September 13, 2020

(Italiano) La storia di Psyché

(Italiano) La storia di Psyché

Categories: n10

by Jerry Diamanti

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Come spesso succede con concetti così universali come psiche, (d’ora in poi Psyché) amore, Dio, tutti pensano di conoscerne il significato ciascuno secondo le proprie convinzioni.

Se vorrete seguirmi cercheremo di percorrere la storia di Psyché e dei diversi significati che ha assunto nella storia fino ai giorni nostri.

Il termine Psyché (in greco ψυχή,) è citato per la prima volta in Omero come soffio vitale che lascia il corpo al momento della morte.

La filosofa successiva, seppur con differenze più o meno significative, ha identificato quindi la Psyché con anima.

Nella concezione platonica l’anima “cade” nel corpo dall’iperuranio o mondo delle idee e la conoscenza è dovuta al ricordo reminiscenza dell’anima di tutte le idee che ha contemplato in quella dimensione, metafisica, a-spaziale, atemporale, puramente spirituale.1

A questa anima individuale Platone affianca un’anima universale come già le tradizioni orientali prima di lui con i Veda, le tradizioni egizia, orfica e pitagorica. Tale anima universale è infusa nel mondo dal Demiurgo che la plasma a partire dai quattro elementi: terra, acqua, aria e fuoco.2

Aristotele vede invece l’anima immanente nel corpo identificandola con l’entelechia, la “causa della vita”, la forma del corpo.3

Con Plotino e i neoplatonici l’anima viene concepita con un aspetto sia trascendente che immanente, viene riconosciuta come forma del corpo ma anche come elemento autonomo e preesistente ad esso4.

Secondo la concezione neoplatonica l’anima di un organismo è più di tutte le sue parti messe insieme, è un’unità indivisibile e, in quanto tale, preesistente: “Questo universo è un animale unico che contiene in sé tutti gli animali, avendo una sola Anima in tutte le sue parti”.5

È il concetto dell’anima mundi che veicola le idee platoniche nell’organismo per il quale non è il mondo a contenere l’anima ma l’anima a contenere il mondo e a manifestarsi come coscienza. Concetto che viene poi ripreso da Campanella per il quale ogni essere vivente è animato e tendente contemporaneamente a un proprio fine e a una meta universale.6

Allo stesso modo Leibnitz con il suo concetto di monade concilia la visione aristotelica dell’entelechia con quella neoplatonica7 concependo che tutte le sostanze fossero costituite sia da particelle materiali che immateriali e che di conseguenza fossero centri di forza ad un tempo materiale e spirituale per cui tutte le differenze tra sostanze ed entità sono semplici differenze di grado di spiritualità (coscienza). Leibnitz cerca così di conciliare la divisione cartesiana tra res cogitans e res estensa.

Il progresso della scienza in direzione riduzionista ha però portato a una graduale differenziazione della Psyché in concetti distinti in base all’ambito preso in considerazione:

Per la visione religiosa essa è riconducibile ad un’essenza spirituale, per la filosofia il concetto di Psyché viene a coincidere con quello di mente cosi come per la psicologia cognitiva la quale la estende al complesso delle funzioni cognitive non corporee, finendo per identificarsi con la personalità nella psicologia psicodinamica.

In Freud la Psyché umana è un’entità complessa costituita da diversi sottosistemi o “luoghi psichici” distinti in conscio, preconscio e inconscio. Tale concezione si arricchisce poi dei concetti di Io, Es e Super-Io per la quale, l’Io o parte conscia della personalità si sviluppa mediando tra le istanze istintive dell’es e quelle morali del Super-Io.8

Per William James padre della psicologia americana l’attività psichica è riconducibile a un “flusso di coscienza”, espressione dell’interazione tra organismo e ambiente.9

Assagioli introdusse un concetto di Psyché che affiancasse all’inconscio freudiano anche un inconscio medio e soprattutto un super-conscio, luogo delle potenzialità più elevate di ordine spirituale, emanazione di un Sé Transpersonale trascendente la dimensione individuale.10

