Sembra un paradosso a chi si riconosca nel valore della presenza nel qui ed ora ed infatti lo è. Sembra che solo il paradosso possa predisporci a comprendere la vera natura delle cose.
L’affermazione contenuta nel titolo ci suggerisce che tutto scorre, come sappiamo fin dai tempi di Eraclito, tutto si trasforma, tutto è in incessante cambiamento. Padroneggiare il cambiamento, fluire nelle cose, lasciare scorrere sembra quindi candidarsi come l’atteggiamento migliore per vivere una vita serena.
Il problema è che gli individui, come ogni altra cosa tendono a conservarsi, a mantenere la propria identità o coerenza interna, in contrasto con le forze entropiche che invece, tendono al disordine.

La legge della Trasformazione
La frontiera del benessere si sposta pertanto alla superficie del contatto tra forze conservative e forze trasformatrici, si tratta peraltro di una dialettica che pervade la vita in ogni suo aspetto, fisico, biologico, psichico, sociale, ecosistemico. Dialettica troppo spesso affrontata in un’ottica duale, esclusiva, contrapposta e di conseguenza disfunzionale fino a sconfinare nel patologico.
Esempli eclatanti ne sono a livello individuale i tentativi spesso fallimentari di controllare le nostre emozioni o a livello sociale le lotte politiche tra progressisti e conservatori.
La proposta che voglio qui presentare è riconducibile ad una regola generale soggiacente ad ogni principio trasformativo: fare del due l’uno.
Evitare quindi di operare perché l’uno prevalga sull’altro secondo una retorica della guerra, un codice della competizione orientato a ridurre l’uno all’altro ma favorire attraverso il dialogo maieutico, dialettico l’emergenza di una nuova entità in grado di trascendere e includere le due parti a confronto verso una dimensione più ricca, complessa e quindi maggiormente funzionale.
Sembrerebbe sensato, giusto? Peccato che questo avvenga molto di rado al livello attuale di evoluzione del gli individui e della società in cui viviamo.

La Giusta Azione
Che fare?
Il primo passo potrebbe essere quello di concordare: tutto si trasforma, ogni polarità tende verso un’unità superiore: la prossima posizione è la migliore, se faccio la cosa giusta.
Il passo successivo, quindi, sarebbe riconoscere quale sia la giusta azione.
Giusto in questo caso non ha nessuna connotazione morale ma, direi, essenziale.
Se è vero che la vita gioca il gioco della trasformazione e che la regola fondamentale del gioco è fare del due l’uno, allora rispettare la regola significa compiere la giusta azione, un’azione foriera di benessere e compimento.
Ad esempio, uno sguardo morale si chiederebbe, ma allora è giusto conservarsi oppure è giusto trasformarsi.
Uno sguardo ulteriore ci suggerisce di superare il dualismo
C’è una domanda che può aiutarci a smascherare l’agguato: dove?
E ce n’è anche una seconda: quando?
Dove e quando dovremmo conservare ? Dove e quando sarebbe invece meglio cambiare?
Volendo usare una metafora calcistica, trascurare di rispondere a queste domande sarebbe come se ci chiedessimo, è giusto tirare in porta o è giusto tenere la palla?
È evidente che dipende dalla nostra disposizione nel campo di gioco e dal momento specifico determinato dalla posizione degli altri giocatori.
Il Kayros direbbero i greci, il momento opportuno.
Ne consegue pertanto che ogni istante è il momento opportuno per una determinata giusta azione.
Affermazione che potrebbe gettare nello sconforto se non siamo disposti ad accettare la libertà e la responsabilità che questo comporta.
Per quanto, infatti, tutti noi siamo pronti a rivendicare il nostro diritto alla libertà individuale e dichiararci pronti ad assumerci le nostre responsabilità in realtà siamo terrorizzati da entrambe.

Il Dramma del Controllo
Viviamo prigionieri delle nostre convinzioni, attaccati alle nostre credenze pronti a delegare la responsabilità della nostra condizione sugli altri.
Ne consegue una vita dominata dal dramma del controllo, guidata dal codice della paura, condotta distanti da sé stessi, dalla propria vera natura immolata al miglior offerente garanzie di sicurezza.
Il risultato è l’auto manipolazione secondo uno schema di questo tipo: la distanza da sé stessi genera ansia, l’ansia ha bisogno di un oggetto sul quale indirizzarsi, esempio il male, il peccato; per proteggerci dal male è necessaria una soluzione e deve essere semplice, rapida, sicura, una dottrina morale, religiosa o scientifica che sia. Credere in tale soluzione è vitale e la difenderemo a qualsiasi costo , contro chiunque. Chi la contrasta o mette in discussione è nemico e deve essere screditato, combattuto, reso innocuo. Il gioco è fatto. Quando ci attacchiamo a qualcosa in realtà non ci aggrappiamo tanto a quella cosa, a quell’idea ma alla garanzia che ci offre di placare la nostra ansia, derivante dalla mancanza di contatto con noi stessi.
Potremmo dire che l’apertura mentale, la disponibilità al distacco, alla non identificazione con le nostre credenze sia direttamente proporzionale al contatto con noi stessi, che genera qualità come fiducia, autostima, fluidità, naturalezza; mentre la distanza da noi stessi produce paura, sfiducia, bisogno di controllo e pertanto attaccamento.
Abbiamo appena descritto una possibile matrice psicodinamica che ci aiuti a comprendere le ragioni per le quali, pur essendo evidente che la vita sia fluidità e trasformazione incessante gli esseri umani continuino a ricercare certezze cui aggrapparsi.
Il fatto che la fiducia sia una delle qualità basilari per una vita serena resiste a qualsiasi verifica; eppure, gli esseri umani continuano ad agire secondo il codice della paura.
Bene, direte voi e quindi? Qual è la tua soluzione ?

