Che ci faccio qui?
La domanda per eccellenza. La domanda con la quale molti di noi si rovinano la vita. Chi ignorandola e vivendo in modo superficiale dominato dalle passioni della necessità, chi ripetendola dentro di sé ossessivamente senza trovare una risposta e sentendosi per questo infelice, insoddisfatto, fuori posto, chi trovando risposte di comodo, prese a prestito dalla cultura di riferimento, da un credo religioso o politico, chi credendo di potersi permettere il lusso di ignorarla.
La varietà delle spiegazioni che ci diamo per stare su questa terra rendono ragione della biodiversità degli esseri umani e dei molteplici stili di vita, caratterizzati dai più diversi usi e costumi, abitudini e comportamenti.
La bellezza della varietà è però spesso oscurata dal fatto che ciascuno tende a considerare la propria posizione come la migliore e ad aggrapparsi alle proprie convinzioni con tutte le sue forze.
Questo è dovuto, in ultima analisi, alla paura che abbiamo della vita e della sua incessante creatività, la quale non può essere imprigionata in forme definitive o controllata e sottomessa alla nostra piccola volontà.
Dio, la Coscienza Suprema, il Grande Uno, il Grande Spirito, l’Atman, il Campo, la Matrix, il Vuoto Quantico, il Sé transpersonale, il Principio Vivente, il Soffio Vitale, o qualunque sia il termine con il quale vogliamo definire la sorgente stessa della vita, sembra svelarsi ad uno sguardo consapevole sempre più nelle vesti di un flusso interconnesso, intrinsecamente creativo, motore immobile, soggetto di ogni trasformazione.
Le antiche tradizioni impiegano concetti quali Tao o Mahamudra, il Grande Gesto, per indicare simbolicamente con la metafora forse più adeguata le caratteristiche del principio vivente.
La tradizione occidentale con Bergson lo definisce ” flusso di coscienza”, “elan vital”, oppure con William James “durata creatrice”.
Ovunque ci si rivolga, la vita sembra inevitabilmente coincidere, con quel principio sessuale che anima tutte le cose.
Un principio che non si riduce alla componente sessuale più propriamente intesa, ma esprime, più in generale, l’ardore, la forza, lo slancio, la passione, il desiderio, la ricerca che conduce all’incontro dei complementari, alla coincidenza degli opposti in un’unità che li trascende.
Un principio ben definito dalla metafora del fuoco in quanto contiene in sé una forza dirompente e ambivalente la quale divampa se non controllata ma che, allo stesso tempo, non può essere repressa. Una forza che insegna a fluire nella vita con fiducia e consapevolezza, la fiducia necessaria per un si totale e incondizionato, la consapevolezza dovuta per padroneggiarla senza opporvisi.
Una forza che, per sua stessa natura richiede il comportamento paradossale di controllare lasciando fluire, di affidarsi per dirigere, in un costante dialogo partecipativo con l’altro e con l’ambiente che ci circonda.
Una forza che anima tutte le cose e che viene indicata, come detto, dalle diverse tradizioni e dalle diverse discipline con i termini più svariati.
Il concetto di Mahamudra, il Grande Gesto, presenta una semplicità intuitiva e un’utilità pratica che ne giustificano l’elezione in questa sede a metafora esplicativa del dialogo incessante che sottende il vivente.
Un dialogo che sembra ubbidire ad una legge precisa, vincolante all’incessante, dinamica, interconnessione.
La Legge della Trasformazione
Si tratta di una Legge dimostrata dall’evidenza, che si rinnova e auto-convalida in ogni istante sotto i nostri occhi: la Legge della Trasformazione.
Essa ridotta ai minimi termini, potrebbe riconoscessi nella sintesi seguente: ogni essere vivente è animato da un principio vitale caratterizzato da polarità e ritmo di ordine sessuale, retto dall’incessante trascendenza della dualità nell’unità.
Se osserviamo con occhi chiari, al nostro sguardo un insieme di processi dinamici organizzati attraverso la trascendenza e l’inclusione dei complementari in un’unità di ordine superiore che li comprende.
