p. 36], ora la periferia dell’organismo si espande tremendamente e va ben oltre i suoi confini fisici. L’organismo può essere visto come radicato, e, essenzialmente, vive nel suo corpo esterno, noto anche come ectocisti (uovo esterno). Nel frattempo, l’endocisti (uovo interno), che è il nucleo dell’embrione e che consiste nel disco germinale bilaminare fatto su ectoderma e endoderma, può essere visto come il centro attorno a cui tutto ruota. Van der Wal lo paragona al centro di una ruota attorno alla quale gira tutto. La caratteristica dell’organismo in questa fase può essere assimilata alla qualità di una pianta, perché anch’essa attecchisce e si estende ben oltre i suoi confini e anch’essa ha un centro attorno al quale ruota la vita ma non vi partecipa crescendo. Questo stadio di crescita può essere osservato durante la seconda settimana dell’organismo in via di differenziazione. Ancora una volta, tuttavia, “il più” di uno stesso prodotto non crea crescita. Quando ciò accade negli umani, è conosciuto come un “uovo di vento”, un embrione senza centro.

Modo di essere: la caratteristica principale di questa fase è la sua capacità di raggiungere e interagire con il suo ambiente attraverso il suo metabolismo. Esiste nel tempo ed è soggetto alle leggi di gravità ma si batte contro di esse [6, p.31].

 

  • Fase animale e umana: negli umani, l’organismo in via di sviluppo è generalmente noto come embrione fino all’ottava settimana e da lì in poi è indicato come feto [10]. Indipendentemente dal nome, alla fine della seconda o all’inizio del terza settimana, la cavità corionica contiene tessuti, che mediano, collegano e che creano anche spazio. Questo è il meso (-derma) che connette e media tra le due dimensioni per mezzo del gambo del corpo [6, p. 41]. Van der Wal scrive meso (-derma) in questo modo per dare attenzione al fatto che, in armonia con Blechschmidt, il termine mesoderma dà origine a una confusione nella percezione di come derma significhi limitare la pelle e il mesoderma non è una pelle o un bordo ma un “tessuto interno … con una terza dimensione” [6, p. 42]. Per van der Wal, il trofoblasto rappresenta anche l’embrione ma per molti altri embriologi, solo il disco germinale è considerato come embrione, questi, quindi, parlano dell’attività nel trofoblasto come “extra-embrionale”. Ora qualcosa di nuovo accade. All’inizio della terza settimana, la prima isola di sangue e i vasi sanguigni (capillari) hanno origine all’interno di questo meso (-derma) extra-embrionale. La formazione dei vasi sanguigni e il sangue sono la primissima differenziazione funzionale del meso (-derma).

Il sangue scorre quindi dalla periferia metabolica del trofoblasto o meso (-derma) extra-embrionale, al gambo del corpo, che è alla fine caudale del disco germinale. Procede quindi verso la fine craniale dell’embrione. Al punto centrale, che van der Wal chiama giunzione “centripeta” dei vasi sanguigni, “si ferma e poi scorre di nuovo alla periferia attraverso altri capillari. “Questo punto d’inversione, dove il flusso si ferma, gira, e assume un carattere ritmico, è la prima indicazione dell’origine del cuore “[6, p.44]. Questo, inoltre, è il primo vero centro nell’embrione perché è un vero e proprio centro anatomico invece che un semplice centro nello spazio attorno al quale tutto ruota. Va anche notato che “il movimento del flusso sanguigno è primario; l’emergenza del cuore è secondaria. Prima c’è flusso, e dove questo si ferma, la forma sorge “[6, p. 44]. Durante la precedente fase vegetale, la crescita era nella periferia con le radici che si estendevano verso l’esterno in spazio fisico. La fase animale è l’inversione di ciò e richiede la crescita verso l’interno. Un altro fattore di differenziazione è che la vita, fino alla fase animale, è vista al di fuori del disco germinale. Tuttavia, circa al diciassettesimo giorno, qualcosa di radicalmente diverso accade. Secondo Steiner, “mentre l’anima incarnante fino a questo punto era presente intorno al karnel fisico, l’individualità astrale dell’essere umano ora è incarnata nello stesso karnel fisico”[Steiner in 6, p.45]. Con questo, van der Wal afferma che l’anima umana ora “è un passo più vicino alla terra’, con il cuore che è l’organo di incarnazione! “[6, 45].

