Non aspettare niente, se non l’inatteso.
Questo sapere mi viene da lontano. Sapere che non è un sapere, ma una fiducia, un mormorio, una canzone. Mi viene dall’unico maestro che io abbia avuto:
un albero.
Tutti gli alberi nella sera trepida mi ammaestrano con il loro modo di accogliere ogni istante come una buona ventura. L’amarezza di una pioggia, la follia di un sole: tutto è nutrimento per loro. Non hanno preoccupazione di nulla, e soprattutto di un senso. Attendono, di un’attesa radiosa e tremula. Infinita.
Il mondo intero poggia su di essi. Il mondo intero poggia su di noi. Dipende da noi che si spenga o che s’infiammi. Dipende da un granello di silenzio, da un pulviscolo dorato – dal fervore della nostra attesa. Un albero che risplende di verde. Un viso inondato dalla luce. Questo basta per ogni giorno. Anzi, è molto. Vedere ciò che è. Essere ciò che si vede. Smarrirsi nei libri, o nei boschi. La natura sommerge i libri. L’erba ricopre il pensiero. Il verde assorbe l’inchiostro. Attraversare una terra è come esaurire un amore. Quello che attraversiamo ci cambia. Il paesaggio affluisce nel corpo. Il vento si ingolfa nel sangue. Il cielo trova la via per il cuore.
Christian Bobin