Visione ripresa da Jung che a sua volta la espanse fino a concepire un inconscio collettivo, luogo degli archetipi, principi ordinatori della Psyché.11 Maslow dal canto suo procede nell’indagine del potenziale umano proponendo una gerarchia della Psyché scandita dal graduale soddisfacimento di una scala di bisogni che vanno da quelli più basilari di sopravvivenza a quelli più elevati di autorealizzazione.12

Reich per primo ricondusse la Psyché al corpo, teorizzando un’identità funzionale tra atteggiamenti mentali e atteggiamenti corporei, egli individuò una corrispondenza tra carattere e tensioni corporee descrivendo un’armatura muscolare che struttura nel corpo le diverse armature caratteriali.13

La visione di Reich apre la strada ad una visione organismica in grado di integrare i piani corporeo, energetico, emotivo e mentale.

Perls mise l’accento sugli aspetti di auto-consapevolezza della Psyché calata nel qui ed ora.14

Per ritrovare una visione integrale della Psyché dobbiamo compiere un’escursione in ambito filosofico dove con Panikkar,15 che riprende in un certo senso Aristotele, possiamo tornare ad affermare che essa è in certo qual modo tutte le cose, in quanto anima, forma formante delle cose.

Psyché infatti, in quanto anima delle cose, è logos, è autos, è pneuma, è bios e soprattutto è zoè, l’essenza, il flusso eterno delle cose.

Possiamo, così facendo, recuperare uno sguardo unitario che non concepisce soluzione di continuità tra bios, la forza vitale, e pneuma, la funzione senziente, il soffio e autos, l’identità individuale, la personalità, quella continuità di percezione di sé che possiamo chiamare Io o Sé individuale e logos, la funzione pensante e zoè, l’essenza, la vita eterna, il tempo delle cose, il ritmo di ogni evento singolo qui e ora.

Uno sguardo unitario che coglie il dinamismo della Psyché individuale e la sua interconnessione con tutte le altre cose del mondo, la sua immersione in un campo più vasto, senza soluzione di continuità con la Psyché collettiva (transpersonale), la totalità, con la quale intrattiene un dialogo incessante.

L’esperienza umana del mondo si definisce in questo caso come il dialogo di Psyché, caratterizzata nelle sue diverse declinazioni dal dialogo partecipativo tra l’Io e il Mondo, l’individuo e la totalità, il soggetto e l’oggetto, il microcosmo e il macrocosmo, la vita e il pensiero. Si tratta in altri termini del viaggio evolutivo dell’essere umano, un gioco iper-complesso scandito dalla graduale scoperta delle regole e dal graduale incremento dell’abilità a rispettarle.

1.2 La Psyché individuale: Il Sé Organismico

Nel linguaggio della visione integrale e transpersonale, la Psyché individuale trova la sua definizione più adatta col termine Sé, Sé Organismico per la precisione.

Il concetto di Sé Organismico ci consente di connotare il soggetto dell’esperienza in un’ottica integrale, sistemica, unitaria, interconnessa, intatta, dove nulla venga tolto.

Con l’intento di non togliere nulla, proveremo a descrivere, tracciare confini, i quali non vengono intesi come barriere limitanti bensì come ponti di interconnessione tra sistemi e sottosistemi diversi.

Essi nemmeno vanno intesi come bandiere da sventolare o dogmi da affermare ma solo come alcune delle tante descrizioni possibili, mappe utili per orientarsi in un territorio, il gioco dell’esperienza umana del mondo.

Il Sé Organismico viene descritto da Ken Wilber ricalcando la concezione della filosofia perenne, secondo la quale l’individuo è visto come un’unità di corpo, mente, anima e Spirito.

Il corpo è l’aspetto materiale, formale, il livello più grossolano della personalità.

La mente comprende i piani sottili delle sensazioni, emozioni, sentimenti e pensieri.

L’anima è il luogo nel quale l’essere umano conosce il divino nell’esperienza unitaria dell’essere.