La differenza
E perché mai qualcuno dovrebbe credere alla tua e non alle altre disponibili ? Dov’è la differenza?
Questa è una bella domanda e merita una risposta intelligente.
Abbiamo forse tutti in mente film come Matrix o Truman show, essi sono metafora di due livelli di realtà, il primo riguarda il rispetto di regole dettate da un copione, il secondo si riferisce all’accorgersi del copione e lasciare il teatro, uscire dal gioco per entrare nella vita reale. Non necessariamente le regole del copione non valgono anche fuori, e non necessariamente la vita reale non corrisponde ad un altro livello di finzione ma converrete che una volta che abbiamo smascherato il gioco siamo immensamente più liberi.
Mettiamo quindi due termini a confronto, morale e consapevolezza.
La morale serve a rispettare le regole del gioco, la consapevolezza ad accorgerci del gioco.
La morale non prevede la consapevolezza, ma la ragione in grado di distinguere il bene dal male, la consapevolezza trascende e include, morale, ragione, bene e male nella gusta azione.
La morale si basa sul principio peccato, colpa, punizione, la consapevolezza sulla fiducia nelle responsabilità individuale qui ed ora.
Non sto in questa fase perorando la causa della consapevolezza a scapito della morale, sto individuando due livelli di realtà, due sistemi di coscienza che altrove ho chiamato mondo della conoscenza e mondo della consapevolezza.
Escluderne una delle due sarebbe come voler costruire il secondo piano di una casa senza costruire il primo.
Se vorrò vedere il panorama salirò al secondo, se vorrò uscire in giardino, scenderò al primo.
Va detto che per salire al secondo piano dovrò impiegare più energia, così come per costruirlo dovrò lavorare di più e investire più denaro.
Continuando con la metafora potremmo dire se vogliamo costruire la casa per intero, dove la casa sta per una sana esperienza del mondo, dobbiamo passare dalla morale per trascenderla e includerla nella consapevolezza.
Tale operazione, olarchica – il più complesso trascende e include il meno complesso, il meno complesso contiene in sé in potenza il più complesso – in un’ottica di complementarità inclusiva, richiede di superare il dualismo lineare della ragione nello sguardo unitario, ulteriore della consapevolezza. Richiede il rispetto della legge della trasformazione, fare del due l’uno, introducendo le qualità descritte in precedenza e sintetizzabili in non attaccamento, fluidità, creatività, fiducia.

Passi Concreti
A questo punto è facile immaginare la reazione di molti: si va bene e allora? Concretamente?
La premessa è che, a mio avviso, la concretezza risiede prima di tutto nella visione; quindi, andrebbe trovata in quanto ho fin qui affermato.
Ma veniamo a quello che chiamerei il secondo livello di concretezza, quello più evidente, connesso alle cose da fare.
Potremmo affermare che l’offerta è diffusa e articolata, non rimane che l’imbarazzo della scelta: religioni, discipline orientali, cerimonie tradizionali, psicoterapie esperienziali, pratiche meditative, attività sportiva, contatto con la natura, digiuni, attività manuali consapevoli, e così via.
Voglio presentare in questa fase una proposta che si focalizza sull’attività quotidiana mettendo l’accento sul fatto che ogni evento della nostra vita è occasione di risveglio, un’occasione che molto spesso perdiamo, per quanto il nostro livello di coscienza sia evoluto .

Infiniti Risvegli
Possiamo definire il passaggio da mente razionale a consapevolezza, da dualismo a unità, da controllo a fiducia, da identificazione a disidentificazione con il termine risveglio. Tanto più una persona dimora nella consapevolezza, tanto più, potremmo dire che sia risvegliata.
A volte però un cammino di risveglio si focalizza sui massimi sistemi, sulle grandi questioni esistenziali, sulla realizzazione spirituale e trascura il fatto che la via d’uscita dalla caverna del nostro sonno ordinario giace davanti ai nostri occhi in ogni istante, la vita è l’occasione, proprio adesso, proprio qui.
Facciamo alcuni esempi tra i più comuni in questi tempi tecnologici e interconnessi.

Posta elettronica
Chi di noi non è alle prese con le e-mail da evadere e lo stress che ne deriva?
Chi di noi non si è mai trovato ad affrontare il problema di un messaggio al quale non si ha ricevuto risposta, oppure solo una risposta parziale, incompleta, fuori luogo? A quanti di noi non è magari capitato di essere dall’altra parte, a mettere in atto tali comportamenti? A chi non è mai capitato di valutare la priorità delle risposte in base criteri di interesse personale, dovuti ad esempio all’importanza della persona che ci ha scritto?
Risvegliarsi potrebbe voler dire accorgersi che dietro ad ogni messaggio c’è un essere umano che ha voluto trasmetterci qualcosa di Sé, e agire di conseguenza, offrendo a tutti lo stesso equanime rispetto. Oppure potremmo accorgerci che ogni parola sullo schermo, anche la più insignificante è una porta che schiude un mondo, il terminale di un viaggio iniziato nella mente e nel cuore di un altro essere umano che sta vivendo lo stesso nostro viaggio.

 

Pier Luigi Lattuada M.D., Psy.D., Ph. D

djirendra@gmail.com

www.integraltranspersonallife.com 

 

Foto di Toa Heftiba

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