by Jerry Diamanti
Share
by Jerry Diamanti
Share
Placement
« Concepirsi nel presente
Toccare lo spazio eterno
Infinito dell’attimo »
Ursula Stricker
Chi è Ursula
Nasce a Berna, Svizzera – disegna e danza dalla prima infanzia. E’ artista interdisciplinare: parallelamente alla danza, alla scrittura, alle performance multimediali e all’insegnamento del Placement, prosegue nella creazione in arti visive e figurative ispirate dalla natura, dalla danza, dalla consapevolezza del corpo e dalla meditazione. Ha fondato e diretto il centro “Etage” a Berna (1991 – 2015).
Facilita, come insegnate ospite, seminari di Placement e Danza in Italia, Inghilterra, Belgio. Insegna il suo approcchio Placement da 20 anni in Italia (Tuscania, Torino, Genova, Imperia.
Vive, lavora e crea a Berna e all’estero. Il suo libro “Ideokinesi” – Un approccio creativo al movimento umano e all’allineamento posturale“ sarà presto pubblicato da “Epsylon Editrice”, Roma.
La partecipazione a un ciclo di seminari intensivi a Genova, dedicati al “Placement, Ideokinesi, danza libera e Processo Creativo” e aver avuto l’occasione di conoscerla personalmente, condividendo con lei e con gli altri partecipanti dei workshop momenti intensi e profondi, ha stimolato in noi la curiosa necessità di approfondire gli spunti di riflessione forniti e le basi di partenza a cui si ispira il suo lavoro.
Sembra che al giorno d’oggi non siamo più abituati a concederci tempo sufficiente e qualitativo per il riposo. Che cos’è il Placement e come questa idea ci può insegnare nuovamente a riconquistare un nuovo spazio di consapevolezza ?
Il Placement è un approccio olistico, creativo, meditativo al corpo cosciente, al riequilibrio posturale, al movimento e all’allineamento-centratura di corpo-mente-cuore-spirito. Il Placement è un invito a rallentare, a fermarsi, a sviluppare consapevolezza e a «fare stazione» dentro di sé (da sé).
Placement è un sentiero di sperimentazione che ci esorta all’incontro, a conoscere il corpo come strumento di movimento e come veicolo di consapevolezza per essere presenti nella nostra vita. Il corpo è prezioso: è la nostra terra. Attraverso il percorso del Placement sviluppiamo un rapporto accurato e attento con il corpo per trovare più equilibrio, per guarire e creare un corpo della pace. Con l’approccio meditativo del Placement arriviamo nel corpo, entriamo nel tempo del corpo e cominciamo a conoscere e a rispettare le leggi della natura, dell’anatomia dentro di noi, soprattutto delle ossa, dello scheletro che abbraccia e porta il peso del corpo. Iniziamo a metterci in ordine. Collaboriamo con la gravità e ci lasciamo portare, abbracciati dal suolo, della terra. Appoggiamo e diamo il peso del corpo alla struttura scheletrica e liberiamo i muscoli trattenuti per fluire nel movimento. Liberiamo i movimenti quotidiani come camminare, stare in piedi, seduti, distesi nel riposo, come nella danza. Il movimento diventa fluido, armonioso, naturale, semplice, efficace e troviamo un’altra qualità di vita nell’essere presenti, rilassati e «a casa» nel corpo, da un momento all’altro. Ci riconnettiamo con il corpo come tempio dell’anima e come portale per evolvere nella consapevolezza.
Come artista interdisciplinare e danzatrice ho sviluppato l’approccio del Placement come sentiero di esperienza negli anni Novanta. Il Placement si basa sul concetto e sulla filosofia dell’Ideokinesi (« Il corpo pensante » 1937, Mabel E. Todd/ André Bernard, New York). Da più di 30 anni insegno e condivido il Placement in Svizzera, a Berna, in Italia (Tuscania, Genova, Torino), in Inghilterra e in Belgio, accompagno a sviluppare un allineamento posturale equilibrato e accurato e a conoscere la forza della nostra struttura scheletrica.