Lo spirito è il piano trascendente della purezza dal quale l’anima individuale trae la sua radice.16

La biotransenergetica17 (BTE) presenta un modello transpersonale che, rileggendo il soggetto dell’esperienza in termini d’unità ternaria, propone una mappa operativa e interconnessa nella quale i livelli di personalità possono venire riconosciuti nella loro veste multidimensionale di materia, energia e coscienza.

Qui di seguito descrivo dal punto di vista fenomenologico i contenuti della Psyché Individuale, organizzati in livelli che esprimono un sistema psicobiofisico unitario e dinamico costituito da sottosistemi interconnessi. Veri e propri veicoli e modulatori di circuiti d’esperienza attraversati da coscienza.

Il livello (o veicolo) fisico modula le informazioni inerenti al sistema mediante l’insieme delle funzioni sensoriali: le sensazioni proprio ed esterocettive.

Il livello (o veicolo) energetico modula le informazioni inerenti al sistema mediante l’insieme delle sensazioni proprio ed esterocettive d’ordine sottile.

Il livello (o veicolo) emotivo modula le informazioni inerenti al sistema mediante l’insieme delle funzioni emotivo/affettive: emozioni, stati d’animo, sentimenti, bisogni, desideri, aspirazioni, motivazioni, ecc…

Il livello (o veicolo) mentale modula le informazioni inerenti al sistema mediante l’insieme delle funzioni cognitive: i pensieri, rappresentazioni, immagini, ricordi, fantasie, ecc.

Il livello (o veicolo) spirituale è il luogo delle dimensioni super-consce del Sé, dimensioni alle quali si accede mediante l’intuizione, l’insight, la meditazione, l’esperienza mistica, la sensitività, gli stati di coscienza non ordinari e così via.

La Psyché Transpersonale

Questo sguardo transpersonale e integrale prefigura l’esistenza a fianco del Psyché individuale di una Psyché Transpersonale (collettiva). Concetto che la mente razionale difficilmente è in grado di afferrare e che richiede per essere colta di uno strumento di elezione: la consapevolezza.

Possiamo intendere con questo, la contemplazione di cui parla Plotino18, l’epoché, quel mettere tra parentesi le proprie credenze, proposta da Husserl19, quella comprensione di nuovo ordine, raggiungibile attraverso l’insight descritta da Bohm20, e non mi dilungo avendo già trattato la questione in miei testi precedenti21 ai quali rimando chi volesse approfondire.

Comunque si voglia definirla questa modalità di conoscenza di ordine sovrarazionale si schiude quando incominciamo ad accorgerci che possiamo osservare il pensiero. Questo significa che lo stadio di pensiero razionale può condurci nella sua massima espressione a pensare bene, in modo critico e corretto, aderente ai fatti. (Realtà)

Gli stadi di pensiero sovrarazionale, intuitivo, non duale, attraverso l’Osservazione pura e non giudicante della contemplazione ci svelano la vera natura del pensiero, l’essenza oltre l’apparenza, le cose come sono oltre le nostre credenze e i nostri giudizi, la Verità oltre la Realtà.

A uno sguardo sovrarazionale la Psyché Transpersonale si svela pertanto come l’archetipo dell’unità, l’essenza di tutte le cose, esprime nel Sé Transpersonale ogni cosa nel suo modo, ogni evento singolo nel suo ritmo. Coincide con la vita stessa che un pensiero sovrarazionale è in grado di ricondurre ad archetipi universali, grazie alle sue caratteristiche aconfessionali, transculturali, multidimensionali e mondo centriche.

Wilber (1996) così lo descrive: “L’uno si dissolve nella divinità come divinità – quella divinità che fin dall’inizio è stato il proprio Sé, o il più alto Archetipo22

Nei secoli le diverse tradizioni filosofiche e spirituali hanno descritto lo stesso concetto in svariate forme a dipendenza dell’aspetto che volevano mettere in risalto: Coscienza Suprema, Inconoscibile, Contenitore, Principio vitale, Vuoto Creativo Amore, Tutto, Dio, Essenza, Zero, Nirvana, Tao, Atman, Sé, Ordine Implicato, Nagual, Akasha, Matrix, Campo, Olomovimento, Flusso interconnesso, macrocosmo.

