E’ più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”

Mark Fisher

Viviamo nel capitalismo. Il suo potere sembra ineluttabile.

Così come lo sembrava il diritto divino dei re.

Qualsiasi potere umano può essere contrastato e cambiato dagli esseri umani.

La resistenza e il cambiamento spesso iniziano nell’arte, e molto spesso nella nostra arte, l’arte delle parole.”

Ursula K. Le Guin, discorso al 65th National Book Awards, 19 Novembre 2014

La fantascienza è una forma di narrazione con un enorme potenziale trasformativo, che ci aiuta ad esaminare la realtà e a cambiarla attivamente grazie alla riappropriazione dell’immaginario di futuri possibili.

Tocca temi come il vivere insieme, la produzione dell’energia, l’abitare, il cibo, la salute, la comunicazione e le forme di governo, e ci permette di immaginare nuove società possibili.

Come hanno sottolineato in tantx (1), abbandonando la pressione descrittiva e mimetica del mondo reale, la narrazione fantascientifica ci parla in modo più preciso del nostro quotidiano, e le dinamiche di dominio e oppressione che lo attraversano così come il suo lato inconscio (i sogni, le paure, gli incubi) emergono in modo più evidente e lampante.

Questa tensione paradossale tra realtà e finzione ci permette di guardare all’oggi con un’altra prospettiva, e allo stesso tempo riattiva una possibilità di futuro e di desiderio al di là della distopia in cui siamo quotidianamente immersx.

La possibilità di essere agenti di un cambiamento reale e effettivo della realtà in cui viviamo è annullata nel discorso contemporaneo dominante e mainstream, dove il racconto è paralizzato in narrative di disastro ecologico e sentimenti di impotenza di fronte alle inconsistenti e spesso autoritarie decisioni dei governi di tutto il pianeta.

Guerre, crisi sanitarie ed energetiche, autoritarismo, green washing, estrattivismo di risorse materiali e immateriali, ecocidio, neo-colonialismo, politiche di frontiera, radicalismi di destra e sovranismi, genocidi applauditi e sostenuti dalla comunità politica internazionale, così come il manifestarsi della crisi ecologica nel Sud globale e ora anche nel Nord globale, coesistono con programmi spaziali, città fondate nel deserto, carne artificiale e animali ricreati a partire da tracce di DNA.

Tutto questo crea uno scenario che va al di là di un film Hollywoodiano di fantascienza.

Invece di considerare la fantascienza come anticipatrice di futuri possibili, sembra quasi che il nostro presente sia il risultato di un immaginario fantascientifico un po’ vintage, denudato del suo potenziale critico e mescolato con un’ideologia neoliberale e tutte le sue nuove scintillanti tecnologie.

Il mondo contemporaneo sembra quasi il sogno divenuto realtà di un bambino ricco e viziato che, avendo visto troppi film di fantascienza negli anni ’90, ha adesso abbastanza soldi per rendere quegli universi realtà.

La domanda è: un altro tipo di immaginario fantascientifico di fine ‘900, avrebbe prodotto oggi un mondo diverso?

Una narrazione basata sulle esperienze di popoli oppressi, delle minoranze, di gruppi indigeni e di comunità resistenti avrebbe forse dato forma a visioni differenti e molteplici, rispetto a cosa significa relazionarsi con l’altrx (umana e non umana) e pensarsi comunità?

Il futuro come esercizio collettivo di immaginazione

Come superare questa narrativa distopica che ci attanaglia, e riappropriarsi dell’agentività insita nell’atto stesso di immaginare, e del suo potere sovversivo e trasformativo?

Questa è la domanda centrale del nostro progetto Ecologías del Futuro.

Ecologías del Futuro è un progetto nomade, nato tra Messico, Germania e Tunisia, e germinato da domande su cambiamento climatico ed ecologia politica, incluso il bisogno urgente di ripensare le relazioni tra esseri umani, e tra umani e non umani.

Il progetto prede forma attraverso una serie di laboratori di cinema collettivo di fantascienza in cui vengono prodotti principalmente cortometraggi, ma anche testi, fumetti, composizioni sonore, podcasts.

