Due cose molto diverse.

Nel mio sentire, e in effetti per la mia personale esperienza, per produrre, per essere efficienti, ci siamo allontanati dall’ascolto di noi e dall’ascolto della Terra e dei suoi bisogni, dall’ascolto della natura e dalla cura.

Come esseri umani abbiamo bisogno di prenderci cura di molte cose, del corpo, della mente, dello spirito, della gioia, del gioco, delle relazioni, degli interessi, delle celebrazioni, abbiamo bisogno di rituali, di gruppi di persone con cui vibrare alla stessa frequenza, di passioni, di ideali, di spinte per desiderare agire nel mondo, di ridere, di riposare, di nulla, di tempi vuoti, di silenzio e semplicità, di natura, di contemplazione, di essere chi siamo e poterlo esprimere al mondo.

Quando la richiesta pressante del fuori é fare, essere focalizzati, essere concentrati, essere produttivi, ma soprattutto essere tutti nello stesso modo e misurarci gli uni agli altri cercando di prevalere gli uni sugli atti invece di collaborare, la vita si ammala e mentre avrebbe bisogno di cura trova la terapia.

Ma c’è una differenza sostanziale tra cura e terapia, gli obiettivi sono distinti e altrettanto l’approccio che ognuna di queste pratiche assume nel contesto della salute e del benessere.

Cura e terapia raccontano due storie, due diversi paradigmi.

Il primo abbraccia l’idea che ci sia una responsabilità individuale e collettiva quotidiana, che la vita sia saggia e che sappia guarire se stessa, che gli esseri viventi abbiano risorse e che vadano bene, il secondo presume che ci sia qualcosa da correggere, qualcosa di sbagliato che va cambiato.

La cura riguarda l’insieme delle azioni e delle attenzioni volte a preservare, mantenere o migliorare lo stato di salute e benessere di una persona. E’ fatta di piccoli gesti quotidiani, di ritmi umani, di ritualità, di relazioni sociali, è un processo continuo, volto a mantenere uno stato di benessere o a prevenire condizioni croniche. La cura implica attenzione, empatia e relazione con noi stessi e con gli altri contemporaneamente. Spesso si parla di “prendersi cura” di qualcuno, che significa anche sostenere nel modo in cui quella persona ha bisogno in quel momento secondo la sua unicità.

La terapia, invece, è un intervento più specifico e mirato a trattare o risolvere una particolare condizione medica o psicologica. Il termine “terapia” si riferisce a un insieme di metodi, tecniche o trattamenti studiati per risolvere o alleviare i sintomi di una malattia o di un disturbo. La terapia è generalmente applicata da un professionista sanitario e ha uno scopo ben definito: trattare una malattia, un disturbo o un problema specifico, sia esso fisico o mentale.

Di fatto correggere un errore.

E’ per questo che nel 2022, dopo l’ esasperazione di questo aspetto terapeutico che ha fatto dimenticare ogni cosa rispetto alla cura, ho scelto di non essere più un sanitario, ho scelto che non volevo più correggere niente e nessuno ma solo aiutare a recuperare l’ascolto di sé e a riprendersi la responsabilità per la propria vita, per le proprie piccole e semplici azioni quotidiane. Quel fermo forzato avvenuto grazie al Covid-19 aveva senso: fermare il mondo per farlo ripartire da ciò che in quell’occasione avremmo avuto la possibilità di scoprire contava davvero per ognuno di noi.

Ci siamo persi nell’ obiettivo di risolverci.

Ma non abbiamo nulla da risolvere.

Il paradigma medico ha totalmente deresponsabilizzato le persone e instillato con forza dentro ognuno di noi l’idea che qualcuno possa guarirci, che la nostra salute fisica non sia cosa di nostra competenza, che qualcuno possa salvarci da noi stessi, sbagliati, nella maggior parte dei casi.

Io ho iniziato a cercare cosa non andasse bene in me all’età di 6 anni. Mal di testa e nausea ogni settimana mi fermavano e mi costringevano a letto. Ho cercato tutta la vita cosa ci fosse di sbagliato in me e invece forse erano le proposte della vita che non erano giuste per me.

Oggi a 45 anni ho capito molte cose ma ci ho messo molto tempo per fidarmi del fatto che non ero io a non andare bene, ma la scuola, per come era organizzata, non rispettava i miei bisogni di libertà e gioco, il mio bisogno di esplorare e sperimentare senza troppi limiti. E me lo sono ripreso.

