Con quali emozioni abbracciare chi ha paura e trema, come stare con chi si sente frammentato? E come leggere chi scrive dal fronte. Alcune poesie arrivano dal confine, le parole arrivano, chi le ha scritte non c’è più. L’eterna discordia che sembra necessaria alla fede nel nulla. C’è un’umanità migrante, milioni di feriti a morte dalla Storia, e una continua ricerca di rifugio. E c’è il Progresso, questo mostro acefalo che si nutre del sangue della terra, la nostra ignoranza. Mostro di cui abbiamo talmente paura che preferiamo venerarlo. Ci chiediamo come si possano amare dei figli (o delle figlie) che uccidono la propria madre e poi ne stuprano il cadavere. Se è vero che siamo figli (e) della terra.
Gli sciamani resistono, hanno stomaci forti. Per quanto ancora? E poi, un maestro o un guaritore di una certa tradizione non può essere ricodificato in un’altra, non può svolgere la medesima funzione se sradicato. Ma possiamo imparare. Possiamo fare i conti con chi siamo, onorare le differenze, arricchendoci nel dare indietro. Noi che esportiamo democrazia, demagogia, o meglio tirannia -come sapeva bene Platone… abbiamo le mani bucate, le promesse ci sfuggono di mano. Potenziamo allora la nostra parte distruttiva, cerchiamo salvezza nelle macchine.