La mente razionale abituata a ragionare per esclusione, questo non è quello, difficilmente potrebbe comprendere e tollerare un concetto così ampio ed inclusivo. Come può il concetto di Dio convivere, ad esempio, con quello di Campo od Olomovimento? Come tenere insieme sotto un unico concetto il Vuoto Creativo e l’Amore o il Contenitore? Questa è la funzione di un archetipo quella di aggregare significati e qualità rispettandone la loro specificità. Questo è la dialettica archetipica che la mente sovrarazionale è in grado di cogliere togliendo. Togliendo credenze, identificazioni, giudizi, bisogni, paure e restando al cospetto, in contemplazione, tollerando l’incertezza dell’ineffabile, disponendosi al vuoto creativo foriero di insight sulla seconda verità, la verità vera.

Una verità che potrebbe svelare le sue caratteristiche fondanti della Psyché Transpersonale: non appartiene né allo spazio né al tempo ed è il Soggetto.

P.L. Lattuada MD., Ph.D., Psy.D.

djirendra@gmail.com

www.integraltranspersonallife.com 

www.pierluigilattuada.com

1 Platone, Fedro

Platone, Timeo, VI, 30b – 30c

C’è un genere di cose esistenti che chiamiamo sostanza. La sostanza è in un primo senso, la materia e cioè quel che non è, per se stesso, una cosa determinata, in un secondo è la figura e la forma, secondo la quale la materia è già detta questa cosa determinata; in un terzo poi è il composto di materia e forma. La materia è potenza, la forma entelechia. De Anima 6,10

È dunque necessario che l’anima sia sostanza, in quanto forma del corpo naturale che ha la vita in potenza. L’anima è entelechia di un corpo di siffatta natura. De Anima 20,22

4 Plotino, Enneadi, IV, 7,8.

Plotino, Enneadi, IV, 4, 45

La città del Sole, a cura di L. Firpo, Laterza, Roma-Bari 2008

Bianca Maria D’Ippolito, Aniello Montano, Francesco Piro (a cura di), Monadi e monadologie. Il mondo degli individui tra Bruno, Leibniz e Husserl, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005.

8 Freud, S., Interpretazione dei Sogni

9 James W., Principi di Psicologia

10 Assagioli R. Psicosintesi

11 Jung. C., Gli archetipi dell’inconscio collettivo

12 Maslow A. Verso una psicologia dell’essere

13 Reich. W. L’Analisi del Carattere

14 Perls F. La Terapia della Gestalt

15 Panikkar R. (92), Il Silenzio di Dio, la risposta del Buddha, Borla, Roma, pgg. 5 e segg.

16 Wilber K., (2000), Integral Psychology, p. 31, Shambala, Boston – Lo

17 Lattuada P.L. (2014) Biotransenergetica, ITI edizioni

18 Plotino

19 Husserl

20 Bohm

21 Lattuada P. L. (2013), Il modo ulteriore, ITI ed. Milano;

Lattuada P. L. (2018), Oltre la mente, Franco Angeli, Miano

22 Wilber K. (2011), Sex, Ecology and Spirituality, Shamballa, p.79

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    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

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    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

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    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

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    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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  • Una pratica che incontra oriente e occidente

    Da pochi giorni si è concluso il ritiro estivo di Respirazione Olotropica e Meditazione Vipassana che io e Pietro Thea proponiamo due volte all’anno. E’ uno dei seminari che amo di più.

    Questi due metodi e la filosofia che li anima possono sembrare opposti, ma in realtà sono complementari, con prospettive e tecniche comparabili.

    Desidero parlare brevemente proprio di alcuni di questi aspetti.

    Come ho scritto in un precedente articolo su Matrika, la pratica della Respirazione Olotropica è stata creata negli anni ‘70 da Stanislav e Christina Grof, e si fonda sulle ricerche sulla natura della psiche effettuate da Grof stesso a partire dagli anni 50, all’inizio a Praga, sua città di nascita, e successivamente negli Stati Uniti, prima in un centro di ricerca nel Mariland, e poi ad Esalen in California.