Sotto i nostri occhi, in ogni istante il due si fa uno, ogni polarità s’incontra e ricompone in un’unità che la comprende: osserviamo il nostro respiro, il battito del nostro cuore, la pulsazione delle nostre cellule, la peristalsi delle nostre viscere, i nostri passi mentre camminiamo, la meccanica della nostra bocca quando mangiamo o della nostra lingua quando parliamo, della nostra gola quando cantiamo, il volo di un uccello, lo strisciare di un serpente, lo sbocciare di un fiore, l’andare e venire dell’onda, l’agitarsi delle foglie al vento, il brillare di una stella e, ovviamente, i gesti dell’amore.
Ecco la Legge: ogni cosa pulsa, ogni manifestazione del vivente è dotata di polarità e ritmo, un fenomeno talmente evidente da non essere visto ed essere ignorato dalla cultura condivisa, da sfuggire anche all’interesse di un certo mondo scientifico.
Ecco il Mahamudra, il Grande Gesto.
Ecco il problema: la Legge della Trasformazione non ê funzionale alla nostra mente ordinaria.
Quest’ultima opera secondo una logica lineare, duale, razionale, la Legge della Trasformazione ci svela un mondo circolare, unitario, paradossale. Un mondo dove, nel concetto stesso di trasformazione è implicito il paradosso del due che si fa uno. La nostra mente cerca l’equilibrio nei punti di riferimento, la sicurezza nelle certezze, la stabilità nelle convinzioni, l’identità nei meccanismi di difesa. La Legge ammonisce: l’equilibrio negli organismi viventi non è mantenuto nella staticità e nella chiusura ma nel dinamismo e nell’interazione, non nel controllo e nell’attaccamento ma nella capacità di lasciare andare e nella rinuncia a trattenerlo, nella disponibilità a perderlo per ritrovarlo.
Viene in mente Cristo, il quale afferma: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” e suggerisce: “Perditi e ti ritroverai”.
Se osserviamo con occhi chiari possiamo riconoscere l’insegnamento archetipico del Cristo rinnovarsi nel Grande Gesto:
Lascia i tuoi condizionamenti, non giudicare e non sarai giudicato, guarda con gli occhi del cuore e mi troverai in ogni cosa, dentro e fuori di te.
È c’è di più, è proprio nell’incessante gioco interattivo di perdersi e ritrovarsi che l’organismo supera se stesso verso dimensioni creativamente più evolute.
“Il mio Regno non è di questa terra”‘ guarda meglio, guarda dentro le cose, guarda oltre le apparenze, ogni manifestazione duale indica un’unità che le trascende, un altrove che è qui e ora, sempre e dovunque, Zoè, il Nunc Fluens, la vita eterna.
Semplificando, potremmo arrivare a due importanti comprensioni che ci aiutino a definire le regole del gioco:
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Il principio vitale è una forza dinamica dotata di polarità e ritmo, quindi sessuale, in dialogo incessante con gli organismi viventi ai quali richiede il rispetto della Legge della Trasformazione, per la quale il due si fa uno.
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L’organismo vivente è immerso in questo campo, dove le due polarità complementari si uniscono e separano diventando incessantemente l’altra, e possiede le capacità per rispettare la Legge.
Capacità che fino a un certo livello della scala evolutiva sono vincolate dalla necessità (che determina il comportamento senza lasciare possibilità di scelta) mentre a livello degli esseri umani sono, in una certa misura, lasciate al loro libero arbitrio.
Ecco il passaggio dalla natura alla cultura, dalla Necessità alla Realtà, un passaggio fondamentale nella storia dell’umanità, un viaggio eroico che ogni individuo su questa terra è chiamato a rinnovare, ciascuno a proprio modo.
1 Tratto da Lattuada P.L. (2016), Il Grande Gesto, ITI edizioni, Milano
Pier Luigi Lattuada MD., PSY. D., Ph. D.
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