Questa è una fase vitale nello sviluppo: è creata l’interiorità che è in grado di reggere il confronto con l’esterno ed emanciparsi da essa. Uno stato diverso di coscienza sorge nell’animale. E’stato stabilito un  ambiente interno che conduce una vita indipendente dal suo ambiente circostante. È capace d  muoversi di propria iniziativa ed istituire una relazione con il suo ambiente. Questo spazio interiore non è solo somatico, ma anche psichico [6, p. 46].

Questo, in termini di gesto, è una realtà. Tuttavia, prima che avvenga una piena emancipazione in senso fisico, van der Wal ci ricorda che ancora molto deve accadere allo sviluppo embrionale. Prima il disco germinale piatto si trasforma in disco germinale trilaminare. Alla fine della terza settimana uno strato intermedio appare tra l’ectoderma e il endoderma, cioè il mesoderma intra-embrionale. Il meso più vicino all’ectoderma è chiamato meso parietale o somatico (- derm), lo strato più vicino all’endoderma è conosciuto come il meso viscerale o splancnico (-derm). Questo mesoderma ha fatto la sua strada nel disco germinale, crescendo verso l’interno, a partire dal solco primitivo. Ora è un’entità tridimensionale con “vero contenuto interiore” da cui sorge l’impulso alla formazione degli organi[6, 44].

La notocorda: la terza settimana certamente porta molti cambiamenti in direzione di crescita dello sviluppo dell’embrione, incluso, se Steiner è corretto, l’incarnazione dell’anima / spirito. Il giorno 17 (questo è anche lo stesso giorno in cui il cuore primordiale inizia a pulsare) anche la notocorda inizia a formarsi [11]. È questo che si dice abbia un effetto sulla formazione della placca neurale che inizia a formarsi il giorno 18/19, che a sua volta dà origine al tubo neurale e successivamente al sistema nervoso centrale  (SNC) e al cervello [4].

Delaminazione o piegatura: durante la terza, ma soprattutto nella quarta, settimana inizia quindi a verificarsi un processo che è conosciuto come piegatura o delaminazione. I lati dell’embrione, che fino ad ora è stato essenzialmente un disco piatto, ora si piegano l’uno verso l’altro. Allo stesso tempo c’è una piega longitudinale, che insieme trasforma l’ormai embrione tridimensionale nella forma di un cilindro. Il piegamento longitudinale si svolge verso il gambo del corpo, che abilita l’embrione in sviluppo ad essere ancora connesso alla placenta. Il cuore, nella parte superiore o craniale dell’embrione, inizia la sua discesa in direzione della parte superiore del torace, dove successivamente si piega ventralmente in tubi endocardinali nella regione toracica alla base del sacco vitellino [12]. Questo quindi consente al cervello primordiale di prendere il suo posto nella parte superiore craniale dell’embrione. La fine caudale aumenta anche ventralmente, che ora veramente dà origine al cordone ombelicale. Questo processo di curvatura dell’embrione crea un mondo interiore, che è essenzialmente tagliato fuori dal mondo esterno. È in questo mondo interiore che gli organi si sviluppano. Secondo van der Wal, tutto questo processo è una fase di crescita, che deve essere completata fisiologicamente alla nascita con il taglio del cordone ombelicale.

Modo di essere: la caratteristica principale della fase animale è che ha una natura innata e un corpo senziente. Può interagire anche con il suo ambiente spostando la sua forma esterna. Esso ha un’anima, esibisce una gamma di comportamenti complessi e possiede la percezione [6, p. 31].