Dal 2018 abbiamo organizzato progetti in aree rurali ed urbane in Messico, Italia, Germania, Spagna, Svizzera, Tunisia.

I progetti coinvolgono bambinx, adolescenti e adultx: studentx, attivistx, scienziatx*, artistx, musicistx e persone di tutte le età ed esperienze, che fossero interessate a questi temi.

Ci piace danzare sui margini – geografici e sociali – e tessere reti che dialoghino con progetti e collettivi che sono già attivi sui territori, creando sinergie, ascoltando e sostenendo le necessità dei singoli e delle collettività per lavorare insieme e dal basso.

Proponiamo i nostri progetti in luoghi e contesti in cui c’è strutturalmente un accesso limitato alle risorse culturali, e dove la riappropriazione delle narrative del futuro e la loro attivazione nel presente è particolarmente necessaria.

Guidate dai principi dell’educazione popolare, lavoriamo con un approccio orizzontale, basato sulla condivisione degli strumenti e dei saperi.

La nostra pratica è chiaramente situata, e guarda all’ecologia da una prospettiva decoloniale, intersezionale, transfemminista e plurale, spostando l’epicentro dello sguardo e della narrazione al di fuori del Nord Globale.

Chi vivrà qua tra 300 anni?

Attraverso pratiche artistiche che usano immagini fisse e in movimento, esercizi sensoriali ed esperimenti con il suono, il corpo, la voce, esploriamo desideri, sogni, paure.

Facendo ciò, vogliamo sviluppare una visione collettiva critica ed attiva del presente, che tenga insieme la riflessione teorica e gli aspetti sottili, emozionali, corporei del pensiero del futuro.

Vogliamo dare spazio all’utopia come luogo per reinventare comunità e trasformare radicalmente e con rabbia gioiosa il presente, partendo dai modelli concreti già esistenti nel quotidiano.

A partire dalle idee e dagli elementi emersi durante gli esercizi di condivisione e ricerca, durante i workshop vengono prodotti artigianalmente dei cortometraggi composti di video, animazione stop motion, suono.

La storia è immaginata e scritta collettivamente, per poi essere girata sempre in forma collaborativa.

Vengono realizzati pupazzi, cuciti costumi, disegnati sfondi, preparate maschere e trucchi. Le persone che partecipano, realizzano ogni fase della lavorazione del film, seguendo interessi, curiosità ed abilità, che vengono messe in comune e valorizzate nel processo collettivo, sperimentando ruoli e tecniche diverse.

Ci piace lavorare con strumenti di facile reperibilità e low-tech: programmi open source, smartphones, cavalletti auto-costruiti con i rotoli di carta igienica o bacchette di legno, sedie, elastici, effetti speciali fatti a mano…

Il punto di partenza dei workshop è l’esplorazione del posto in cui ci troviamo, e la formulazione di domande semplici come: come sarà questo posto tra 300 anni? Chi ci vivrà? In che modo? Cosa mangeranno? Come prenderanno decisioni insieme? Come comunicheranno? Cosa saranno il genere e la sessualità in quel mondo?

Alla base di questo processo c’è la creazione di uno spazio di cura e di ascolto, di incontro e condivisione di tempo, parole, gesti, immagini e suoni. Cominciamo con l’osservare e ascoltare il mondo attorno a noi, ponendo l’attenzione sulla coabitazione con gli altri esseri viventi, provando a capire in quali molteplici forme siamo interconnessx e interdipendenti. Impariamo insieme proponendo al gruppo letture, film, immagini, idee.

Esploriamo diversi punti di vista, cambi di scala e di prospettiva.

Piano piano le speranze, i desideri, la rabbia, l’impotenza, le paure individuali si fanno immaginario collettivo attivo, rispondendo alle domande sull’oggi, sulla società in cui viviamo e quella in cui vorremmo vivere, producendo un’idea concreta di futuro.