Alla ricerca della danza libera e del mio percorso come artista interdisciplinare, nel 1981 mi avventurai da Berna a New York. Nella vibrante megalopoli mi muovevo quasi senza sosta, entusiasta e affamata di nuovi impulsi nella giungla di scuole, culture e tecniche di danza. Ho studiato danza moderna alla Merce Cunningham School, la tecnica Limon, improvvisazione, danza jazz. Il mio corpo diventava a vista d’occhio sempre più teso, sconvolto, irrigidito e dolorante. Come danzatrice avevo bisogno di orientamento e di poter scoprire me stessa e il mio corpo come strumento di movimento: di sentirlo, percepirlo e capirlo. Nell’ autunno 1981 incontrai André Bernard e l’Ideokinesi in un workshop alla New York University dove André Bernard era professore di Ideokinesi. Dopo un’introduzione alle leggi anatomiche del corpo, André Bernard ci invitò a fare l’esperienza del « riposo costruttivo ». Riposando a terra, orientata e accompagnata, mi rilassai e mi « ri-ordinai ». Feci l’esperienza di un sentimento di tranquillità profonda, di forza e spazio interiore e di chiarezza. Quando dopo il workshop mi trovai fuori per strada, radicata nei miei piedi, mi sentii infinitamente libera, leggera e chiara. Era come se avessi ritrovato casa – in mezzo alla città pulsante di New York. Felice e commossa dall’incontro con André Bernard e l’Ideokinesi, continuai a studiare e ad organizzare seminari con lui per 20 anni, anche nel mio studio “Etage – spazio per movimento, espressione e silenzio”. Nel corso degli anni ho scoperto il corpo come maestro interiore e mi sono liberata sempre di più dalle tecniche che durante gli anni di studi si erano sovrapposte su un corpo che non conoscevo. Energie imprigionate si liberarono, e si manifestarono anche come forza creativa liberata nella mia vita, nella danza libera, nell’insegnamento del Placement e nel campo delle arti contemplative. Basandomi sull’Ideokinesi, sviluppai attraverso la meditazione e altri metodi di consapevolezza del corpo, un mio metodo: nacque il Placement e continua sempre a rinascere e a crescere attraverso l’insegnamento di questo approccio creativo, meditativo praticato nella vita quotidiana.
Quali sono i principi essenziali delle idee di Mabel Todd e André Bernard che ti hanno ispirata nella creazione di questa disciplina?
L’Ideochinesi fu sviluppata negli anni 20 del secolo scorso da Mabel Ellsworth Todd «il corpo pensante », 1937, per poter cambiare e migliorare gli schemi neuromuscolari della postura e dei movimenti. La parola Ideokinesi è composta dai termini greci « ideo » (idea, immagine, pensiero) e kinesi (movimento) e rappresenta uno dei più antichi metodi di ricerca corpo-mente essendo il suo approccio unico tanto scientifico quanto creativo. Tutt’oggi la filosofia e il metodo dell’Ideokinesi sono singolari: si basano infatti sulla forza dell’immaginazione che può riequilibrare la postura e far scorrere i movimenti. Per me il « Riposo Costruttivo » è il cuore dell’Ideokinesi: si pratica in posizione distesa e tramite l’immaginazione e l’aiuto del tocco viene stimolato un nuovo equilibrio.