 

  • Differenze tra esseri umani e animali: per van der Wal [6], questa non è la fine del processo poichè c’è un’altra fase che deve verificarsi e che differenzia l’umano dall’animale. Sebbene la scienza darwiniana consideri l’uomo come un’estensione dell’animale, secondo van der Wal l’embrione racconta una storia diversa. Questa fase di crescita comporta una messa a punto della nostra capacità di consapevolezza. Con la creazione di un mondo interiore ed uno esteriore, “il mondo esterno può essere percepito … La condizione per avere questa consapevolezza e questa percezione è la separazione “[6, 49]. Anche se ciò è condiviso con gli animali, l’essere umano ha una capacità aggiuntiva. Noi possiamo essere consapevoli di essere consapevoli; “la nuova direzione potrebbe essere descritta come trovare un punto di vista verso il nostro mondo interno” Qui van der Wal sta giocando con il termine “punto di vista” e ci invita a prenderlo alla lettera, perché la prossima fase è la posizione retta dell’embrione. “Possiamo sperimentare un centro dentro noi stessi che è consapevole del fatto che siamo esseri con l’autocoscienza “[6, 49]. Anche se gli esseri umani condividono la posizione eretta anche con i pinguini e i canguri, van der Wal parla di “un equilibrio della testa sul tronco che è quindi bilanciato sugli arti inferiori “[6, 49]. Ciò permette all’uomo di muoversi in un modo unico, che non è condiviso da altri animali il cui centro di gravità è al di fuori del loro corpo- e come tali, sono tirati verso l’ambiente e la terra. Siamo solo noi umani a possedere un centro di gravità che ci attira verso noi stessi.

L’impulso per erigersi inizia nella quarta settimana e si estende alla quinta, un impulso che inizia con l’allungamento del cervello e non solo “provoca le flessioni caratteristiche delle diverse parti del cervello, ” ma “la testa cresce cranialmente lontano dal tronco, il collo appare allo stesso tempo, e “il bacino” gira “caudalmente ‘via’ dal tronco che sta sotto, formando in questo modo la vita “[6, pagina 50]. Questo processo, secondo lui, è tipico dell’essere umano e può essere visto come il dispiegarsi dell’embrione precedente arricciato. Questo svolgersi porta anche la crescita delle estremità, lo stretching verso l’esterno delle braccia e delle mani e lo stretching verso l’interno dei piedi e dellegambe. Van der Wal suggerisce che il cervello e le estremità possono essere viste come la formazione di una polarità per cui dobbiamo arrivare a una posizione di equilibrio per mantenere una posizione eretta. Questo per lui è una delle caratteristiche dell’essere umano per cui la formazione anatomico-morfologica si riflette anche nell’organizzazione del nostro concetto di sé, “Io sono”.

Modo di essere: la caratteristica principale del fase umana è che il centro di gravità è dentro e questo consente agli umani di prendere coscienza del loro mondo interiore e sperimentate “un centro in noi stessi” [6, p. 49). Permette anche loro di venire a conoscenza della loro vera natura o Sé [4].

 

Approfondimenti ottenuti da questo approccio

Ho delineato l’approccio di van der Wal in dettaglio perchè, tramite esso possiamo cominciare ad apprezzare le forze dinamiche che stanno dietro lo sviluppo dell’embrione. Questo approccio suggerisce anche che ciascuna fase genera un modo diverso di essere nel mondo. Inoltre, ci aiuta a capire lo sviluppo del cuore in modo più dettagliato e ci apre a vedere il “cuore” come un sistema che inizia alla periferia attraverso il sangue. Il cuore è anche il precursore nel creare un mondo interiore, che condividiamo con gli animali. Abbiamo visto che quando la pulsazione inizia il giorno 17, la fase vegetale è chiaramente finita; invece per crescere verso l’alto come una pianta [4], il cuore raddoppia e inizia il suo percorso verso l’interno dell’organismo. Qui la pulsazione può essere vista come l’annuncio di una nuova fase. Se Steiner ha ragione, anche questo coincide con l’entrata dell’anima/spirito nel kernel fisico considerando il cuore come l’organo dell’incarnazione. Arka, [in 4] vede l’impulso creativo o il principio creativo dietro a tutta la materia che si incarna nella materia attraverso il cuore, perché, per lui, “La pulsazione è il sottostante principio fondamentale, è la proprietà di esistenza universale, esistenza cosmica ed esistenza locale ” [4, p. 87].