Ripensando il mondo in cui viviamo

I film prodotti durante i workshop mostrano virus saggi, pirati ribelli, cani rosa ed esseri mutanti che coabitano e stringono alleanze con altri esseri viventi, piante, animali umani e non umani, e che si auto-organizzano per creare nuovi mondi, contro società autoritarie di scienziati, cyberpoliziotti, presidenti robot di mondi sommersi, dove non ci sono più alberi, dove tutto è artificiale e controllato, dove non si può più respirare e ciascunx è relegato a una propria bolla individuale di ossigeno. Dove i ricchi sono partiti per un altro pianeta e gli altri devono arrangiarsi.

Sono film silenziosi, o che mescolano lingue diverse e diverse forme di comunicazione.

Spesso iniziano con un evento catastrofico causato da un disastro ecologico legato al cambiamento climatico.

Ma lasciano anche molte questioni aperte.

La visione del futuro che esplorano non è necessariamente univoca: si tratta di futuri plurali, che mettono in discussione il tempo lineare come prerequisito per immaginare il rapporto tra il tempo presente e il futuro che desideriamo. E se, come dicono in tante parti del mondo, il tempo fosse circolare? O a spirale? E se il futuro fosse una diramazione del presente in infinite possibilità soltanto da immaginare?

(Ri)raccontare, cambiare la narrazione e la narrativa, inventare nuove storie significa riappropriarsi della produzione stessa dell’immaginario, per costruire visioni della realtà diverse, nuove, più complesse, trasversali e plurali.

La fantascienza quindi non è solo uno specchio, o uno strumento per riflettere sulla realtà.

Contiene un enorme possibilità di trasformare la realtà stessa,

Ecologías del Futuro è un modo per ripensare il mondo in cui viviamo e le dinamiche che lo abitano, dove “raccontare” è un esercizio di riflessione collettiva, di lotta e di resistenza. Riappropriarsi del racconto del futuro, grazie e attraverso l’immagine in movimento, per attivarsi nel presente è oggi più che mai un esercizio politico necessario ed urgente.

(1) vedi le riflessioni a riguardo di Antonio Caronia sulla rivista miliante degli anni ’70 “Un’ambigua utopia”

Questo articolo è una traduzione e parziale riscrittura del capitolo “Ecologìas del Futuro – Science fiction as radical imagination” di Francesca Cogni e Tuline Gülgönen pubblicato sul libro “Beyond Molotov – A visual handbook of anti-authoritarian strategies”, a cura di International Research Group on Authoritarianism and Counter-Strategies e kollektiv orangotango e pubblicato con licenza Creative Commons nel 2024 da transcript Verlag, Bielefeld, disponibile qui in pdf: https://www.transcript-verlag.de/detail/index/sArticle/6831/sCategory/313000000

Il testo è scritto fisicamente a due mani da Francesca e Tuline, ma è fondato sul lavoro fatto dal collettivo Ecologìas del Futuro negli ultimi 6 anni, un collettivo internazionale, interdisciplinare ed elastico composto da diverse persone e gruppi: Francesca Cogni, Lucia Cavalchini, Hafid Velasco, Tuline Gülgönen, Matteo Carli, Kitti Baracsi, kollektiv orangotango, Collectif Corps Citoyen, colectivo Los Perros Fritos e altrx…

Ecologìas del Futuro ha collaborato con diversi progetti, collettivi, istituzioni in Europa, Nord Africa e Messico come collettivo Stadt von Unten, Haus der Kulturen der Welt, Kubinaut, Prinzessinengarten Gemeinschaftsgarten Tempelhofer Feld, Schlesi27, a Berlino, Verein Gutshaus a Ramin, Gridas Napoli, Festival Animasivo Mexico, Goethe-Institut Mexico, Huerto Roma-Verde (Città del Messico), SPORE (Berlin); collettivo di educazione critica DACAPO (Alba); Studentesse e studenti in lotta contro la DAAD (Napoli)

ecologiasdelfuturo.net

Per rimanere in contatto con noi e ricevere informazioni sugli ultimi articoli, video, webinar ed iniziative pubbliche che proponiamo, lascia qui la tua email