Abbiamo veramente apprezzato l’idea che ci arriva dall’unione delle due parole che hai usato per definire il “Riposo Costruttivo”…
« Si anche per me è l’unione di due parole molto belle e profonde. Innanzitutto vorrei dire che il « Riposo Costruttivo » è una pratica che è stato creata da Mabel E. Todd. Nella posizione distesa sul suolo con le gambe piegate e con i piedi appoggiati sul suolo (le gambe tenute insieme con una sciarpa) non troviamo solo un elevato rilassamento profondo su vari livelli ma nello stesso momento emerge anche una rieducazione dello schema della postura verso un nuovo allineamento e riequilibrio . Utilizziamo la visualizzazione di immagini che si basano sulle legge dell’anatomia del corpo. Immaginiamo mentre avviene il rilassamento e, mentre doniamo il peso del corpo al suolo, lasciamo cadere il peso del corpo al suolo cambia il messaggio che va dal sistema nervoso al sistema muscolo- scheletrico. Nel « Riposo Costruttivo » vi è una grande opportunità di cambiare e di rilassare i muscoli trattenuti e nello stesso tempo possiamo attivare i muscoli che non lavorano ancora abbastanza. Il nuovo riequilibrio posturale offre inoltre una nuova qualità di movimento: fluida, sana e libera anche nella verticalità e nei movimenti nello spazio., pronta ad esprimersi nella danza di ogni giorno!
Provo una grande gratitudine per aver potuto incontrare e studiare per tanto tempo con André Bernard che mi ha insegnato e trasmesso il grande dono del « Riposo Costruttivo » insieme all’ Ideokinesi.
Nel tuo libro Figurinen racconti dei tuoi viaggi in treno dalla campagna alla città, in cui avevi notato sul vagone un’insegna con le parole «fermata a richiesta».
Si, un invito a rallentare, a fermarsi, a non muovere, ad andare in viaggio interiormente. Fare stazione dentro di sé mi sembra molto importante e forse urgente. Nelle nostre vite così rapide, piene, frenetiche, turbolente e volatili. « Il fermarsi », la meditazione in un buon allineamento del corpo-mente-spirito (portamento, comportamento, atteggiamento), è per me la base, il « suolo », la terra per tutti i miei campi d’arte; pratiche d’arte come il Placement, la Danza creativa-contemplativa, disegnare, scrivere, la Calligrafia Giapponese, il Processo Creativo nelle arti visive e la creazione delle « Figurinen », (piccole sculture, miniature, create, costruite dagli elementi, frammenti della natura) la creazione di spazi contemplativi, installazioni, mostre. E alla fine poter sviluppare un comportamento-atteggiamento meditativo, accurato, una presenza naturale che serve come base per tutte le pratiche d’arte ma anche per tutte le attività e compiti nella vita quotidiana.
Raccontaci di più rispetto al concetto di Dancing Silence: l’osservazione del silenzio, il ruolo della natura, le ispirazioni che da essa scaturiscono, le emozioni che emergono. C’è un luogo particolare dell’anima a cui sei particolarmente affezionata, uno spazio del cuore in cui ti tuffi mentre danzi, riposi o crei sculture?
Per entrare nel Processo Creativo meditativo per dare vita alle Figurinen, quando sono nel mio studio, mi preparo riconnettendomi con il corpo, con il respiro, equilibrandomi e andando a contattare il suolo, la terra, la gravità ; mi rimetto « in ordine » attraverso il movimento del Placement. E dal suolo mi trasferisco direttamente nella posizione per la meditazione da seduta. Poi da qui vicino al cuore, in contatto con il mio essere nel senso più grande, inizio in modo tranquillo, consapevole e forse anche in una situazione di silenzio interiore ad avvicinarmi al suolo o al tavolo con i frammenti, materiali trovati in natura: percepire, guardare, ascoltare, farsi stupire, toccare, osservare, studiare i frammenti della natura, i doni della natura. E da qui si può aprire un portale in cui mi sento connessa, allineata, ispirata per lasciar emergere il Processo Creativo con gli elementi della natura: una radice, una conchiglia, una pietra, del rame, una piuma, piccoli sassi ….trovati durante passeggiate nel bosco, in montagna, in spiaggia in Italia. Nel corso del tempo ho anche ricevuto numerosi oggetti naturali dalle/dagli amiche/i che contribuiscono al processo delle Figurinen con con reperti provenienti da tanti paesi nel mondo.