Anche i fisici quantistici sono giunti alla conclusione che la materia non è solida. Attraverso l’uso delle equazioni matematiche, anche loro vedono le particelle come dotate di pulsazione. Moltiplicando la massa della particella per il quadrato della velocità della luce, e quindi dividendo questo per la costante di Planck, si trova la sua
frequenza [13]. Da questo, Hoffmann suggerisce di avere “creato un’immagine di una particella con una percentuale definita di pulsazione”. Hoffman ci invita anche a concentrarci sulla pulsazione pura, che possiamo interpretare “come un battito cardiaco in bottiglia o come ad una pulsazione diffusa”[13]. Secondo Hoffmann, De Broglie
usò entrambe le interpretazioni contemporaneamente e quindi assunse che: una particella a riposo non solo possedeva un battito cardiaco localizzato ma questo era anche accompagnato da una pulsazione diffusa e per sempre al passo con esso, estendendolo a tutto l’universo. Questa pulsazione era come se fosse un’intero oceano che si alzava e si abbassava come su un vasto ascensore; non vi erano onde nel senso ordinario, solo un aumento e una caduta [13, p. 75].

Senza qui entrare nella discussione della relatività, sembra che De Broglie “la abbia fatto girare in tondo” chiudendo il cerchio, suggerendo che “la materia, che consiste di particelle, deve essere accompagnata da onde e quindi partecipare alla loro natura “[13, 80]. Invece di vedere le onde e le particelle come una dualità come ha fatto De Broglie [14], forse si possono vedere onde e particelle opposti complementari nel senso goetheano. Anche i fisici quantistici non indagano su cosa o chi provoca le onde? Arka [in 4] afferma che la pulsazione è il principio fondamentale alla base di tutta la materia, e quindi collega entrambe le particelle e le onde. Lindhard ispirata da Max Planck [15] nel cercare l’Assoluto, l’universalmente valido, l’invariante che è normalmente assente quando ci si concentra solo su relazioni relative, testabili. . . fa questo passo  ulteriore e suggerisce che tutta la materia ha origine ed esiste solo in virtù di una forza che porta tutte le particelle alla pulsazione; una mente cosciente che si esprime attraverso forme pulsanti in eterna evoluzione. [4, astratto].

 

Questo principio spirituale non è solo intangibile,  diventa infatti tangibile negli animali e nell’uomo attraverso il cuore pulsante.
La pulsazione è parte dell’ondata infinita della creazione la cui  funzione è manifestare e andare avanti [Arka in 4]. Come il tubo del cuore inizia a pulsare, nello stesso momento, si dice che l’anima discenda nella materia. Sembra che ci sia una relazione tra l’incarnazione dello spirito/anima e l’espressione primaria dell’onda di emanazione della creazione che si rivela attraverso la materia come pulsazione. Attraverso l’espressione del Sé come pulsazione, lo spirito/anima che s’incarna, il fondamentale impulso creativo dell’universo e l’entità che viene creata, appaiono in essenza per essere Uno [4, p. 90].

I tre in uno. A questo livello di analisi, diventa molto difficile separare la forza che crea, l’intelligenza dietro a questa forza, e il sé o l’anima. Il principio della non-dualità nella filosofia vedica si manifesta sempre più quando guardiamo alla creazione in questo modo.
Quindi la natura essenziale del Signore è una perpetua spanda (pulsazione creativa). Lui non è mai privo (di tale pulsazione). Alcuni ritengono che ciò sia la realtà più alta senza presenza di alcuna attività. Ma in questo caso se la Realtà più alta è priva di attività, tutto questo (cioè l’universo) sarà senza un Signore o una potenza creativa [16, p. 10].

Attraverso la scienza moderna siamo stati abituati a pensare alla “realtà fisica – la materia-  come onde di energia, un continuum energetico” [16] 2. Tuttavia, poichè la realtà fisica è considerata solo una parte della creazione, dobbiamo andare oltre ciò e alla superficiale percezione dei sensi per scoprire altre realtà o dimensioni [16].