    Grof è stato uno dei fondatori della Psicologia Transpersonale, ed è considerato uno dei principali successori di Freud e Jung.

    GLI STATI OLOTROPICI DI COSCIENZA

    Un punto chiave nel pensiero di Grof è il concetto di “Stati Non Ordinari di Coscienza”. L’idea è che la nostra concezione ordinaria della realtà, ciò che sperimentiamo nella vita quotidiana, si basa solamente su alcune capacità limitate della nostra mente, ma che abbiamo la potenzialità per entrare in stati di consapevolezza che mostrano la realtà come infinitamente più vasta e complessa di come la sperimentiamo ogni giorno.

    Grof ha ripetutamente verificato come alcuni Stati non Ordinari di Coscienza hanno un potenziale terapeutico ed euristico molto elevato, e li ha chiamati Olotropici, un termine che significa “muoversi verso la totalità, la completezza”, dal greco holos (tutto) e trepein (andare verso).

    Molte culture nel mondo e nella storia hanno studiato i metodi per entrare in questi stati: nella maggioranza utilizzano il respiro, il suono dei tamburi, la danza, il digiuno, l’uso di piante psicotrope.

    Un altro dei modi per entrare in uno stato olotropico di coscienza è la meditazione. Ormai da anni gli studi su monaci e praticanti avanzati di meditazione mostrano una chiara modificazione delle onde cerebrali e altri parametri fisici scientificamente misurabili.

    LA NASCITA DELLA RESPIRAZIONE OLOTROPICA

    Da quando l’LSD divenne illegale negli anni settanta e tutte le ricerche sui suoi effetti terapeutici vennero interrotte (di questo parlerò in un prossimo articolo), Grof e sua moglie Christina hanno sviluppato un metodo per indurre stati olotropici senza l’uso di sostanze psicotrope, basandolo sui risultati delle ricerche svolte con l’LSD, le pratiche sciamaniche, e le pratiche orientali di consapevolezza.

    Questo metodo, da loro chiamato Respirazione Olotropica, si basa sull’uso di rilassamento, respirazione profonda, e una colonna sonora composta di musiche etniche, preparata specificamente per sostenere l’esperienza e per facilitare l’accesso a stati non ordinari. In questi stati, la persona riesce ad entrare in strati profondi del proprio inconscio, per favorire la risoluzione di conflitti psichici, e sperimenta la propria interconnessione con gli altri esseri umani, con l’inconscio collettivo, con la rete della vita, e con un contesto spirituale.

    Alcune delle tecniche che i Grof hanno sviluppato, e il modo di vedere il mondo e la realtà che emergono da queste esperienze, riecheggiano le pratiche e gli insegnamenti Buddhisti.

    ORIENTE E OCCIDENTE SI INCONTRANO

    Prima di tutto, la RO condivide con la Meditazione Vipassana l’enfasi sul respiro.

    E’ importante notare che la centralità del respiro non è relativa esclusivamente all’aspetto di processo fisico che permette la vita, ma anche al suo significato simbolico di collegamento al regno dello spirito. Questo legame è profondamente radicato nel nostro linguaggio. Il termine latino spiritus si riferisce sia al respiro che all’anima o al principio vitale, la stessa cosa è vera per la parola greca pneuma, il termine cinese qi, il giapponese ki, il sanscrito prana e l’ebraico ruach. Nella Bibbia leggiamo:” E Dio creò l’uomo, ……..e soffiò nelle sue narici il respiro della vita; e l’uomo divenne un’anima vivente” (Genesi 2,7)

    Un altro principio fondamentale nella Respirazione Olotropica è “il guaritore interiore”. Con questo concetto si intende il fatto che ognuno di noi conosce spontaneamente ciò di cui ha bisogno per risolvere i propri conflitti interiori, e per andare verso la pienezza. Se andiamo abbastanza profondamente nel nostro inconscio, troviamo qualcosa di fondamentalmente buono, e che tende alla salute. Questo concetto è molto lontano da quello di peccato originale di cristiana memoria, ma è vicino alla nozione Indù di atman, la divinità interiore, concetto fondamentale anche nel Buddhismo Mahayana, al quale talvolta ci si riferisce come alla “natura Buddha”. Senza andare in sottili distinzioni non utili in questa sede, il punto focale è che sia il Buddhismo che la RO accettano il fatto che nel nucleo siamo “nati nobili” – cioè siamo buoni, e conosciamo ciò di cui abbiamo bisogno per realizzare pienamente la nostra vita.