L’unica cosa che era importante era lavorare, avere la possibilità di stare fuori casa e ancora oggi le lotte che si compiono su luoghi in cui tenere i figli occupati mentre noi andiamo a produrre, mi fanno attorcigliare le budella. E’ come se sentissi urlare tutti quei bambini che dicono “perché é più importante qualche altra cosa di quanto non sia importante io, per te”. Ma è chiaro che probabilmente questo riguarda il mio sentire e forse quello di un paio di altre persone, non di tutti. Lo so non piacerò a nessuno per le mie parole, ma non importa, questo è ciò che negli anni ho sentito forte e chiaro dentro di me e che non ho mai avuto il coraggio di dire per non essere giudicata e rifiutata. L’accanimento a combattere battaglie per gli asili nido e i tempi pieni a scuola credo che sia una delle ragioni per cui oggi esistono infiniti tipi di terapie.

Per la cronaca io le ho provate tutte le terapie, le ho studiate tutte, le ho esplorate tutte, o quasi. Ogni nuova parola che incontro la voglio sentire sulla mia pelle. Perché per ogni persona che mi ha chiesto aiuto nel mio lavoro riconoscevo un bisogno diverso, una sfumatura di necessità che sarebbe stata saziata da strumenti differenti e quello che vedo è che ogni proposta terapeutica è probabilmente quel pezzetto che è mancato alla vita di chi se n’è fatto pioniere, che se ne è accorto, magari, anche lui, grazie alle persone che ha incontrato, ai suoi “pazienti”.

Ma io mi sono stufata di essere paziente, da molti anni ormai, e di aspettare pazientemente che la guarigione arrivasse da un chi sa chi che sapeva tutto, ma non sapeva niente di me, e per questo ho scelto che non volevo essere più quella persona per nessuno, perché non lo sono.

Ho scelto di prendermi tutta la conoscenza e fare per me, ma la guarigione in realtà non si fa da soli si fa insieme, non servono protocolli ma servono cuori che battono all’unisono tra loro, con il cuore della terra e con il cuore dell’universo.

Serve attenzione a ciò che ci attraversa. Perché non è male toccare le ferite a volte, pulirle, lasciare che spurghino fuori tutto quello che si sono tenute dentro e che impedisce loro di ripararsi, come da sole naturalmente farebbero nel tempo necessario.

E invece no il tempo non c’è più perché dobbiamo subito tornare a fare quello che non serve a nessuno e a niente, ma lo dobbiamo fare.

Io ho smesso di fare tutto.

Ho rallentato infinitamente quasi da essere ferma sono diventata completamente inutile e allora ho risentito da cosa nasce la mia gioia, cosa mi fa illuminare lo sguardo, per cosa sono qui. E così ho scelto di liberarmi di molti devo e iniziare ad essere solo ciò che sono, di esprimere me stessa perché non è certo un caso che le arti terapie si siano sviluppate da quando non c’è più stato tempo e possibilità per esprimere se stessi.

Tutte le arti si sono trasformate in terapia, quando da sempre la musica, la danza, il canto, il disegno, la scrittura sono state usate per la cura. Il suono, la vibrazione e il movimento regolano il sistema nervoso sovraccaricato dall’eccesso di stimoli, creano il nuovo, sublimano emozioni naturalmente, senza bisogno di nessuna guida. L’unica guida che occorre è la connessione, é uno spazio sicuro e uno sguardo amorevole che sappia accogliere ciò che emerge. Ed è proprio quella connessione che sentiamo il bisogno di riprenderci, per questo andiamo alla ricerca di tutte le spiritualità del mondo, le esploriamo per crearne una nuova che rispecchi il viaggio fatto fin qui e quello che siamo diventati e ci riporti al centro di noi, individui in ascolto di tutto quello che ci circonda, collettività.

Ma davvero vogliamo relegare ciò che ci dà gioia a un ora a settimana?

Io no ma so che sono una privilegiata che se non riuscissi a sopravvivere tutti questi discorsi non avrebbero alcun senso, e non li farei. E’ vero anche, che i privilegi che abbiamo possiamo usarli per il bene, invece di sentirci in colpa per essere nati fortunati. Io l’ho fatto per molto tempo e anche questo mi ha fatta ammalare, ma non voglio parlare ancora di me, voglio parlare di cura.

Ognuno scelga di cosa si vuole curare, a cosa vuole prestare cura, cosa è cura per sé e lo coltivi nel suo quotidiano. É così che ricreiamo la biodiversità.

Ogni desiderio, ogni cosa che sappia illuminare i tuoi occhi saprà anche illuminare il mondo della luce che tu puoi portare.

Mentre la cura può essere un processo continuo, la terapia ha un obiettivo più circoscritto e spesso una durata definita. Tuttavia, le due pratiche non sono mutualmente esclusive, spesso si sovrappongono nel percorso di guarigione di una persona.

Oggi c’è bisogno di cura e terapia, io ho scelto di occuparmi di cura.

Sara Massone

www.saramassone.it

sara.massone@gmail.com

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