 

Il paradosso della nostra esistenza

 

Queste intuizioni implicano che attraverso la pulsazione siamo la manifestazione dello spirito/anima incarnata. Tuttavia, il sistema “cuore” è l’unico organo nel corpo che inizia a svilupparsi fisicamente al di fuori del disco germinale stesso, e siamo collegati attraverso lo sviluppo del sangue a nostra madre e attraverso questo all’ambiente più ampio. Questo sembra indicare un affascinante paradosso del nostro essere e il ruolo del sistema “cuore” come sangue e come pulsazione che gioca nella nostra vita e nella nostra identità. Ovviamente, entrambi gli effetti influenzano e sono influenzati da noi stessi in molti livelli del nostro continuo sviluppo [4].

 

Il viaggio della scoperta del Sé

La fase verticale dell’embrione umano è collegata all’allungamento del cervello. Così come la maggior parte dei nostri organi di senso si trovano sul viso per operare nel mondo esterno, questa precoce formazione anatomico-morfologica potrebbe giocare un ruolo nella predilezione umana nel trovare la sede della coscienza nel cervello [4]. Tuttavia, come molte tradizioni di meditazione implicano, è solo nel ritirare i nostri sensi dal mondo esterno e contemplando il nostro mondo interiore che possiamo iniziare a scoprire la nostra vera natura o il Sé [17]. Per fare questo dobbiamo andare “sopra” la mente o “al di sotto” della mente ed i metodi basati sulla percezione dei sentimenti che vanno al di sotto della mente sono leggermente più facili [Arka in 4, p, 13]. I metodi basati sul cuore sono stati usati nel corso della storia; un metodo conosciuto come La Preghiera del Cuore fu usato dai Padri del Deserto e successivamente adottato dalla Chiesa ortodossa. Ma prima di ciò era già noto agli antichi egizi, agli ebrei e ad altre culture mediterranee, oltre ai sufi e alla tradizione tantrica in India. È anche vicino alle tradizioni che coinvolgono il Self-enquiry (atma-vichara) e allo Shivaismo Kashmiro. “È radicato in una comprensione della divinità dell’uomo e dell’umanità di Dio “[18, 35].

Srinivas Arka

Mentre la scienza occidentale è stata coinvolta anche tradizionalmente nella comprensione del mondo esterno a noi usando i nostri sensi, la scoperta della nostra vera natura richiede un metodo diverso e si basa su un’intuizione e guida, come è stato suggerito dalle varie tradizioni spirituali attraverso i secoli. Richiede anche che trascendiamo il nostro ego “[19, p 82] o che rielaboriamo l’evoluzione di tutto ciò che ci è successo [20, p. 29]. Il nucleo delle pratiche associate alla trascendenza dell’ego e alla contemplazione del Sé è “l’introspezione fenomenologica sperimentale” nel costrutto topologico del Sé[19. p 82]. Per Arka, il termine meditazione implica “una seria riflessione su  se stessi [che coinvolge] il processo di fare una profonda indagine nella profondità dell’anima sulla… [nostra] esistenza o come è stato creato l’Universo o le leggi che governano la materia vivente e non vivente [20, p. 29]. I metodi basati sul cuore indipendentemente dalla loro individuale peculiarità, implicano il collegamento con la mente sensibile del cuore piuttosto che con la mente pensante del cervello [20] [4]. E’ stato dimostrato che sono maggiori le informazioni che vengono inviate dal cuore al cervello che viceversa [21]. E’ stato scoperto che il cuore ha un sistema nervoso intrinseco a sé stante, contenente circa 40.000 neuroni chiamati neuriti sensoriali. Questa vasta e complessa rete neurale è stata qualificata come un cervello nel cuore o cuore-cervello [22-24] (Armor 1991; 2007; 2008). Questo permette al cuore di agire indipendentemente dal cervello, mandando e ricevendo messaggi significativi propri attraverso il sistema nervoso autonomo [4].