Prima del Processo Creativo normalmente non ho un’idea o una immagine chiara di quello che deve succedere o diventare (coming into being). Ma la natura con le sue espressioni, movimenti, danze e manifestazioni creative è sempre un’ispirazione senza limiti. Nel Processo Creativo con i frammenti e con gli elementi della natura provo a stare attenta e presente con quello che c’è, che si mostra e che vuole emergere… anche nel processo del toccare, prendere gli oggetti nelle mie mani, del sentire, del pulire e poi di congiungere, riunire e integrare frammenti, elementi diversi già lavorati, preparati dalla natura attraverso l’acqua, il vento, il fuoco, la terra… Il Processo Creativo con le Figurinen contiene soprattutto una sfida che è quello di riunire frammenti, elementi diversi da mettere insieme, costruire in modo da rialzarle (Aufrichten, Aufrichtung) e consolidarle nell’asse verticale, nell’asse, così che la piccola scultura trovi il suo nuovo equilibrio come nuova entità, opera che sta nella sua forza e bellezza, un essere rinato. Il processo meditativo con le Figurinen assomiglia al processo, corso d’esperienza del Placement, nel riunire frammenti che a volte siamo nelle nostre veloci vite, fuggitivi, fuori dal contatto con noi stessi e dal nostro corpo. Il sentiero del Placement del ri-metterci in ordine, del guarire, del riunire le diverse parti del corpo intorno all’asse centrale che ci connette tra la terra e il cielo, equilibrandoci intorno all’asse e trovando un nuovo equilibro corpo-mente-cuore-anima-spirito. – Le Figurinen nascono nella e della Danza del Silenzio.
Sperimentando su noi stesse alcuni esercizi che hai proposto durante i seminari ci siamo rese conto di quanto sia importante la presenza e un tocco consapevole dell’altro, che ci aiuta a percepire il nostro corpo, ritrovando allineamenti e posture che spesso dimentichiamo. Come entrare nella giusta e rispettosa connessione dello spazio e del corpo degli altri?
Nel sentiero del Placement l’arte del tocco viene insegnata e sviluppata lentamente nel corso del tempo attraverso il saper dare un tocco accurato, rispettoso per noi stessi, nel ricevere un tocco accurato di qualità e infine nel dare un tocco chiaro, leggero, fine ; per esempio nel « Riposo Costruttivo » a un partner. Il tocco delicato è un mezzo prezioso che può accompagnare, svegliare e aiutare anche ad approfondire l’insegnamento e la pratica delle immagini che si basano sulle legge della natura, dell’anatomia. Col tocco diamo all’immagine un luogo di appartenenza e anche una direzione. Per esempio in posizione eretta stiamo dietro la o il partner e posiamo le nostre mani con un tocco leggero sulle scapole sul dorso della nostra compagna o compagno. Lasciamo le due mani posate leggermente, – senza peso – ma piene di attenzione e presenza mentre la partner immagina che le due scapole viaggino, scivolino, fluiscano verso gli ischi del bacino, per continuare il viaggio poi verso i talloni. Possiamo stimolare una zona specifica del corpo con un tocco consapevole e con un ritmo adeguato, per poter svegliare il sistema nervoso e quindi stimolarlo attraverso un’immagine che si base sull’anatomia che servirà a riequilibrare la nostra postura, il nostro schema posturale individuale, liberando energie trattenute e dense. Le energie liberate attraverso la nostra persona servono alla creazione di una vita creativa contemplativa e armoniosa. Il tocco per me è un’espressione umana naturale molto bella che porta l’essere umano ad entrare in contatto con se stesso e con gli altri…ci connette tutti. Toccare ed essere toccati… Berühren und berührt werden…. Per lasciare e liberare tensioni nel bacino e nelle gambe possiamo, per esempio, dare uno strofinamento continuo sui due lati del bacino, sulla zona dei trocanteri e immaginare lo sciogliersi dei lati del bacino. I lati si sciolgono come cera liquida… Questo movimento-tocco-aiuto tattile comincerà a liberare anche il camminare.