    Forse nessun principio è più fondamentale nel Buddhismo di quello di “interconnessione”, la nozione che noi siamo solamente una manifestazione transitoria di una rete infinita di realtà interdipendenti, sia materiali che spirituali, radicate nella realtà ultima del principio divino. Ogni cosa dipende da qualcos’altro per la sua esistenza, ed è in definitiva collegata con tutto ciò che è.

    La RO può permetterci di intravedere brevemente questa realtà anche esperienzialmente.

    LA MAPPA DELLA COSCIENZA

    La mappa della coscienza che Grof ha redatto sulla base di 50 anni di ricerca – forse il suo contributo più importante alla psicologia del profondo – elenca tre livelli fondamentali della nostra mente inconscia, che possiamo esplorare nel viaggio interiore.

    Il primo è personale, biografico, e contiene gli elementi della nostra esperienza di vita che giacciono al di sotto del livello della coscienza. E’ il medesimo di cui parla Freud.

    Il secondo è un livello più profondo che si incontra quando siamo in uno stato non ordinario, e sembra contenere le memorie della propria nascita, e viene chiamato “perinatale”. E’ stato esplorato per la prima volta in psicologia da Otto Rank.

    Attraverso l’esperienza del livello perinatale possiamo direttamente avere accesso ad un livello della psiche ancora più profondo, che Jung ha chiamato inconscio collettivo.

    Le profonde esperienze che possiamo fare a questo livello hanno importanza non solamente in ambito psicologico, ma per la nostra intera concezione di ciò che è la realtà.

    UN PRINCIPIO FONDAMENTALE

    Queste esperienze indicano chiaramente come la coscienza non è meramente un sottoprodotto di processi chimici o fisici nel cervello umano, perché in tali esperienze è possibile avere accesso ad elementi di consapevolezza che non erano entrati precedentemente nelle nostra vita biografica. Implica che la coscienza è un principio fondamentale dell’esistenza. Qualcosa che permea la realtà.

    E’ una visione coerente con le nozioni Buddhiste fondamentali: siamo connessi l’uno con l’altro, e con il resto di ciò che esiste non esclusivamente sul livello materiale, ma a livello della coscienza.

    Negli stati non ordinari, per esempio, le persone hanno provato che possono identificarsi per esempio con la coscienza di un antenato, o anche di un albero.

    Jack Kornfield, uno dei primi psicologi ad andare in oriente come monaco per studiare e praticare direttamente la meditazione Vipassana, scrive nella prefazione di un recente testo di Grof “che offre una psicologia per il futuro, che espande le nostre possibilità umane e che ci riconnette gli uni con gli altri e con il Cosmo….” E continua dicendo “ nel mio addestramento come monaco Buddhista sono stato introdotto per la prima volta alle potenti pratiche del respiro, ed ai regni visionari della coscienza. Mi sento fortunato a trovare nel lavoro di Grof un incontro potente per queste pratiche nel mondo Occidentale.”

    Grof e Kornfield hanno infatti condotto per anni un workshop noto come “Insight and Opening”, che combinava le tecniche della Meditazione Vipassana alla Respirazione Olotropica.

    Io e Pietro abbiamo partecipato più volte a quegli incontri, e abbiamo provato personalmente l’efficacia e il potere trasformativo di questi due metodi congiunti. Come Jack ha detto una volta, queste tecniche “contattano il luogo della propria saggezza interiore”, con una modalità simile in entrambe: portare l’attenzione alle immagini , ai pensieri ed alle emozioni che sorgono nella coscienza, sperimentarle pienamente, e poi, senza giudizio o analisi, lasciarle andare con gentilezza.

    Claudia Panico

    claudia@claudiapanico.com

    www.claudiapanico.com

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