In un progetto di test pre-post, Lindhard ha dimostrato che i partecipanti che ricevono 13,5 ore di un metodo di meditazione basata sul cuore, conosciuta come meditazione intuitiva, aumentano la loro capacità di sentire in modo significativo, misurata da una scala conosciuta come la Scala di sensibilizzazione del sentimento [4] [25]. La scala include elementi come unità, pace, intuizione, positività, consapevolezza delle emozioni e connessione con il proprio Sé interiore, talvolta espressa come anima, essere interiore o atman [4, p. 184]. Nelle tradizioni che meditano sul Sé, l’indagine interiore conduce ad una vasta trasformazione nella persona che intraprende l’indagine. Il “Sanatana dharma”, la filosofia spirituale dell’India, suggerisce che esiste una forma perenne di guarigione, che consiste nella realizzazione della vera, immortale e senza limiti natura del Sé oltre l’ego “[Sri Nisargadatta Maharaj in 19, p. 81].

 

Il Sé

La nostra esplorazione dell’embriogenesi ci porta anche ad un diverso tipo di viaggio; un viaggio che inizia con una danza cosmica tra il principio maschile e quello femminile. Questo ballo si traduce nella manifestazione di un essere che si esprime come una forma che è prima sferica e, attraverso un processo di scissione, segmenti o particelle sorgono in progressione matematica dal centro della sfera. Dopo sette giorni, più dello stesso materiale non produrrà ulteriore crescita e l’organismo deve adattarsi ad un nuovo modo di essere che implica mettere radici ed estendere i suoi confini attraverso gli ormoni. La fine di questa fase vegetale è annunciata dalla pulsazione del cuore primordiale all’estremità craniale del disco germinale.

Questo è accompagnato dallo sviluppo delle notocorde che danno origine al sistema nervoso centrale e al cervello. Attraverso il cuore primordiale, si dice che l’anima entra nella materia. Come pulsazione potrebbe essere correlata alla forza creativa dietro ad ogni forma; locale, cosmico e universale; sembra proprio che questa forza creativa entri nella materia attraverso il cuore. Nel cercare l’assoluto dietro questa forza, sembra che potrebbe esserci una mente cosciente intelligente. È stato suggerito che questo, in sostanza, è il nostro vero Sé. Non è così importante come ciò si chiama; il Rigveda, il più antico di tutti i Veda, afferma: Ekam Sat-Viprah Bahudha Vadanti [Rigveda book 1, hymn 164]. “L’ Essere UNO, di cui i saggi parlano diversamente”. Questo Sé o la mente cosciente è al di fuori e al di là, ma è anche il nostro Sé interiore, quello che sta manifestando il suo Sé attraverso la pulsazione  nei nostri cuori. C’è solo un Essere di cui siamo (parte).

 

Conclusione

La relazione presentata qui non ha solo implicazioni cosmologiche, ma anche teologiche. Teologicamente consiste nel pensiero vedico espresso dalla tradizione Advaita. È anche coerente con le tradizioni che meditano sul cuore. Si dice che la Preghiera del Cuore permetta al praticante di andare oltre ai veli per scoprire la sua vera natura o il Sé [19]. In queste tradizioni il Sé è visto come manifestatosi attraverso la forma, ma è l’essere umano che può scoprire la sua vera natura e la natura del Universo [17]. Nella tradizione cristiana del Sacro Cuore di Gesù, il cuore di Gesù è un oggetto di profonda venerazione come lo è il sangue di Cristo. Qui il vino, in rappresentanza del sangue di Cristo, è fisicamente bevuto [26]. La nostra panoramica probabilmente fa un po’ di luce su queste credenze essendo che il sangue, il cuore come un organo e il Sé più profondo rappresentato da Gesù, potrebbero essere profondamente interconnessi. Per quanto riguarda la cosmologia, il processo di fecondazione dell’embrione suggerisce che la creazione dell’Universo potrebbe anche coinvolgere una danza cosmica composta da due principi polari. Infatti nell’Universo ogni qualità che possiamo pensare ha il suo opposto, per esempio il giorno non può esistere senza la notte, la luce non può esistere senza l’oscurità e una carica positiva non può esiste senza una carica negativa. Questo è coerente con filosofia cinese rappresentata dal simbolo yin yang. Il modello presentato è anche dinamico non solo in termini di morfologia, ma anche in termini di “modi di essere”, suggerendo che per ogni nuova fase di crescita, deve esserci un cambiamento nel modo precedente di essere. Anche se all’inizio di una fase, la crescita sembra implicare “un processo di graduale, pacifico e progressivo cambiamento o sviluppo “, sembra che un aumento quantitativo alla fine non sarà vantaggioso per l’organismo, e che dovrà cambiare il suo modo di essere se vuole continuare a crescere.