Per me « Placement e Danza Libera » è soprattutto un invito ad incontrare noi stessi e il processo di riconnettersi all’amore, alla sapienza e al mistero, alla creatività e alla bellezza che è dentro e dietro alla creazione di noi essere umani e di tutti gli esseri viventi. Attraverso l’approccio creativo-meditativo del Placement sviluppiamo consapevolezza, sapere, rispetto e soprattutto gratitudine verso il più grande sapere e… coesione, coerenza, relazione con il « Più Grande ». E chissà…, forse cominceremo umilmente ad inchinarci…
In questi tempi così particolari e pieni di sfide e opportunità per cambiare e trasformare sembra urgente il bisogno di svegliarci, di sviluppare un nuovo rapporto consapevole, sano, rispettoso e armonioso con noi stessi, con la natura e con tutti gli esseri su questo pianeta. E per essere una cellula sana, per essere a servizio, per essere un contribuito in questi tempi di domande, di crisi, cambiamenti e trasformazione, possiamo iniziare con noi stessi, da noi stessi, metterci “in ordine”, prendendoci cura di noi e degli altri e risvegliando il « corpo pensante ».
Dall’esplorazione del paesaggio interiore ed esterno, passando per i sentieri della costante trasformazione, in un flow creativo che permette di trovare la propria strada… C’è una performance a cui sei particolarmente legata, che vorresti raccontarci dal tuo punto di vista di performer nel senso più ampio del termine a noi fruitori?
Già dall’infanzia sono stata ispirata della natura e mi sono interessata alla nostra natura e al paesaggio interiore del nostro essere. Attraverso il danzare, il disegnare e lo scrivere ho fatto ricerche, esplorazioni intuitive con avventure profonde; tutti questi modi di esprimermi sono diventati i miei « rifugi creativi » e veicoli per esprimere, comunicare, trasportare e soprattutto per condividere messaggi e domande vicini al cuore e allo spirito. Nella performance di danza multimediale « Berna – New York », e in « Gesamtkunstwerk », (1990 – 92, Tournée in Svizzera, in collaborazione con il musicista Svizzero Adrian Coburg) vi erano già i temi dell’incontro con se stessi come base per l’incontro con l’altro in un tempo di velocità, turbolenze, acceleramento continuo a New York che infine porta ad uno stop, dove tutto si ferma e diventa caos da cui si costruiscono le nuove fondamenta ed emerge una nuova esistenza che, in contatto con se stessa, scopre spazio, ampiezza, silenzio, si colma di felicità e di abbondanza. Anche con le Figurinen, le piccole sculture in miniatura, creo delle installazioni e degli spazi contemplativi. É un invito a sensibilizzarsi e a riconnettersi con la natura che siamo, sviluppando rispetto, attenzione, e cura verso la natura, creando così un nuovo equilibrio.
Osservando le “Figurinen” non abbiamo potuto fare a meno di notare alcune connessioni archetipe, che richiamano geometrie, rappresentazioni rupestri, forme ancestrali, divinità legate a culti lontani e connessi alla terra. Quali sono per te le “muse ispiratrici” nel tuo lavoro artistico?
Una delle “muse ispiratrici” nel mio lavoro artistico è la natura con i suoi miracoli, la sua forza, la bellezza e i passeggiati nel bosco; incamminarmi lungo il fiume, sedermi su una roccia vicino al fiume, camminare nei paesaggio di montagna e di mari.