Quando cerchiamo il principio sottostante che collega le diverse fasi, scopriamo che la “pulsazione” è invisibile nelle particelle ma diventa tangibile attraverso il cuore. Traspare anche che la pulsazione potrebbe essere il nucleo sottostante, il principio e la proprietà di un’esistenza locale, dell’esistenza cosmica e dell’esistenza universale. In quanto tale, il cuore potrebbe essere visto come parte dell’onda infinita della creazione [Arka in 4, p. 112]. Anche questo ci incoraggia a guardare la somatogenesi non solo in termini di particelle, ma anche in termini di onde in cui la formazione del corpo può essere vista come un dispiegarsi in onde. Questo potrebbe portare un po ‘di luce sulla dualità delle particelle d’onda nella meccanica quantistica. Poiché lo sviluppo dell’universo potrebbe rispecchiare i principi coinvolti nel processo ontogenetico dell’embrione [4], i postulati discussi qui potrebbero applicarsi anche alla natura della Natura stessa. Questa prospettiva potrebbe presentare un nuovo modo di guardare il funzionamento dei sistemi biologici. Inoltre, questo approccio può essere un passo avanti nel trovare una teoria unificante non solo di somatogenesi ma anche dell’universo. Estendendo queste intuizioni alla natura, sembra che potrebbe essere un organismo, un Essere cosciente vivente, che si manifesta attraverso i diversi regni, ognuno con il suo corrispondente “modo di essere” o modalità di coscienza. Ciò che distingue la modalità di coscienza dell’essere umano da altri modi, è la loro capacità di conoscere i loro Sé essenziale, la loro vera natura come non-fisica ma potente entità cosciente, organismo o Essere che è il punto chiave di tutta la vita e la sta esprimendo attraverso diversi modi in tutte le varie forme che si trovano nella natura visibile.

 

Tina Lindhart

www.tinalindhard.org

 

RINGRAZIAMENTI
Sono molto grata alle svariate persone che mi hanno ispirato riguardo a questo argomento, in particolare al Dr. van der Wal di cui condivido le intuizioni riguardanti l’embriogenesi e il filosofo Srinivas Arka che mi ha aiutato a capire la natura della coscienza basata sul cuore. Voglio anche ringraziare Matteo Syphus per il suo attento controllo dell’articolo e per le sue intuizioni. Questo articolo si basa su una sezione del mio dottorato di tesi nel campo degli stadi di coscienza dell’Università di studi professionali, Hawaii.

 

 

Bibliografia

[1] J. Gregory. Fred Hoyle’s Universe, Oxford University Press 2005.

[2] Rupert W. Anderson. The Cosmic Compendium: The Big Bang & the Early Universe. Lulu.com 2005.

[3] Seymour W. Feldman. “Gersonides’ Proofs for the Creation of the Universe.” Proceedings of the American Academy for Jewish Research, Vol. 35: 113–137 1967.

[4] Tina Lindhard.. “Unlocking the secrets of the heart through meditating on the Self”. PhD diss., University of Professional Studies (2016). doi:10.13140/RG.2.2.16952.96008

[5] M. A. Hill, “Carnegie Stages” 2016. Retrieved from https://embryology.med.unsw.edu.au/embryology/index.php/Carnegie_Stages

[6] J. C.. van der Wal, Dynamic Morphology and Embryology, In Foundations of Anthroposophical Medicine, edited by Guus van der Bie and Machteld Huber, 87–161. Edinburgh: Floris Books 2003. ISBN 0-86315-417-4 (Revised version Jan. 2014, 1-53) Retrieved from http://www.embryo.nl/upload/documents/artikelenembryosofie/Dynamic%20Morphology%20and%20Embryology%202014%20A4%20EN%20chapter.pdf

[7] J. W. von Goethe, Theory of Colours, trans. Charles Lock Eastlake, Cambridge, MA: MIT Press 1982 (original 1810).

[8] Zajonc, A.G. “Goethe’s theory of color and scientific intuition.”American Journal of Physics, 44: 327–33, 1976.

[9] Justin M. Wolter. The Process of Implantation of Embryos in Primates. Embryo Project Encyclopedia, 2013. ISSN: 1940-5030 http://embryo.asu.edu/handle/10776/4935.

[10] G. C. Schoenwolf, S. B. Bleyl, P. R. Brauer, & P. H. Francis-West. Larsen’s human embryology. (5th ed.). Philadelphia: Elsevier Saunders 2015

[11] J. T. Richtsmeier. Development of the heart 1999.

https://www.google.es/search?client=safari&rls=en&q=Richtsmeier,+J.T.+(1999).+Development+of+the+Heart.&ie=UTF-8&oe=UTF8&gfe_rd=cr&ei=9cpuV5DNKcnW8gfK2qiAAg

[12] G. Moscoso. Early embryonic development of the brain. In Fetal and neonatal neurology and neurosurgery, edited by M. I. Levene, & F. A. Chervenak, 13–21. Atlanta, GA: Elsevier Health Sciences 2009.

[13] B. Hoffmann. The strange story of quantum physics. New York: Dover Publications, Inc. 1959.

[14] L. de Broglie. “Interpretation of quantum mechanics by the double solution theory.” Annals de la Fondation Louis de Broglie 12, no.4. http://aflb.ensmp.fr/AFLB-classiques/aflb124p001.pdf

[15] M. Planck. Scientific autobiography and other papers. New York: Philosophical Library 1947.

[16] J. Singh. The yoga of vibration and divine pulsation. A translation of the Spanda Karikas with Ksemaraja´s Commentary, the Spanda Nirnaya. (Suny Series in Tant). Albany, NY: State University of New York Press

[17] S. Arka. Adventures of Self discovery: The journey from mind to heart to consciousness. Surrey, UK: Antony Rowe 2006.

[18] O. Louchakova. Essence of the Prayer of the Heart. In Gasping for air in a vacuum, edited by L. Lozowich, 35–50. Prescott. AZ: Holm Press 2004

[19] O. Louchakova. “Spiritual heart and direct knowing in the Prayer of the Heart.” Existential Analysis, 18(1), 81–102, 2007.

[20] S. Arka. Arka Dhyana Intuitive Meditation. An enlightening journey into your inner realms initiated by your breath, sound and touch. Middlesex, UK: Coppersun Books 2013.

[21] R. McCraty. “The coherent heart-brain interactions, psycho physiological coherence, and the emergence of system-wide order.” A Transdisciplinary Transcultural Journal, 5(2), 11–114, 2009.

[22] J. A. Armour. Anatomy and function of the intrathoracic neurons regulating the mammalian heart. In Reflex control of the circulation edited by I. H. Zucker & J. P.Gilmore, 1–37. Boca Raton: CRC Press 1991

[23] J. A. Armour, J. A. “Potential clinical relevance of the ‘little brain’ on the mammalian heart.” Experimental Physiology, 93(2), 165–176, 2008.

[24] J. A. Armour, J. A. “Potential clinical relevance of the ‘little brain’ on the mammalian heart.” Experimental Physiology, 93(2), 165–176, 2008.

[25] Tina Lindhard. “Experiencing peace through heart-based meditation on the Self.” The Open Psychology Journal, 10(1): 27–40, 2017. doi: 10.2174/1874350101710010027

[26] J. T. Richtsmeier. Development of the heart 1999.

https://www.google.es/search?client=safari&rls=en&q=Richtsmeier,+J. T.+(1999).+Development+of+the+Heart.&ie=UTF- 8&oe=UTF8&gfe_rd=cr&ei=9cpuV5DNKcnW8gfK2qiAAg

(PDF) Cosmology, Embryology and the Journey of…. Available from: https://www.researchgate.net/publication/322319088_Cosmology_Embryology_and_the_Journey_of_Self-Discovery [accessed Aug 16 2018].

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    Sorry, this entry is only available in Italiano.

  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

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    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

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