Altre “muse ispiratrici” sono l’amore, il silenzio, la meditazione, lo spazio, la pratica della « East Asian Calligraphy », la vita quotidiana con il canto degli uccelli, il cielo, l’incontro e lo scambio con amiche, amici di culture e lingue diverse, anche la danza, la poesia, l’arte visiva, la lettura di libri, testi spirituali… – Riguardo alla creazione delle Figurinen sento che il sacro, le divinità, la bellezza, la danza del silenzio vive già nella natura, è già innato e presente anche in un frammento, elemento, oggetto trovato in essa, in un ramo, in una radice o in una conchiglia. Sul sentiero della consapevolezza e attraverso la sensibilità, l’ascolto, il respiro, il tocco, il gioco e l’attenzione i frammenti si mostrano nella loro bellezza, nella loro danza e si riuniscono e s’innalzano nella verticalità e rinascono in un nuovo essere che trova un nuovo equilibrio.
Fermata a richiesta
«Nei miei viaggi in treno dalla campagna alla città notavo sul vagone un’insegna con le parole «fermata a richiesta»: su alcune linee ferroviarie i viaggiatori hanno la possibilità, premendo un pulsante, di far fermare il treno per poter scendere alla stazione richiesta.
«Fermata a richiesta», indicata nel frattempo con una segnaletica rossa e annunciata tramite l’altoparlante, mi si è impressa nella mente e spesso mi ha emozionata. È sorto in me il pensiero: «fermarsi, soffermarsi», e la “richiesta di fermata”. Un desiderio, una nostalgia, una necessità profonda di fermarsi, soffermarsi e …far stazione dentro di sé. Una richiesta di tranquillità, spazio, amore, pace e silenzio.
Ma anche una richiesta di sostegno interiore, di essere sorretti, di senso, di felicità e di orientamento dentro di sé, nella vita e nel mondo.
Come artista e insegnante di Placement ricerco e tocco gli ampi spazi dell’anima umana e vi invito ad accompagnarmi. »
di Gaia Dunya Rai e Nadeshwari Joythimayananda
Ursula Stricker
www.ursulastricker.ch
STAY IN THE LOOP
Subscribe to our free newsletter.
- Una pratica che incontra oriente e occidente
Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.
Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.
Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.
Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.
Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.
GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA
Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.
Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).
Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.
Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.
LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA
Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.
Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.
Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.
ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO
Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.
E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)
Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.
Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.
La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.
LA MAPPA DELLA COSCIENZA
La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.
Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.
Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.
Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.
Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.
UN PRINCIPIO FONDAMENTALE
Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.
E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.
Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.
Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”
Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.
Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.
Claudia Panico
claudia@claudiapanico.com
- Una pratica che incontra oriente e occidente
Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.
Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.
Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.
Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.
Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.
GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA
Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.
Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).
Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.
Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.
LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA
Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.
Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.
Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.
ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO
Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.
E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)
Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.
Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.
La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.
LA MAPPA DELLA COSCIENZA
La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.
Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.
Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.
Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.
Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.
UN PRINCIPIO FONDAMENTALE
Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.
E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.
Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.
Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”
Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.
Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.
Claudia Panico
claudia@claudiapanico.com
- Una pratica che incontra oriente e occidente
Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.
Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.
Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.
Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.
Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.
GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA
Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.
Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).
Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.
Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.
LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA
Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.
Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.
Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.
ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO
Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.
E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)
Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.
Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.
La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.
LA MAPPA DELLA COSCIENZA
La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.
Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.
Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.
Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.
Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.
UN PRINCIPIO FONDAMENTALE
Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.
E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.
Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.
Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”
Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.
Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.
Claudia Panico
claudia@claudiapanico.com
- Una pratica che incontra oriente e occidente
Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.
Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.
Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.
Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.
Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.
GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA
Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.
Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).
Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.
Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.
LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA
Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.
Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.
Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.
ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO
Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.
E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)
Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.
Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.
La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.
LA MAPPA DELLA COSCIENZA
La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.
Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.
Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.
Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.
Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.
UN PRINCIPIO FONDAMENTALE
Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.
E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.
Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.
Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”
Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.
Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.
Claudia Panico
claudia@claudiapanico.com